Cass. civ. Sez. III, Sent., 05-04-2012, n. 5547

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

p. 1. D.L.G. ha proposto ricorso per cassazione contro P.G., C.F. e D.C.M. avverso la sentenza del 2 novembre 2009, con la quale la Corte d’Appello di Napoli ha rigettato sia l’appello principale da lui proposto, sia quello incidentale del C., confermando integralmente la sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Napoli in una controversia avente ad oggetto l’annullamento, su domanda del P., di alcune donazioni e gradatamente la loro revoca per ingratitudine. p. 2. Al ricorso, che prospetta quattro motivi, nessuno degli intimati ha resistito.

Motivi della decisione

p. 1. Il Collegio ritiene che non sia necessario riferire i quattro motivi sui quali il ricorso si fonda, perchè si configura una questione pregiudiziale di inammissibilità dello stesso, afferente all’inosservanza del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3, relativamente all’esposizione sommaria dei fatti della causa.

Queste le ragioni.

La struttura del ricorso si articola nel seguente modo:

a) dalla pagina 1 fino ad un terzo della pagina 4 si riportano testualmente le conclusioni della citazione introduttiva del giudizio di primo grado da parte del P., l’indicazione dei documenti da lui prodotti e, sempre testualmente, le conclusioni istruttorie, senza alcun riassunto delle ragioni delle do9mande emergenti dalle conclusioni;

b) successivamente e fino alla pagina 9 le argomentazioni della comparsa di costituzione del qui ricorrente, in parte testualmente:

la loro comprensione suppone la conoscenza dell’atto introduttivo del giudizio, del cui contenuto il lettore non è stato messo, come s’è detto, a conoscenza;

c) dalla pagina 10 fino alle prime cinque righe della pagina 42, si riproduce testualmente in carattere corsivo la motivazione della sentenza di primo grado, ivi compreso il

P.Q.M.

d) successivamente e fino a tre quarti della pagina 54 si riproduce il contenuto dell’atto di appello quanto ai motivi;

e) quindi, fino alle prime sei righe della pagina 69 si riporta il contenuto della sentenza d’appello impugnato;

f) successivamente, dopo avere enunciato un "tanto premesso", si passa all’esposizione dei motivi che si esaurisce alla pagina 74 e si svolge in modo tale che il lettore dovrebbe percepirne il significato avendo letto tutto ciò che è riportato in precedenza e, peraltro, con rinvii del tutto generici ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, a documenti ed atti processuali. p. 2. Ora, siffatta tecnica espositiva quanto a ciò di cui s’è riferito ai punti fino ad e) del precedente paragrafo, appare inidonea per evidente eccessività ad integrare il requisito dell’art. 366 c.p.c., n. 3, perchè si risolve nel costringere la Corte, per percepire il fatto sostanziale e lo svolgimento del fatto processuale alla lettura integrale di buona parte degli atti di causa. Va detto anzi che nella parte di cui al punto a) al contrario l’esposizione è del tutto carente di individuazione, pur sommaria del tenore delle domande che appaiono proposte dalle conclusioni riprodotte, cioè del pur sommario riassunto del fatto sostanziale posto a base di esse, sicchè esso resta totalmente oscuro al lettore già nella parte iniziale della struttura del ricorso.

Per il resto il ricorrente ha inteso assolvere al requisito di cui al n. 3 con la riproduzione del tenore di una serie di atti dello svolgimento processuale successivo, così onerando la Corte di leggere tali atti non diversamente da quanto avrebbe dovuto fare se vi fosse stato un rinvio generico alla loro lettura. Infatti, riprodurre detti atti implica che la Corte debba procedere alla loro lettura in non diversa guisa di quanto sarebbe stata sollecitata a fare con un mero rinvio ad essi. In pratica si è acceduto al rimedio di legittimità considerando questa Corte un giudice che è sufficiente investire del ricorso sollecitandola alla lettura degli atti del precedente svolgimento processuale al fine di comprendere il rilievo e la pertinenza dei motivi proposti.

Ora le Sezioni Unite della Corte hanno evidenziato che una simile tecnica espositiva non assolve al detto requisito: si veda, per un caso di ricorso assemblato, ma ispiratrice di un principio che è idoneo ad essere applicato ad esposizioni del fatto come quella di cui al ricorso (nel quale l’assemblaggio risulta realizzato attraverso combinazione di utilizzo della forma di riproduzione indiretta e di quella diretta), Cass. sez. un. n. 16628 del 2009. In senso conforme: Cass. sez. un. n. 15180 del 2010. Nonchè, ispirate alla stessa ormai consolidata logica; Cass. sez. un. (ord.) n. 19255 del 2010, in tema di regolamento preventivo e per il caso di integrale trascrizione di atti; Cass. (ord.) n. 20393 del 2009, a proposito di assemblaggio di atti in sequenza cronologica ed in copia fotostatica; Cass. (ord.) n. 20395 per lo stesso caso in ipotesi di regolamento di competenza; Cass. (ord.) n. 15631 del 2010; Cass. (ord.) n. 13935 del 2010 per casi sostanzialmente omologhi di quello di cui è ricorso, in cui la riproduzione era avvenuta in via informatica; Cass. n. 13934 del 2010. Adde ancora: Cass. (ord.) n. 1547 del 2011; (ord.) n. 2281 del 2010; Cass. n. 23383 del 2010;

(ord.) n. 12806 del 2010; (ord.) n. 13932 del 2010; n. 6279 del 2011.

