Cass. civ. Sez. III, Sent., 05-04-2012, n. 5544 Domande

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con citazione notificata in data 12.09.1991 F.M. conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Padova la Banca Antoniana Popolare di Padova e di Trieste s.c.a.r.l. (ora Banca Antonveneta s.p.a., di seguito brevemente anche "la Banca"), esponendo che, in qualità di erede universale di B.I. (o B.) o, comunque, quale beneficiaria di specifica disposizione relativa a titoli azionari e obbligazionari, aveva inutilmente richiesto alla convenuta di metterle a disposizione i titoli e i valori elencati nella comunicazione inviata alla de cuius dalla Banca, perchè questa, dapprima evasiva, aveva negato l’esistenza dei titoli. Pertanto chiedeva di condannare la convenuta alla consegna dei titoli, con interessi e/o dividendi eventualmente maturati o maturandi in corso di causa ovvero eventuali rimborsi di capitale, premi e ogni altro accessorio, il tutto oltre agli interessi e alla maggior somma per svalutazione monetaria; in subordine chiedeva di condannare la medesima convenuta a corrisponderle una somma pari al valore dei titoli stessi alla data del decesso della de cuius, con gli interessi e/o i dividendi, eventuali premi e o accessori, il tutto oltre agli interessi e alla maggior somma per svalutazione monetaria e a rendere il conto del suo operato.

Costituitasi in giudizio, la convenuta deduceva che il documento posto a fondamento della domanda era contraffatto; inoltre chiedeva ed otteneva di chiamare in garanzia la s.p.a. Assicurazioni Generali per essere manlevata. Quest’ultima, costituendosi in giudizio, resisteva alla domanda.

Esaurita l’istruttoria, con sentenza in data 12.08.2003, l’adito Tribunale così provvedeva: condannava la Banca Antonveneta s.p.a. a risarcire all’attrice i danni subiti, a titolo di responsabilità ex art. 2049 cod. civ. per il fatto del dipendente infedele Dr. Br. in rapporto di occasionante necessaria con il ruolo affidatogli dalla Banca; liquidava detti danni in Euro 300.000,00 oltre interessi legali dalla domanda; condannava altresì la convenuta al pagamento delle spese del giudizio; dichiarava, inoltre, la s.p.a. Assicurazioni Generali tenuta a indennizzare la Banca Antonveneta con la somma di Euro 115.067,64 oltre interessi legali dalla domanda e a rifondere alla stessa la metà delle spese del giudizio, compensando la residua frazione.

La decisione, gravata da impugnazione, in via principale, dalla s.p.a. Assicurazioni Generali e, in via incidentale, dalla Banca Antonveneta e dalla F., era riformata dalla Corte di appello di Venezia, la quale con sentenza in data 26.10.2010 così provvedeva: dichiarava inammissibile la domanda dell’attrice e quella di manleva proposta dalla Banca Antonveneta nei confronti della s.p.a. Assicurazioni Generali e condannava la predetta Banca a restituire alla s.p.a. Assicurazioni Generali la somma di Euro 216.450,00 oltre interessi dal 9.12.2003 al saldo; condannava la F. a rifondere alla Banca le spese di entrambi i gradi del giudizio; spese compensate tra le altre parti.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione F. M., svolgendo due motivi.

Hanno resistito la s.p.a. Banca Antonveneta e la s.p.a. Assicurazioni Generali depositando distinti controricorsi e svolgendo, a loro volta, ricorso incidentale condizionato.

La Banca Antonveneta ha depositato anche controricorso avverso il ricorso incidentale interposto dalla s.p.a. Assicurazioni Generali e memoria.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione dell’art. 1362 c.c., commi 1 e 2, artt. 1363 e 1367 cod. civ., con falsa qualificazione giudiziale e conseguente violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., il tutto in riferimento all’art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 4.

