Cass. civ. Sez. III, Sent., 05-04-2012, n. 5543 Risoluzione del contratto per inadempimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La O.P.E. s.p.a. propose opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Bergamo il 1 ottobre 1992 su istanza della s.r.l. Carminati per il parziale pagamento di canoni di locazione relativi a spazi pubblicitari, descritti nelle relative fatture.

L’opponente rilevava la mancanza di una prova scritta a conforto del ricorso monitorio e contestava la regolarità del contratto fra le parti, di cui chiedeva la declaratoria di nullità o l’annullamento per vizio del consenso, oppure la risoluzione. Reclamava altresì la restituzione delle somme già corrisposte e il risarcimento dei danni.

Il Tribunale respingeva l’opposizione e la domanda riconvenzionale dell’opponente.

La O.P.E. impugnava la predetta sentenza proponendo due distinti motivi di gravame; domandava l’accoglimento dell’opposizione e, previa declaratoria di nullità o di annullamento o di risoluzione del contratto, la restituzione dell’importo di Euro 23.873,04.

La Corte d’Appello dichiarava la risoluzione del contratto per inadempimento della Carminati e revocava il decreto ingiuntivo respingendo le domande proposte contro la O.P.E. con la seguente motivazione: 1) a fronte del pagamento dei canoni e delle imposte di pubblicità per un anno i manifesti erano stati in parte coperti; 2) la loro copertura indicava un inadempimento della locataria al suo obbligo di porre a disposizione tutti gli spazi una volta che si era versato il canone e la somma relativa dell’imposta stessa; 3) considerato lo scopo del contratto e gli interessi delle parti si doveva concludere che il suddetto inadempimento non poteva essere considerato di scarsa rilevanza ex art. 1455 c.c.; 4) il risarcimento dei danni non poteva essere accolto non avendo l’appellante offerto alcuna prova concreta ed effettiva dei pregiudizi asseritamente sofferti.

Propone ricorso per cassazione la Carminati s.r.l. con cinque motivi.

Resiste con controricorso e propone ricorso incidentale O.P.E. s.r.l. che presenta memoria.

Resiste con controricorso al ricorso incidentale la Carminati s.r.l..

Motivi della decisione

Con il primo motivo parte ricorrente denuncia "Nullità del procedimento per avere la Corte d’Appello dichiarato la risoluzione del contratto per causa petendi diversa da quella proposta dalla O.P.E., in violazione dell’art. 112 c.p.c., ovvero dell’art. 345 c.p.c., comma 1 ( art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4)".

Parte ricorrente sostiene che la Corte sì è pronunciata oltre i limiti della domanda riconvenzionale dell’O.P.E., dichiarando la risoluzione del contratto per una causa pretendi del tutto nuova rispetto alla domanda formulata dalla stessa O.P.E..

Nell’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo la domanda di risoluzione del contratto, proposta dalla O.P.E., si fondava su ragioni del tutto diverse: l’inadempimento prospettato non faceva alcun riferimento al mancato versamento delle imposte per la pubblicità bensì solo all’assenza delle autorizzazioni amministrative.

Il motivo è infondato.

Il giudice di merito ha il potere-dovere di inquadrare nella esatta disciplina giuridica i fatti e gli atti che formano oggetto della contestazione; tale potere incontra peraltro il limite del rispetto dell’ambito delle questioni proposte in modo che siano lasciati immutati il "petitum" e la "causa petendi", senza l’introduzione nel tema controverso di nuovi elementi di fatto. Pertanto, il vizio di ultrapetizione o extrapetizione ricorre quando il giudice del merito, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri gli elementi obiettivi dell’azione ("petitum" e "causa petendi") e, sostituendo i fatti costitutivi della pretesa, emetta un provvedimento diverso da quello richiesto ("petitum" immediato), ovvero attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso ("petitum" mediato). Ne consegue che il vizio in questione si verifica quando il giudice pronuncia oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dai contraddittori, attribuendo alla parte un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato (Cass., 11 gennaio 2011, n. 455).

Il ragionamento logico giuridico seguito dalla Corte d’Appello non comporta un vizio di extrapetizione, nè la mancata corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., essendo basato sull’analisi sistematica e complessiva di tutti gli elementi di fatto e di diritto emersi nel corso del giudizio, senza che siano stati introdotti nuovi elementi di fatto o che il giudice abbia pronunciato oltre i limiti delle pretese ed eccezioni fatti valere dalle parti.