Il principio è stato applicato, con riferimento a singole fattispecie anche dalle seguenti decisioni, che si individuano – senza pretesa di completezza – nel sistema Italgiureweb (sistema di riproduzione per esteso delle decisioni): Cass. n. 1547 del 2011; n. 13617 del 2011; n. 12713 del 2011; n. 11020 del 2011; n. 10127 del 2011; n. 6220 del 2011; n. 13203 del 2011; n. 12015 del 2011; n. 10310 del 2011; n. 10311 10373 del 2011; n. 21564 del 2011; n. 2281 del 2010; n. 12806 del 2010 13934; n. 13935 del 2010; n. 8939 del 2010.

Tecniche come quelle del ricorso in esame – ripetendo osservazioni svolte da Cass. (ord.) n. 20393 del 2009, già citata – sono assolutamente inidonee ad assolvere al requisito dell’esposizione sommaria del fatto, perchè pretendono di assolvervi costringendo la Corte alla lettura integrale degli atti, di modo che equivalgono ad un mero rinvio alla lettura di essi. Esse sono assolutamente equivalenti a quella che potrebbe avere un ricorso che si limitasse ad elencare quegli atti ed espressamente rinviasse alla loro lettura, o nel fascicolo di parte (in cui detti atti siano presenti in originale, se si tratti di atti di parte, o in copia se si tratti di atti di altra parte o di atti del processo come tale, come ad esempio processi verbali o provvedimenti), o nel fascicolo d’ufficio delle fasi di merito.

Si tratta di forme assolutamente inidonee al raggiungimento dello scopo della previsione dell’art. 366 c.p.c., n. 3, perchè rimandano, per l’individuazione del requisito da esso previsto, agli atti del giudizio di merito (ivi compresa la sentenza impugnata in cassazione) e, dunque, a qualcosa di esterno al ricorso. La riproduzione di detti atti non toglie che si è in presenza di una situazione identica a quella che vi sarebbe stata se il ricorso avesse rimandato alla lettura degli atti e dei documenti nel fascicolo della ricorrente (ove colà prodotti) o in quello d’ufficio. Nell’uno come nell’altro caso il requisito di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3 è assolutamente mancante, perchè dovrebbe essere assolto da atti estranei al ricorso e, quindi, non si connoterebbe come requisito di contenuto-forma del ricorso, qual è secondo il paradigma normativo dell’art. 366 c.p.c., n. 3. Non solo: del tutto carente sarebbe la funzione riassuntiva sottesa alla previsione della sommarietà dell’esposizione, la quale, del resto, implica che, se del caso, nell’illustrazione dei motivi si debba procedere all’indicazione ed alla riproduzione, diretta od indiretta, di contenuti degli atti del giudizio di merito, in funzione dello scrutinio dei motivi stessi.

In simili situazioni non può, del resto, essere invocato, per ritenere comunque raggiunto lo scopo della previsione normativa formale dell’art. 366 c.p.c., n. 3, il principio generale di validità degli atti giuridici, secondo cui quod abundat non vitiat:

invero, l’invocabilità di tale principio suppone sempre che l’atto di cui si tratti presenti il contenuto richiesto o quello idoneo all’assolvimento delle sua funzione e che ad esso si accompagni un dippiù. In un caso come quello all’esame, viceversa, l’assemblaggio degli atti del processo di merito non è un dippiù ma un qualcosa d’altro rispetto all’esposizione sommaria del fatto, per come sopra delineata nei suoi profili di contenuto-forma. Non solo: se si ammettesse che la Corte proceda alla lettura integrale degli atti assemblati per estrapolare la conoscenza del fatto sostanziale e processuale si delegherebbe alla Corte un’attività che, inerendo al contenuto del ricorso quale atto di parte, è di competenza di quest’ultima. Inoltre, si costringerebbe la Corte ad un’attività che – richiedendo tempo – sarebbe del tutto esiziale a petto del principio della ragionevole durata del processo, sia se apprezzato a tutela del jus costitutionis (cui assolve tipicamente il ricorso per Cassazione), sia se apprezzato a tutela dello stesso jus litigatoris (cui pure assolve il detto ricorso). p. 3. Il ricorso è, pertanto, dichiarato inammissibile.

Va anche avvertito (ancorchè superfluamente) che il ricorso, nella struttura dei quattro motivi, impinge anche in palese violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6 (norma che costituisce il precipitato normativo del c.d. principio di autosufficienza), perchè non fornisce l’indicazione specifica dei documenti e degli atti processuali sui quali essi si fondano nei termini di cui a consolidata giurisprudenza di questa Corte (ex multis, Cass. (ord.) n. 22303 del 2008; Cass. sez. un. nn. 28547 del 2008; Cass. sez. un. n. 7161 del 2010). p. 4. Non è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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