La ricorrente si duole che i giudici di appello abbiano considerato "nuova" e, in difetto di accettazione del contraddittorio della controparte, inammissibile la domanda di accertamento della responsabilità extracontrattuale della Banca per comportamento del dipendente infedele Dr. Br., con conseguente condanna della stessa Banca al risarcimento del danno in suo favore nella misura pari "al valore del capitale e delle cedole da rimborsare alla loro naturale scadenza", formulata in sede di precisazione delle conclusioni nel primo grado del giudizio; deduce che la domanda fondata su titolo extracontrattuale era non solo e non tanto meramente "preannunciata" nell’atto introduttivo del giudizio – così come aveva ritenuto dal Tribunale, allorchè aveva accolto la domanda in questione – ma, anzi, già enunciata in detto atto, in tal senso dovendo interpretarsi la domanda subordinata di rimborso formulata in citazione, erroneamente assimilata dalla Corte di appello in un’unica matrice contrattuale alla domanda principale di consegna. A parere del ricorrente la Corte territoriale, violando il principio di conservazione e gli ulteriori canoni interpretativi indicati in rubrica, avrebbe mancato di porre a raffronto le due domande formulate in citazione – quella principale di consegna e quella subordinata di rimborso – perchè, una volta che fosse stato individuato il contenuto risarcitorio della domanda di rimborso, il titolo della domanda subordinata doveva necessariamente essere extracontrattuale, vuoi per il mancato riferimento nell’atto introduttivo ad una fattispecie di inadempimento contrattuale, vuoi, anche, per l’inconciliabilità logica tra la domanda di adempimento contrattuale e quella di inadempimento contrattuale, nel senso che l’una escluderebbe l’altra. La natura risarcitoria della domanda subordinata di rimborso, peraltro, troverebbe conferma in una serie di argomenti che non sarebbero stati valutati dalla Corte di appello e segnatamente: perchè non tutti i titoli erano "rimborsabili" ex contractu alla scadenza, dato che il dossier riferibile alla B. comprendeva anche partecipazioni azionarie; perchè, se si fosse voluto richiedere il pagamento delle somme rimborsate, la decorrenza degli accessori sarebbe stata individuata nella scadenza e non in quella della morte della de cuius; perchè, in ogni caso, già nell’atto introduttivo si era dato conto della posizione assunta, da ultimo, dalla Banca con il diniego dell’esistenza del rapporto.

2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia insufficiente e, comunque, contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, con conseguente violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., il tutto in riferimento all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, nn. 4 e 5. In particolare – a parere della ricorrente – la motivazione della decisione impugnata risulterebbe censurabile anche sotto il profilo logico e per insufficienza argomentativa, laddove attribuisce rilievo alla mancanza di accenni nell’atto introduttivo del giudizio al comportamento infedele del dipendente, senza valorizzare in alcun modo, per contro, le ripetute risposte negative della Banca, cui si faceva riferimento nella stessa citazione. Valutata in questa luce, la domanda subordinata di rimborso non avrebbe potuto essere altrimenti intesa se non come diretta a far valere una responsabilità della Banca per l’eventualità che in sede istruttoria fosse emersa l’assenza di un qualunque rapporto contrattuale avente ad oggetto i titoli in parola;

di modo che la domanda formulata in sede di precisazione delle conclusioni dovrebbe intendersi come mera precisazione di quella subordinata originaria.

2.1. I due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente giacchè esprimono, nella sostanza, un’unica censura, risultano al limite dell’inammissibilità e, comunque, infondati.

