Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 12-05-2011) 21-10-2011, n. 38128 Revoca della costituzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 21/12/2007 il Tribunale di Brindisi, sez. dist. di Fasano, condannava V.G. alla pena di mesi 2 di reclusione per il reato di cui all’art. 590 cod. pen. per lesioni colpose aggravate in danno di N.D. e T. F. (acc. in (OMISSIS)).

All’imputato veniva addebitato che, alla guida di un’auto Fiat Bravo, mentre percorreva a velocità elevata la strada (OMISSIS), tamponava il ciclomotore condotto dal N. e con a bordo il T., che si era spostato sulla sinistra per effettuare una svolta.

Con sentenza del 18/2/2010 la Corte di Appello di Lecce, dopo avere ritenuto infondate alcune eccezioni processuali, confermava la pronuncia di condanna. Osservava il giudice di merito che:

– dalla istruttoria espletata era emerso che lo scooter aveva iniziato la manovra di svolta a sinistra con largo anticipo;

– al momento del tamponamento si trovava verso il centro della carreggiata in corrispondenza della linea continua bianca di mezzeria;

– l’auto si trovava spostata a sinistra a cavallo della striscia, impegnata nel sorpasso dello scooter;

– la velocità dell’auto era di circa 90 km/h, a fronte di un limite in zona di 50 km/h e di un divieto di sorpasso;

Ne deduceva la Corte di merito che la condotta di guida negligente del V., il quale aveva mantenuto una velocità di circolazione elevata e che, in violazione di un esplicito divieto, aveva tentato di sorpassare lo scooter (tutto ciò a fronte della possibilità di accorgersi per tempo della manovra di spostamento a sinistra del motomezzo) costituiva la causa del sinistro ed imponeva la conferma della condanna.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato lamentando:

2.1. la violazione di legge ed in particolare dell’art. 507 c.p.p. in quanto la Corte di merito non aveva rilevato la illegittimità della condotta del Tribunale che, a fronte di una esplicita richiesta di escutere come teste S.A., trasportato sull’auto dell’imputato, aveva rigettato l’istanza non rilevando la decisività della deposizione quanto alla ricostruzione della dinamica del sinistro ed alla causalità della condotta del V.. La Corte, con insufficiente motivazione aveva ritenuto corretta la scelta della non escussione del S., pur essendo questi l’unico teste oculare.

2.2. La violazione di legge laddove la corte di merito aveva addebitato di non aver superato a destra lo scooter, invece che a sinistra, senza motivare sulla circostanza di avere o meno attivato il conducente del motomezzo i segnalatori luminosi di svolta a sinistra, circostanza questa su cui neanche il C.T. del P.M. aveva saputo rispondere;

2.3. la violazione di legge per non avere il giudice di merito escluso dal giudizio la parti civili, pur avendo queste iniziato l’azione in sede civile, come documentato in udienza.

2.4. la violazione di legge per non avere la corte rilevato la maturata prescrizione.

Motivi della decisione

3. i motivi di impugnazione sono infondati e pertanto il ricorso deve essere rigettato.

3.1. In ordine alla prima doglianza formulata, va osservato che l’escussione del teste S. era stata richiesta dalla difesa con la lista depositata il 13/5/2004; successivamente le parti hanno richiesto la revoca dell’ammissione in data 7/4/2006 ed il tribunale aveva acconsentito. Nel corso del processo, all’udienza del 12/10/2007 la difesa dell’imputato aveva sollecitato i poteri officiosi del giudice ai sensi dell’art. 507 cod. proc. pen..

Ciò premesso, va rilevato che la corte di merito ha adeguatamente motivato il mancato esercizio dei suoi poteri officiosi, evidenziando come la ricostruzione del sinistro era stata effettuata in modo esaustivo, soprattutto attraverso le tracce lasciate dai veicoli sul campo del sinistro. Peraltro il consulente ing. N. aveva ascoltato il S. ed aveva nella sua relazione sinteticamente riportato le sue dichiarazioni, che quindi erano state sostanzialmente valutate e dichiarate utilizzabili dal tribunale all’udienza del 12/10/2007.

In ogni caso va ricordato che questa corte di legittimità ha statuito con giurisprudenza consolidata che "Il motivo di ricorso per cassazione consistente nella deduzione di mancata assunzione di una prova decisiva può essere proposto solo in relazione ai mezzi di prova di cui sia stata chiesta l’ammissione a norma dell’art. 495 cod. proc. pen., comma 2, sicchè esso non può essere validamente invocato quando il mezzo di prova, sollecitato dalla parte attraverso l’invito al giudice di merito ad avvalersi dei poteri discrezionali di integrazione probatoria di cui all’art. 507 c.p.p., non sia stato dal giudice ritenuto necessario ai fini della decisione" (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 16772 del 15/04/2010 Ud. (dep. 03/05/2010 ) Rv.

246932; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 24259 del 27/05/2010 Ud. (dep. 24/06/2010) Rv. 247290).

