Cass. civ. Sez. III, Sent., 05-04-2012, n. 5549 Fideiussione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Con sentenza in data 28 giugno – 19 luglio 2004 il Tribunale di Messina rigettò le opposizioni rispettivamente proposte da D. P. e D.G. e da B.L., C.N. N., M.C. e C.L.A. al decreto ingiuntivo per L. 570.624.000 intimato dalla Banca Nazionale del Lavoro in forza del contatto di fideiussione stipulato a garanzia di un finanziamento a favore della Legnoplastik S.r.l..

2 – Con sentenza in data 2-24 novembre 2009 la Corte d’Appello di Messina dichiarò inammissibile l’appello proposto da D. P., B.L., C.N.N. e M. C. e accolse l’appello incidentale della S.G.S. S.r.l. – Società Gestione Crediti, procuratrice speciale della B.N.L., liquidando in misura più elevata le spese di primo grado.

La Corte territoriale osservò per quanto interessa: l’eccezione di nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi era stata sollevata per la prima volta in appello; la giurisprudenza della Corte di Cassazione era nel senso di limitare la rilevabilità ex officio in appello della nullità di tale clausola alle sole ipotesi in cui vi fosse contestazione, ancorchè per ragioni diverse, sul titolo posto a fondamento della domanda di interessi anatocistici, rientrando nei compiti del giudice l’indagine in ordine alla sussistenza delle condizioni dell’azione; invece gli opponenti avevano dedotto la nullità del contratto di garanzia da essi stipulato con la banca, ma non avevano mai contestato l’entità del credito.

3- Avverso la suddetta sentenza il D., il B. e il M. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

La S.G.C. Sr.l. ha resistito con controricorso.

Gli altri intimati non hanno espletato attività difensiva.

Motivi della decisione

1.1 – Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c. nn. 3 e 5.

I ricorrenti assumono: a) i motivi di opposizione a decreto ingiuntivo non vanno interpretati in forma restrittiva: gli opponenti avevano eccepito la totale mancanza di prova del credito vantato da BNL, contestando an e quantum, con la conseguenza che i motivi di appello non avevano introdotto temi nuovi; b) non era stato considerato che gli appellanti erano soltanto fideiussori, e, quindi non avevano avuto rapporto diretto con la banca, e non avevano posseduto i documenti necessari; e) la Corte territoriale avrebbe dovuto rilevare d’ufficio la nullità ex art. 1421 c.c., del contratto posto a fondamento della pretesa, stante il potere del giudice di verificare la sussistenza delle condizioni dell’azione: la BNL aveva chiesto il pagamento di somme dovute in forza di una clausola vietata dalla legge.

2 – La sintesi sopra riportata delle argomentazioni poste a sostegno della censura dimostra l’assoluta genericità di gran parte delle medesime, che prescindono dalla ratio decidendi della sentenza impugnata. Come sopra riferito nella parte espositiva, questa ha rilevato che in primo grado la contestazione aveva riguardato esclusivamente il contratto di garanzia e non era stata estesa al quantum debeatur.

Occorre, peraltro rilevare che il ricorso non ottempera agli oneri processuali imposti dall’art. 366 c.p.c., n. 6. Infatti è orientamento costante (confronta, tra le altre, le recenti Cass. Sez. Un. n. 28547 del 2008; Cass. Sez. 3^, n. 22302 del 2008) che, in tema di ricorso per cassazione, a seguito della riforma ad opera del D.Lgs. n. 40 del 2006, il novellato art. 366 c.p.c., comma 6, oltre a richiedere la "specifica" indicazione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento, pur individuato in ricorso, risulti prodotto. Tale specifica indicazione, quando riguardi un documento prodotto in giudizio, postula che si individui dove sia stato prodotto nelle fasi di merito, e, in ragione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, anche che esso sia prodotto in sede di legittimità.

In altri termini, il ricorrente per cassazione, ove intenda dolersi dell’omessa o erronea, valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 – di produrlo agli atti e di indicarne il contenuto. Il primo onere va adempiuto indicando esattamente nel ricorso in guale fase processuale e in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione; il secondo deve essere adempiuto trascrivendo o riassumendo nel ricorso il contenuto del documento. La violazione anche di uno soltanto di tali oneri rende il ricorso inammissibile.

Tuttavia ragioni di completezza impongono di rilevare che la sentenza impugnata ha risolto la questione nodale in conformità della giurisprudenza della Corte di Cassazione ( art. 360-bis c.p.c., n. 1).

Non giova ai ricorrenti il riferimento alla sentenza 8 maggio 2008, n. 11466 di questa Corte, poichè essa ha regolato una fattispecie diversa nella quale, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, le contestazioni dei debitori ingiunti avevano riguardato proprio la legittimità del tasso di interesse addebitato e della capitalizzazione trimestrale degli interessi, tema che – come si è precisato non risulta trattato in primo grado dagli attuali ricorrenti; proprio su questa circostanza ha fatto correttamente leva la Corte territoriale, rilevando la novità della domanda prospettata per la prima volta in appello.

Anche recentemente questa Corte ha affermato (Cass. n. 23656 del 2011) che, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo relativo al pagamento degli interessi dovuti dal cliente sul saldo passivo del conto corrente, qualora l’opponente, nel contestarne la debenza, si limiti a dedurre la mera erroneità dei calcoli effettuati dalla banca, il giudice non può rilevare d’ufficio la nullità della clausola anatocistica, nè tale questione può essere introdotta dalla parte in sede di gravame.

2.1 – Il secondo motivo adduce violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c. nn. 3 e 5.

Si assume che la Corte territoriale non avrebbe dovuto accogliere l’avverso appello incidentale in ordine alle spese, posto che l’esiguità di quanto liquidato era sostanzialmente dovuta ad una parziale compensazione e che l’integrale liquidazione del primo grado contraddice con i motivi posti a giustificazione della compensazione operata in secondo grado.

2.2 – La censura è inammissibile per una pluralità di ragioni.

In primo luogo perchè espressa in termini assolutamente generici; in secondo luogo poichè non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, che ha fatto leva sulla violazione dei minimi tariffar;

infine perchè attacca un potere discrezionale del giudice di merito, il cui unico limite è il divieto di porre le spese a carico della parte totalmente vittoriosa, situazione certamente non ricorrente nella specie.

3. – Pertanto il ricorso è rigettato. Le spese del giudizio di cassazione seguono il criterio della soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento in solido delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 2.500,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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