La mancata messa a disposizione, totale o parziale, degli spazi pubblicitari è la causa petendi della domanda risolutoria, mentre le specifiche materiali causali (il difetto di autorizzazione, la corresponsione integrale o parziale dell’importo dovuto a titolo d’imposta da O.P.E. a Carminati e da questa alla concessionaria) sono elementi probatorie acquisiti e dibattuti in causa.

Nel caso in esame l’oggetto del contratto era la messa a disposizione degli spazi pubblicitari. La relativa mancanza ha comportato l’inadempimento della Carminati.

Inoltre il giudice non viola il principio della corrispondenza tra il chiesto ed pronunciato nè il divieto di sostituire l’azione proposta con altra diversa, quando renda la propria pronuncia in base ad una ricostruzione dei fatti autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti o in base a norme giuridiche diverse da quelle invocate dalle medesime (Cass., 30 agosto 1997, n. 8258).

Con il secondo motivo si denuncia "Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa l’attribuzione della pretesa risoluzione del contratto all’inadempimento della Carminati ( art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)".

Secondo parte ricorrente, con una insufficiente motivazione la Corte d’Appello ha accolto la domanda di risoluzione, proposta dalla O.P.E., per il mancato pagamento alla società Agiap, da parte della locatrice Carminati. Non ha invece considerato che l’Agiap non accettava dette somme ritenendo a vario titolo che dovessero essere applicate sanzioni o una tariffa superiore.

Sempre secondo parte ricorrente inoltre la Corte di merito non avrebbe considerato che, in virtù dell’art. 5 del contratto la indisponibilità di uno o più spazi pubblicitari per fatto della P.A. non poteva essere addotta quale causa di risoluzione.

Il motivo anzitutto non è autosufficiente in quanto non è stato riportato il testo del contratto, nè indica in quale atto del precedente giudizio era stata svolta la suddetta difesa; inoltre è anche infondato.

L’impugnata sentenza, muovendo dall’intervenuta copertura dei manifesti pubblicitari da parte di Agiap, a seguito del mancato pagamento delle imposte di pubblicità e dall’intervenuto pagamento di tali imposte da parte di O.P.E. a favore di Carminati, con un corretto ragionamento logico giuridico, ha concluso che i manifesti erano stati coperti perchè la locatrice non aveva corrisposto alla società concessionaria Agiap le imposte di pubblicità versate dalla O.P.E..

Il richiamo all’art. 5 del contratto di locazione inter partes, relativo alla sopravvenuta indisponibilità degli spazi pubblicitari per fatto della P.A. risulta infondato perchè nel caso di specie l’indisponibilità dei manufatti non è dipesa dalla stessa P.A. ma dall’inadempimento contrattuale posto in essere dalla locatrice ed accertato dal giudice d’appello.

Con il terzo motivo si denuncia "Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione per avere la Corte d’appello ritenuto il preteso inadempimento di non scarsa importanza, ex art. 1455 c.c. ( art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)".

Secondo parte ricorrente la Corte d’appello ha ritenuto di non scarsa importanza l’inadempimento, giacchè le parti avevano espressamente escluso che la mancanza temporanea o definitiva soltanto di taluni spazi pubblicitari potesse pregiudicare l’intero rapporto, che sarebbe proseguito sino alla naturale scadenza relativamente a tutti gli altri spazi disponibili.

Il motivo deve essere rigettato. La Corte ha infatti motivato la decisione sull’inadempimento analizzando le prestazioni contrattualmente poste a carico delle parti contraenti: a) la società O.P.E. s.p.a. cui la società Carminati s.r.l. aveva concesso in godimento dietro corrispettivo spazi pubblicitari, aveva versato alla società concedente sia i canoni pattuiti che l’imposta dovuta per la utilizzazione degli spazi stessi, il tutto secondo l’espressa clausola n. 4 del contratto; b) la società Carminati, pur in possesso delle autorizzazioni amministrative a usare gli spazi concessi, non aveva tuttavia pagato all’A.G.I.A.P. la dovuta imposta, sicchè detta società concessionaria del servizio (ricoprendo alcuni dei suddetti spazi) ne aveva impedito la possibilità di utilizzazione; c) il mancato pagamento dell’imposta era da valutare quale inadempimento grave della Carminati onde, risolto il contratto, andava revocato il decreto ingiuntivo.

