Cass. civ. Sez. III, Sent., 05-04-2012, n. 5540 Sfratto e licenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L.L., proprietario di un immobile sito in (OMISSIS), concesso in locazione per uso abitativo, convenne in giudizio il conduttore D.S.R., intimandogli sfratto per morosità con contestuale richiesta di convalida.

A fondamento della sua domanda il L. deduceva che il canone di locazione mensile, pattuito dalle parti, ammontava ad Euro 500,00, comprensivi della rivalutazione secondo gli indici Istat; che il conduttore si era reso moroso dal maggio 2006 all’ottobre dello stesso anno, sino ad accumulare un debito di Euro 3.000,00; che infine, già in precedenza il D.S. si era reso moroso del canone di locazione avendo provveduto a saldare il debito relativo all’occupazione dell’immobile da aprile ad ottobre 2005 per un importo complessivo di Euro 3.500,00, pagato tardivamente il 19 ottobre 2005.

Il conduttore si opponeva alla convalida e chiedeva l’assegnazione del termine di sanatoria della L. n. 392 del 1978, ex art. 55.

Disposta la trasformazione del rito la causa era decisa con sentenza dell’11 febbraio 2008, con la quale il Tribunale osservava che il pagamento era avvenuto dopo la notifica dell’atto introduttivo del giudizio e per un canone non corrispondente a quello pattuito poichè autoridotto dal conduttore nella misura di Euro 435,00 in luogo di Euro 500,00.

Il primo giudice dichiarava quindi risolto il contratto per inadempimento del conduttore e ordinava il rilascio dell’immobile condannando il resistente al pagamento delle spese processuali.

Contro la sentenza del Tribunale di Roma ha proposto appello il D. S. sostenendo che il canone pattuito in origine fra le parti, nel contratto del 15 aprile 1992, ammontava a L. 600.000 e che la richiesta del locatore, volta ad ottenere un canone di Euro 500,00 era ingiustificata.

Il conduttore ha sostenuto, inoltre, che l’ordinanza di concessione del termine per la sanatoria non comprendeva il pagamento delle mensilità di dicembre e gennaio sicchè egli avrebbe dovuto ottenere la sanatoria pagando quanto richiesto dal conduttore (Euro 500,00) solo per i mesi oggetto dell’intimazione e non anche per le somme richieste per i canoni scaduti successivamente all’ordinanza del 10 novembre 2007.

Il locatore, costituendosi nel giudizio d’appello, chiedeva il rigetto dell’impugnazione e la condanna dell’appellante al pagamento delle spese del secondo grado di giudizio.

La Corte d’Appello rigettava il gravame all’uopo osservando che: 1) la misura del canone mensile in ragione di Euro 500,00 era comprovata dal fatto che, per pregressa morosità protrattasi nei sette mesi dall’aprile all’ottobre 2005 il conduttore, a sanatoria, aveva versato il complessivo importo di Euro 3.500,00; 2) l’autoriduzione ad Euro 435,00 non era consentita; 3) la sanatoria della L. n. 392 del 1978, ex art. 55, non si era realizzata, non avendo il conduttore versato anche i canoni maturati successivamente all’intimazione, sino alla scadenza del concesso termine c.d. di grazia.

Propone ricorso per cassazione D.S.R. con sei motivi.

Parte intimata non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

Con il primo mezzo d’impugnazione parte ricorrente lamenta "Art. 360, n. 3: violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 667 c.p.c. non avendo esaminato il primo Giudice e il Giudice di appello la domanda riconvenzionale dell’odierno ricorrente".

Sostiene il D.S. che la richiesta di condanna al pagamento del maggior importo (formulata nelle memorie successive all’ordinanza di mutamento del rito) va interpretata come valida domanda riconvenzionale per la determinazione del canone, in quanto domanda spiegata contro l’attore richiedente un provvedimento di condanna.

Nè il primo giudice nè quello d’appello hanno pronunciato su tale domanda.

Il motivo non è autosufficiente.

In tema di ricorso per cassazione, ai fini della ammissibilità del motivo con il quale si lamenta un vizio del procedimento (art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 4) per erronea individuazione del "chiesto" ex art. 112 cod. proc. civ., affermandosi che la deduzione della situazione di fatto pertinente alla richiesta è avvenuta sin dalla comparsa di costituzione in primo grado, è necessario che il ricorrente, alla luce del principio di autosufficienza dell’impugnazione, indichi le espressioni con cui detta deduzione è stata formulata nel giudizio di merito (Cass., 30 aprile 2010, n. 10605).

Nel caso in esame il ricorrente per cassazione aveva l’onere di trascrivere e riportare integralmente la richiesta di condanna al pagamento del maggior importo onde consentire a questa Corte di verificare se le questioni prospettate in primo grado fossero state effettivamente sottoposte al vaglio del primo giudice nel rispetto del principio del contraddittorio. Inoltre, il vizio doveva essere denunciato ai sensi dell’art. 112 c.p.c. e non dell’art. 360 c.p.c., n. 3 e art. 667 c.p.c..

Con il secondo motivo, si denuncia "Art. 360, n. 3: violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 2697, non avendo considerato i Giudici di merito che il locatore odierno resistente aveva l’onere di provare l’ammontare del canone in presenza di contestazioni nel giudizio di cognizione piena".

Sostiene il ricorrente che in presenza delle contestazioni da lui svolte il locatore avrebbe dovuto documentare in base a quali fatti o accordi il canone era lievitato da Euro 319,64 ad Euro 500,00. Tanto più che il relativo contratto necessitava della richiesta scritta del locatore dell’aggiornamento Istat ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 24.