Innanzitutto va ribadito che, secondo un principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, in sede di legittimità occorre tenere distinta l’ipotesi in cui si lamenti l’omesso esame di una domanda, o la pronuncia su una domanda non proposta, dal caso in cui si censuri l’interpretazione data dal giudice di merito alla domanda stessa: solo nel primo caso si verte propriamente in tema di violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per mancanza della necessaria corrispondenza tra chiesto e pronunciato, prospettandosi che il giudice di merito sia incorso in un error in procedendo, in relazione al quale la Corte di Cassazione ha il potere-dovere di procedere all’esame diretto degli atti giudiziari, onde acquisire gli elementi di giudizio necessari ai fini delle pronuncia richiestale;

nel caso in cui venga, invece, in considerazione l’interpretazione del contenuto o dell’ampiezza della domanda, tali attività integrano un accertamento in fatto, tipicamente rimesso al giudice di merito, insindacabile in Cassazione, salvo che sotto il profilo della correttezza della motivazione della decisione impugnata sul punto (ex plurimis, Cass. 24 luglio 2008, n. 20373; Cass. 20 agosto 2002, n. 12259; Cass. 26 aprile 2001, n. 6066; Cass. 2 marzo 2001, n. 3016).

Orbene, nel caso all’esame, la Corte di appello ha ritenuto che le domande – principale e subordinata formulate nell’atto introduttivo del giudizio avessero entrambe una chiara matrice contrattuale e, quindi, un contenuto diverso da quello della domanda di accertamento e condanna a titolo di responsabilità extra-contrattuale formulata dall’attrice in sede di precisazione delle conclusioni, su cui non vi era stata accettazione del contraddittorio. Ne consegue che la questione va riguardata sotto il profilo dell’interpretazione svolta nella sentenza impugnata in ordine alle circostanze fattuali poste dall’odierna ricorrente a fondamento dell’atto introduttivo del giudizio e ai contenuti della richieste ivi formulate, con specifico riferimento alla domanda di "rimborso" del controvalore dei titoli e relativi accessori proposta in via subordinata. Invero la Corte territoriale ha ritenuto che la citazione "dal tenore letterale e dal concreto contenuto" non lasciasse in alcun modo trasparire "l’intenzione di invocare a sostegno delle proprie ragioni, anche solo in via subordinata, un fondamento extracontrattuale" (id est non vi era stata una rituale formulazione in fatto della causa petendi in questione) per una serie di considerazioni puntualmente individuate nella sentenza impugnata e, in specie: a) perchè nella citazione introduttiva, l’attrice, valorizzando il contenuto della comunicazione relativa al deposito titoli al 31.12.1989, attribuita alla convenuta, aveva chiesto, rispettivamente, la consegna "o in difetto il controvalore e comunque il rendiconto" b) perchè mancava, nello stesso atto, qualsiasi accenno ad una responsabilità della stessa convenuta per comportamento infedele del dipendente, emerso solo dopo la perizia grafologica che attribuiva al Br. i documenti falsi apparentemente riferibili alla Banca; c) perchè le enunciazioni letterali, non solo delle domande pacificamente abbandonate "di consegna titoli e di rendiconto", ma anche di quella subordinata di pagamento di una "somma pari al valore dei titoli stessi alla data del decesso" contenevano un inequivoco riferimento al rapporto contrattuale, in considerazione della richiesta di somma equivalente ai titoli e agli accessori sugli stessi maturati (interessi e/o dividendi, eventuali premi e ogni altro accessorio) e tenuto conto, altresì, della pretesa della "maggior somma" da svalutazione monetaria rispetto agli interessi, incompatibile con obbligazioni extra-contrattuali.

2.2. Queste le linee argomentative dell’impugnata sentenza, risulta chiaro che la Corte territoriale ha proceduto all’interpretazione delle domande in citazione, correlativamente individuando le ragioni di novità di quella formulata in sede di conclusioni definitive, con motivazione che è sicuramente adeguata, dal momento che lascia chiaramente intendere le ragioni dell’interpretazione fornita, non presentando affatto l’insufficienza e, tantomeno, la contraddittorietà lamentata; per converso le censure di parte ricorrente – prima ancora che risultare basate su una diversa valutazione dei contenuti della citazione – si rivelano prive di serio fondamento.

