Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 12-05-2011) 21-10-2011, n. 38123

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 2/2/2009 il Tribunale di Marsala condannava A.V. alla pena di giorni 10 di arresto ed Euro 172= di ammenda per il reato di cui all’art. 186 C.d.S., lett. b), per guida in stato di ebbrezza di un’auto Peugeot con tasso alcolemico rilevato di g/l 1,28 (acc. in Marsala il 23/7/2006).

Con sentenza del 31/5/2010 la Corte di Appello di Palermo confermava la pronuncia di condanna. Osservava il giudice di merito che:

– a carico dell’imputato militava l’esito positivo dell’alcoltest;

– quanto al rispetto delle norme procedurali, dalla deposizione del teste Carabiniere D.M. e dallo stesso verbale emergeva che l’ A. era stato avvisato della facoltà di farsi assistere da un difensore.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, lamentando:

2.1. la violazione di legge in quanto il giudice di merito non aveva adeguatamente valutato la violazione dell’art. 356 cod. proc. pen. e art. 114 disp. att. cod. proc. pen. e cioè la necessità dell’invito alla nomina di un difensore prima del compimento dell’atto costituito dalla esame a mezzo etilometro; sul punto la deposizione del teste configgeva con gli atti processuali richiamanti gli orari degli adempimenti;

2.2. il difetto di motivazione in ordine alla affermata colpevolezza in presenza di una prova non ritualmente acquisita ed incerta.

Motivi della decisione

3. Il ricorso è manifestamente infondato.

3.1. Invero dal verbale dei Carabinieri della Stazione di Marsala, datato 23/7/2006, emerge che prima di svolgere l’esame a mezzo etilometro, l’ A. è stato avvertito della facoltà di farsi assistere da un difensore, dichiarando di "non volersi farsi assistere". Vero è che gli esami con etilometro risultano effettuati alle ore 4,49 e 4,55, mentre l’intestazione del verbale porta l’orario 4,55, ciò però non significa che l’avviso contenuto nel verbale sia stato dato dopo avere compiuto gli esami, in quanto la scansione temporale degli atti è quella graficamente contenuta nel verbale, ma questo è stato materialmente redatto dopo gli accertamenti, tanto vero che, nell’incipit del verbale è scritto "abbiamo sottoposto ad accertamento del tasso alcolemico la persona …", narrando poi tutta la successione degli atti.

Peraltro, anche ad ipotizzare che sia maturata un’invalidità, va ricordato che se difetta l’avvertimento si verifica una nullità a regime intermedio che deve essere eccepita prima del compimento dell’atto ovvero, se ciò non è possibile, immediatamente dopo (v. in questo senso Cass., sez. 4^, 8 maggio 2007 n. 27736, Nania, rv.

236934; 18 settembre 2006 n. 2584, Bradaschia, rv. 236007 che precisa che l’eccezione può essere proposta anche mediante lo strumento delle memorie o richieste purchè immediatamente dopo il compimento dell’atto mentre non può più essere proposta in occasione di un successivo atto del procedimento).

Nel caso di specie, una eventuale invalidità si è sanata ai sensi dell’art. 182 cod. proc. pen., in quanto successivamente al compimento dell’atto non è stata immediatamente eccepita la nullità e ciò neanche dopo la nomina del difensore di fiducia, con l’opposizione a decreto penale presentata il 14/5/2007. 3.2. Quanto alle censure relative all’affermata colpevolezza dell’imputato, esse sono generiche e sottovalutano il dato oggettivo dell’esito positivo degli alcoltest effettuati. In ogni caso le censure mosse dalla difesa alla sentenza, esprimono solo un dissenso rispetto alla ricostruzione del fatto (operata in modo conforme dal giudice di primo e secondo grado) ed invitano ad una rilettura nel merito della vicenda, non consentita nel giudizio di legittimità, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata che regge al sindacato di legittimità, non apprezzandosi nelle argomentazioni proposte quei profili di macroscopica illogicità, che soli, potrebbero qui avere rilievo. Alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè (trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr.

Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 7-13 giugno 2000) al versamento a favore della cassa delle ammende di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 1000,00 (mille).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000= in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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