Con il terzo motivo si denuncia "Art. 360, n. 3: violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli artt. 2721, 2722 e 2729 c.c., avendo la Corte d’Appello elevato una irrituale presunzione semplice".

Sostiene parte ricorrente che essendo stato formalizzato il contratto di locazione per iscritto, la prova dell’ammontare del canone non poteva essere data in via presuntiva, in forza del disposto dell’art. 2729, comma 2.

L’errore in cui è incorsa la Corte, prosegue il ricorrente, è evidente ove si consideri che nella presente fattispecie siamo in presenza non di una locazione verbale, ma di un contratto formalizzato per iscritto.

Con il quarto motivo si denuncia "Art. 360, n. 3: violazione o falsa applicazione della L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 21 e L. 9 dicembre 1998, n. 431, art. 13".

Il conduttore, afferma parte ricorrente, non può chiedere altre somme diverse da quelle risultanti dal contratto scritto e registrato.

La presunzione formulata dalla Corte d’Appello in contrasto con la ricognizione del canone dovuto e applicato è quindi illegittima.

I tre motivi, che per via della loro stretta connessione devono essere congiuntamente esaminati, sono infondati.

Secondo l’impugnata sentenza l’onere della prova è stato assolto dal proprietario con la ricevuta di pagamento di sette mesi per un importo pari ad Euro 3.500,00 (Euro 500,00 mensili) e tanto è sufficiente alla prova del canone pattuito.

Inoltre per i contratti anteriori al 1998 l’adeguamento del canone secondo l’indice Istat non richiedeva la forma scritta.

Con il quinto motivo si denuncia "Art. 360, n. 3 violazione o falsa applicazione dell’art. 1455 c.c.".

Sostiene parte ricorrente che il Giudice avrebbe potuto dichiarare la risoluzione solo accertando la gravità e l’importanza dell’inadempimento, come previsto dall’art. 1455 c.c..

Tale non poteva essere la differenza di Euro 195,00 nei conteggi fra le parti per la differenza di calcolo dell’aumento Istat dei canoni di Novembre, Dicembre 2006 e Gennaio 2007.

Il motivo è infondato.

Il pagamento in corso di causa dei canoni di locazione scaduti, non esclude la valutazione da parte del giudice del merito della gravita dell’inadempimento del conduttore dedotto con l’intimazione di sfratto, specie quando l’inadempimento sia stato preceduto da altri prolungati, reiterati e ravvicinati ritardi nel pagamento del canone medesimo (Cass., 10 agosto 1999, n. 8550).

Nella specie – in disparte la considerazione che in tema di locazioni abitative la morosità nella misura di cui alla L. n. 392 del 1978, art. 5, esclude la necessità della valutazione della gravita dell’inadempimento, stante sul punto la valutazione legale fatta dalla predetta norma – occorre, comunque, considerare che in tema di locazione di immobili urbani, il conduttore che, convenuto in un giudizio di sfratto per morosità, abbia richiesto la concessione del c.d. "termine di grazia", manifesta implicitamente, per ciò solo, una volontà incompatibile con quella di opporsi alla convalida, sicchè al mancato adempimento nel termine fissato dal giudice consegue "ipso facto" l’emissione da parte di questi dell’ordinanza di convalida ex art. 663 c.p.c., senza che possano assumere rilievo (in quanto irrituali e tardive) eventuali eccezioni o contestazioni circa la sussistenza e/o l’entità del credito vantato dal locatore, sollevate dopo la predetta richiesta di termine per sanare la morosità, giacchè, a norma della L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 55, il comportamento del conduttore sanante la morosità deve consistere nell’estinzione di tutto quanto dovuto per canoni, oneri accessori, interessi e spese fino alla scadenza del termine di grazia, senza che l’inadempimento residuo sia suscettibile di nuova verifica sotto il profilo della gravità. Il giudice non ha infatti il potere di valutare se il superamento, ancorchè esiguo, del suddetto termine di grazia concesso al conduttore per sanare la morosità costituisca inadempimento grave, nè se il ritardo dipenda dal debitore o da un terzo di cui egli si sia avvalso per adempiere (come nel caso di trasmissione della somma dovuta tramite assegno spedito a mezzo del servizio postale nel termine, ma pervenuto il giorno dopo), perchè il giudice ha soltanto la possibilità di fissare il termine entro il limite minimo e massimo stabilito dal legislatore; e d’altro canto l’obbligazione di pagamento del canone, in mancanza di diversa pattuizione, deve essere adempiuta al domicilio del creditore al tempo della scadenza, e perciò il rischio di ritardo o mancata ricezione restando pertanto a carico del debitore, in quanto attiene alla fase preparatoria del pagamento (Cass., 24 marzo 2006, n. 6636).

Con il sesto ed ultimo motivo (erroneamente indicato come quarto) si denuncia "Art. 360, n. 3 violazione o falsa applicazione dell’art. 1175 c.c.".

Si sostiene che sia contrario a buona fede il contegno del locatore che ha omesso di richiedere l’aggiornamento Istat per iscritto ed ha proceduto al calcolo del canone solo nell’atto di intimazione di sfratto per morosità.

Per quanto innanzi esposto la censura resta assorbita.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato mentre in assenza di attività difensiva di parte intimata non v’è luogo a disporre delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e non dispone sulle spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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