In particolare la circostanza che non tutti i titoli fossero rimborsabili è in sè inconferente; invero l’allegazione difensiva (corrisponda o meno al vero, qui non rileva) presuppone un passaggio logico che è estraneo della decisione impugnata, la quale non ha affatto individuato il contenuto della originaria domanda (subordinata) come diretta al rimborso dei titoli alla scadenza, ma ha inteso, piuttosto, evidenziare che – nel contesto del complessivo tenore dell’atto introduttivo e in considerazione vuoi della precisa richiesta di rendiconto (preteso, "comunque" anche per il caso di accoglimento della domanda subordinata di "rimborso"), vuoi della natura degli accessori reclamati (dividendi, premi ecc.) inconciliabili con la pretesa di risarcimento danni extracontrattuale – la domanda di pagamento dell’equivalente monetario dei titoli (e, non già della somma versata dalla de cuius, come avrebbe dovuto essere se si fosse trattato di domanda di risarcimento danni extra- contrattuale) risultava, al pari della domanda di consegna avanzata in via principale, fondata sull'(asserito) rapporto contrattuale di custodia dei titoli. Per altro verso non è ravvisabile alcun contrasto logico e giuridico tra la domanda di adempimento in forma specifica e quella di pagamento per equivalente, risultando, anzi, la tesi su cui si incentra il ricorso – e cioè che una volta qualificata la domanda subordinata come domanda risarcitoria, questa non potesse che intendersi come extracontrattuale – prima ancora che semplicistica, erronea alla luce del rilievo contenuto nella sentenza impugnata, secondo cui anche la domanda subordinata si fondava sulla comunicazione della banca.

Non appare superfluo aggiungere che l’argomento svolto in ricorso, secondo cui l’individuazione della data della morte del de cuius ai fini della decorrenza degli accessori non sarebbe stata compatibile con una domanda di rimborso dei titoli alla scadenza, si rivela non solo privo di fondamento per le considerazioni appena svolte, ma anche incongruente rispetto alla tesi difensiva della ricorrente, posto che è la stessa parte ad ammettere che, nella prospettiva di un risarcimento danni a titolo extracontrattuale, "si sarebbe anche potuto chiedere – forse più opportunamente – che il controvalore dei titoli venisse calcolato con riguardo al momento della sentenza conclusiva del giudizio".

Va poi ribadito che la pretesa qualificazione di "valore" del credito reclamato nell’atto introduttivo del giudizio risulta smentita – come evidenziato nella sentenza impugnata -dalla natura degli accessori reclamati, ivi inclusa la richiesta di svalutazione monetaria, siccome chiaramente circoscritta nei limiti del ""maggior danno" ex art. 1224 cod. civ..

2.3. E’ ben vero che il giudice di merito, nell’indagine diretta all’individuazione del contenuto e della portata delle domande sottoposte alla sua cognizione, non è tenuto ad uniformarsi al tenore meramente letterale degli atti nei quali le domande medesime risultino contenute, dovendo, per converso, aver riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, si come desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dalla parte istante (Cass. 10 febbraio 2010, n. 3012), posto che anche un’istanza non espressa può ritenersi implicitamente formulata se in rapporto di connessione con il petitum e la causa petendi (Cass. 2 dicembre 2004, n. 22665). Resta, in ogni caso, fermo che, ai fini dell’interpretazione della domanda giudiziale – che comunque costituisce un apprezzamento di fatto, come tale riservato al giudice del merito – non sono applicabili i criteri ermeneutici dettati in campo contrattuale dall’art. 1362 c.c. poichè non esiste una comune intenzione delle parti da individuare, ma soprattutto perchè, quale che sia la soggettiva intenzione della parte, uno dei fondamenti della regola di corrispondenza tra chiesto e pronunciato posta dall’art. 112 cod. proc. civ., deve essere individuato nel rispetto del principio del contraddittorio, garantito solo dalla possibilità per il convenuto di cogliere l’effettivo contenuto della domanda formulata nei suoi confronti e di svolgere dunque una effettiva difesa (Cass. 6 luglio 2001, n. 9208).