Con il quarto motivo si denuncia "Violazione e falsa applicazione dell’art. 1458 c.c., in relazione alla decorrenza, l’oggetto e gli effetti della risoluzione del contratto di locazione ( art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)".

Il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione delle disposizioni di cui all’art. 1458 c.c., non avendo la Corte d’Appello considerato che, in tema di contratti ad esecuzione continuata, la risoluzione del rapporto non si estende alle prestazioni già eseguite, sicchè il decreto ingiuntivo non poteva essere revocato nella sua interezza.

Il motivo è inammissibile perchè generico.

Inoltre è anche infondato nel merito.

L’impugnata sentenza ha correttamente revocato il decreto ingiuntivo perchè la conduttrice ha corrisposto somme non dovute per prestazioni mai rese dalla locatrice, essendo stato dimostrato che i cartelloni locati venivano sistematicamente oscurati e non erano dunque utilizzabili dal conduttore per lo scopo espressamente pattuito.

Nei contratti ad esecuzione continuata non possono operare ex tane gli effetti restitutori di cui all’art. 1458 c.c., mentre l’unico effetto che può conseguire alla risoluzione del contratto è la revoca del decreto ingiuntivo.

Con il quinto motivo si denuncia "Falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. ( art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)".

Sostiene parte ricorrente che la denunciata sentenza non ha applicato l’art. 2697 c.c. e che l’O.P.E. non avrebbe dato prova che nel periodo di riferimento fossero stati coperti più di dodici dei venticinque spazi oggetto del contratto di locazione.

Il motivo è infondato.

La fattura è titolo idoneo per l’emissione di un decreto ingiuntivo, in favore di chi la ha emessa, ma nell’eventuale giudizio di opposizione la stessa non costituisce prova dell’esistenza del credito, che dovrà essere dimostrato con gli ordinari mezzi di prova dall’opposto (Cass., 3 marzo 2009, n. 5071).

Nel caso in esame la Carminati Allestimenti s.r.l. doveva dimostrare l’esistenza del diritto fatto valere in giudizio stante l’opposizione del debitore. Non ha invece provato che gli importi portati dalle fatture azionate in via monitoria fossero effettivamente dovuti per le causali indicate.

Con i primi due motivi del ricorso incidentale la O.P.E. rispettivamente denuncia: 1) "Violazione e falsa applicazione dell’art. 633 c.p.c., n. 1 e art. 634 c.p.c., comma 2 ( art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), omessa e/o insufficiente motivazione ( art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)"; 2) "Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 639 del 1972, art. 28, u.c., e, conseguentemente, degli artt. 1418, 1346 c.c. e art. 1426 c.c., e segg. ( art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)".

Essendo tali motivi condizionati all’accoglimento "anche di uno solo dei motivi proposti da Carminati Allestimenti", il mancato accoglimento di questi ultimi comporta l’assorbimento dei primi.

Con il terzo motivo si denuncia "Violazione e falsa applicazione dell’art. 1458 c.c., art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3".

Secondo parte ricorrente alla risoluzione del contratto per inadempimento avrebbe dovuto seguire non soltanto la revoca del decreto ingiuntivo opposto, ma anche la condanna della Carminati alla restituzione delle somme versate da O.P.E. senza aver ricevuto alcuna prestazione.

Il motivo è infondato.

In tema di risoluzione del contratto ad esecuzione periodica o di durata la risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite.

Nel caso in esame non tutti i manifesti risultano essere stati coperti e per quelli che sono coperti, secondo l’impugnata sentenza vi è stata la restituzione di L. 2.380.000.

Si tratta comunque di una valutazione di merito non suscettibile di esame in sede di legittimità.

Con il quarto motivo si denuncia "Omessa ed insufficiente motivazione in merito al rigetto della domanda di risarcimento danni proposta da O.P.E. ( art. 36 c.p.c., comma 1, n. 5)".

Secondo parte ricorrente la sentenza impugnata è errata per insufficiente motivazione sul rigetto del risarcimento del danno.

Il motivo deve essere rigettato in quanto non si riscontrano vizi di motivazione nella sentenza impugnata che ha congruamente motivato la soluzione adottata.

In conclusione dei ricorsi riuniti deve essere rigettato il principale e il terzo e quarto motivo del ricorso incidentale.

Assorbiti il primo e secondo motivo del ricorso incidentale.

La reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e il terzo e quarto motivo del ricorso incidentale. Dichiara assorbiti il primo e secondo motivo del ricorso incidentale.

Compensa le spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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