Alla luce di quanto esposto, pertanto, la censura è infondata e nessuna violazione di legge si è maturata.

3.2. Quanto al lamentato difetto di motivazione in ordine alla causalità della condotta colposa del V., la corte di merito, con coerente ed adeguata motivazione, ha rilevato come la velocità non prudenziale tenuta, in violazione del limite dei 50 k/h e della segnaletica verticale ed orizzontale che invitavano alla prudenza e vietavano sorpassi, aveva determinato il sinistro, in quanto non aveva consentito all’imputato, a fronte della svolta a sinistra del ciclomotore, di adottare manovre atte ad evitare il tamponamento.

Sul punto le censure mosse dalla difesa alla sentenza, esprimono solo un dissenso rispetto alla ricostruzione del fatto (operata in modo conforme dal giudice di primo e secondo grado) ed invitano ad una rilettura nel merito della vicenda, non consentita nel giudizio di legittimità, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata che regge al sindacato di legittimità, non apprezzandosi nelle argomentazioni proposte quei profili di macroscopica illogicità, che soli, potrebbero qui avere rilievo.

3.3. Infondata è anche la doglianza relativa alla mancata esclusione della parte civile avendo questa esercitato separata azione civile ( art. 82 cod. proc. pen., comma 2).

Invero la domanda giudiziale di natura risarcitoria è stata avanzata con ricorso depositato in data 24/7/2008, quindi successivamente alla sentenza penale di primo grado emessa il 21/12/2007. Le due azioni non sono sovrapponibili, in quanto in sede civile è stato richiesta la specifica quantificazione dei danni e non semplicemente l’accertamento del "an debeatur".

Come già statuito da questa Corte di legittimità, la costituzione di parte civile non può ritenersi tacitamente revocata se la parte propone davanti al giudice civile domanda per la quantificazione del danno che gli sia stato riconosciuto in sede penale anche se con decisione non irrevocabile, nel qual caso il giudizio civile resta sospeso (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 23809 del 06/05/2009 Ud. (dep. 09/06/2009), Vattiata, Rv. 243800). E’ quindi principio consolidato che la previsione dell’art. 82 c.p.p., comma 2, (secondo cui la costituzione si intende revocata se la parte civile promuove l’azione davanti al giudice civile) non riguarda l’ipotesi in cui il danneggiato dal reato, esercitata in sede penale l’azione civile e, ivi ottenuto accoglimento della domanda risarcitoria per l’an, proponga poi davanti al giudice civile domanda per il quantum. In tale ipotesi, infatti, non si ha doppio esercizio della stessa azione, ma esercizio di altra azione fondata sulla prima. Ed è irrilevante, ai fini della permanenza della parte civile nel processo penale, che la statuizione adottata in sede penale non sia ancora passata in giudicato, comportando ciò solo la conseguenza della sospensione del giudizio civile (Sez. 5, n. 12744 del 07/10/1998, Faraon; Sez. 4, n. 3452 del 22/09/2000, Papiri; Sez. 4, n. 32762 del 14/06/2006, Millia; Sez. 4, n. 43374 del 24/05/2007, Cassone). Ne consegue la infondatezza della doglianza formulata.

3.4. Infine, quanto alla lamentata maturata prescrizione, va evidenziato che il delitto è stato commesso il 30/6/2002, pertanto il termine di prescrizione, comprensivo del periodo di interruzione, si maturava alla data del 30/12/2009, anteriormente alla sentenza di appello.

Va però rilevato che il processo ha subito numerosi rinvii con conseguente sospensione del corso della prescrizione : sul punto la censura è formulata in modo assolutamente generico, in quanto non da atto delle sospensioni e non effettua alcun calcolo per dimostrare la maturazione del termine.

In ogni caso, i periodi di sospensione sono stati i seguenti (calcolando due mesi per rinvii per impedimento e l’intero periodo per gli altri rinvii richiesti):

– In primo grado dal 21/l/05 al 15/4/05 per impedimento difensore (m.

2);

– dal 6/10/06 al 12/l/07 per istanza di rinvio (mesi 3 e gg. 6);

– dal 12/l/07 al 23/3/07 per istanza di rinvio (mesi 2 e gg. 11);

– 23/3/07 al 28/9/07 per astensione dalle udienze dei difensori (mesi 6 e gg. 5);

– in appello dal 6/4/09 al 5/10/09 per istanza di rinvio (mesi 5 e gg. 29);

– dal 5/10/09 al 18/2/10 per istanza di rinvio (mesi 4 e gg. 13).

Il totale della sospensioni sposta in aventi il termine di prescrizione di anni 2 e giorni 4 e cioè al 3 gennaio 2012, per cui il reato, alla data della sentenza di appello e ad oggi, non è ancora estinto per prescrizione.

Alla declaratoria di infondatezza segue per legge, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile, che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè alla rifusione in favore della parte civile N.D. delle spese di questo giudizio, che liquida in Euro 1.300,00= oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A. nelle misure di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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