Orbene nel caso di specie la Corte di appello non si è arrestata al tenore meramente letterale della conclusioni rassegnate in citazione, ma si è fatta carico di esaminare il contenuto delle domande ivi formulate alla luce delle premesse fattuali su cui erano prospettate, segnatamente evidenziando -come emerge dalla sintesi che precede – non solo la precisa individuazione della causa petendi nella comunicazione relativa al deposito titoli al 31.12.1989 attribuita alla convenuta, ma anche la chiara collocazione di tutte le richieste, vuoi di consegna titoli, vuoi, in subordine, di pagamento dell’equivalente monetario, vuoi, anche e "comunque", di rendiconto nell’alveo delle domande contrattuali; di modo che – mentre risulta inconferente il richiamo di parte ricorrente al canone sussidiario della conservazione e, in genere, ai principi che presiedono l’ermeneusi contrattuale – deve escludersi che il mero riferimento, nell’atto introduttivo del giudizio, all’atteggiamento, prima evasivo e, poi, di netto diniego, tenuto dalla Banca fosse idoneo a far trasparire (tantomeno ad enunciare) l’intenzione di agire, in subordine, a titolo di responsabilità extracontrattuale, in modo da consentire il regolare contraddittorio sul punto e da garantire alla controparte la dovuta difesa. Valga considerare che la domanda di accertamento e condanna a titolo di responsabilità extracontrattuale, enunciata in sede di precisazione delle conclusioni, non è intercambiabile con quelle originarie e non costituisce articolazione di una medesima matrice, riguardando diritti cosiddetti "eterodeterminati" (per la individuazione dei quali è indispensabile il riferimento ai relativi fatti costitutivi, che divergono sensibilmente tra loro e identificano due distinte entità). In sostanza l’attrice, sostituendo, in sede di precisazione delle conclusioni, la domanda di risarcimento ex art. 2049 cod. civ. alle domande di consegna o di rimborso, non solo ha chiesto un bene giuridico diverso (risarcimento dei danni da fatto illecito, anzichè adempimento in forma specifica o per equivalente), così mutando l’originario petitum, ma, soprattutto, ha introdotto nel processo gli elementi costitutivi della nuova situazione giuridica (e, in specie, l’esistenza di un rapporto di occasionalità necessaria tra il fatto dannoso e le mansioni affidate al dipendente), che erano privi di rilievo, invece, ai fini della pretesa contrattuale e che non erano neppure implicitamente desumibili dalla mera allegazione, nell’atto introduttivo del giudizio, dell’avvenuta contestazione da parte della banca dell’esistenza del deposito titoli.

In definitiva nessuna delle censure di parte ricorrente coglie nel segno, rivelandosi la motivazione della sentenza impugnata basata su una completa e attenta lettura dell’originaria citazione e l’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza delle domande ivi svolte immune dai vizi dedotti; derivandone di conseguenza l’inammissibilità della domanda diversa e cioè nuova, formulata in sede di precisazione delle conclusioni.

Il ricorso principale va, dunque, rigettato.

Resta ovviamente assorbito il ricorso incidentale condizionato della Banca, tale non potendo definirsi quello formulato dalla s.p.a.

Assicurazioni generali, la quale -vittoriosa in appello – si è limitata in sostanza a ribadire gli argomenti svolti avverso la sentenza di primo grado.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte, decidendo sui ricorsi riuniti, rigetta il ricorso principale, assorbito quello incidentale condizionato, e condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 10.200,00 (di cui Euro 200,00 per spese) in favore della Banca Antonveneta s.p.a. e in Euro 7.500,00 (di cui Euro 200,00 per spese) in favore delle Assicurazioni Generali s.p.a. oltre, per entrambe, rimborso spese generali e accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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