Cons. Stato Sez. V, Sent., 21-11-2011, n. 6135 Atti amministrativi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il dott. P. L., funzionario di ruolo del Comune di Laterza, avendo preso parte alla procedura concorsuale pubblica indetta dalla Provincia di Bari, per esami, per la copertura a tempo pieno ed indeterminato di un posto di dirigente di servizio di professionalità contabile, classificandosi al terzo posto della graduatoria di merito dopo i candidati Y. T. e F. M. (rispettivamente, primo e secondo), impugnava dinanzi al T.A.R. per la Puglia, con ricorso notificato il 1°.12.2009 e ritualmente depositato, la determina dirigenziale n. 180/IMP del 28.09.2009 di approvazione delle risultanze concorsuali e della relativa graduatoria.

Veniva altresì impugnato il bando di concorso, e del pari il sottostante regolamento provinciale dei concorsi e delle selezioni approvato con delibera di Giunta provinciale del 27.07.2007, come modificato dalla successiva n. 48 del 08.04.2008, appena pochi mesi prima dell’indizione del concorso, nella parte in cui essi ammettevano l’accesso alla qualifica di dirigente di soggetti che, per il fatto di essere semplicemente iscritti ad un albo professionale,dovevano ritenersi carenti dei requisiti all’uopo previsti dalla legge.

A sostegno del gravame il ricorrente deduceva le seguenti censure:

1. violazione e falsa applicazione dell’art. 28 d.lgs. n. 165 del 2001, degli artt. 7, 88, 111 del d.lgs n. 267 del 2000, dell’art. 117 Cost., eccesso di potere ed incompetenza;

2. violazione del principio di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, violazione ed erronea applicazione dei criteri di valutazione degli elaborati, violazione e falsa applicazione dell’art. 8 del bando di concorso, contraddittorietà, illogicità manifesta, arbitrarietà, eccesso di potere, disparità di trattamento.

Si costituivano in giudizio in resistenza al ricorso il dott. T. e la Provincia, eccependo l’inammissibilità (anche per tardività del primo motivo) e l’infondatezza del gravame, e chiedendone il rigetto.

Alla Camera di consiglio del 18 dicembre 2009 il ricorrente rinunciava alla domanda cautelare.

Con successivi motivi aggiunti il dott. Lucca chiedeva l’annullamento e la declaratoria di inefficacia del contratto stipulato il 18.12.2009 tra il dott. T. e la Provincia di Bari (e, ove occorresse, della delibera di Giunta n. 207 del 4.12.2009, nella parte in cui aveva dato corso alla costituzione del rapporto di lavoro), riproponendo in via derivata le censure già dedotte con il ricorso introduttivo.

Le parti intimate eccepivano l’inammissibilità dei motivi aggiunti per difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo e la loro inammissibilità/improcedibilità anche per carenza di interesse, per avere il controinteressato sottoscritto contestualmente un contratto di lavoro con la nuova Provincia di Barletta – Andria – Trani.

Il Tribunale adìto con la sentenza n. 177 del 2011 in epigrafe accoglieva, sia pure in parte, il primo motivo di ricorso.

Il Collegio reputava censurabile la previsione regolamentare impugnata, trasfusa nel bando, nella parte in cui consentiva ai laureati iscritti nel pertinente albo professionale di partecipare al concorso per l’accesso alla dirigenza indipendentemente dalla dimostrazione, da parte loro, di un effettivo esercizio professionale. La previsione veniva giudicata, oltre che irragionevole, anche contraria ai principi desumibili dal d. lgs. n. 165 del 2001, che richiede che l’accesso alla qualifica dirigenziale avvenga a mezzo di un pubblico concorso mediante un confronto tra soggetti dotati di particolare professionalità ed esperienza lavorativa, le quali, nel caso di attività professionali implicanti l’iscrizione in appositi albi, non possono essere garantite che mediante la produzione di documenti comprovanti l’effettivo esercizio professionale per il periodo conferente, non potendosi ritenere sufficiente il mero dato formale dell’iscrizione all’albo.

Il Tribunale riteneva, di riflesso, inammissibile per carenza di interesse il secondo motivo di ricorso, incentrato sul merito delle valutazioni espresse dalla Commissione di concorso sugli elaborati dei candidati.

Il primo Giudice, infine, in accoglimento dell’eccezione delle parti resistenti, dichiarava inammissibile la domanda di invalidazione del contratto di lavoro avversario proposta dal ricorrente con i suoi motivi aggiunti per difetto di giurisdizione, appartenendo questa, in proposito, al giudice ordinario.

Avverso la pronuncia annullatoria del Tribunale, con separati ma analoghi atti di appello insorgevano la Provincia di Bari ed i dott.ri Y. T. e F. M.: nelle more, il primo era transitato alle dipendenze della Provincia BarlettaAndriaTrani, e quella di Bari aveva proceduto mediante scorrimento della graduatoria all’assunzione del secondo.

Gli appellanti sottoponevano a critica la decisione appellata sia insistendo sulla inammissibilità dell’originario gravame per tardività e pregressa acquiescenza, sia contestandone i contenuti di merito.

L’originario ricorrente, dal canto suo, oltre a contestare la fondatezza delle doglianze avversarie, proponeva appello incidentale avverso i capi della sentenza a sé sfavorevoli.

Le parti riprendevano e sviluppavano le proprie argomentazioni e tesi mediante memorie e scritti di replica.

Alla udienza pubblica del 21 ottobre 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

1 Osserva in via preliminare la Sezione che, giusta l’istanza delle parti, occorre disporre la riunione degli appelli in esame, siccome proposti avverso la stessa sentenza di primo grado, ai sensi dell’art. 96, comma 1, C.P.A..

2 Tanto premesso, deve essere subito disatteso il motivo che ripropone l’eccezione di tardività del ricorso di prime cure, conformemente alle condivisibili argomentazioni svolte sul punto dal primo Giudice.

L’assunto di fondo dell’originario ricorso è che i dottori T. e M. non possiederebbero i requisiti di partecipazione al concorso, non essendo essi dipendenti pubblici e non potendo vantare esperienza qualificata all’interno della P.A., ma avendo avuto accesso alla procedura sulla mera base della loro iscrizione quinquennale all’albo dei dottori commercialisti, requisito ammesso con previsione oggetto di gravame dall’art. 3 del bando in aderenza al nuovo testo dell’art. 3 del regolamento provinciale dei concorsi e delle selezioni.

I resistenti oppongono che la clausola del bando, con il prevedere appunto la possibilità di partecipazione dei dottori commercialisti iscritti all’albo professionale da un quinquennio, sarebbe stata immediatamente lesiva, in quanto avrebbe ampliato la rosa dei candidati alla procedura, rendendo in tal modo più difficile il confronto concorsuale. Sicché il ricorrente avrebbe dovuto tempestivamente impugnare il bando.

L’eccezione è però stata giustamente reputata infondata.

Il Tribunale ha infatti aderito al tradizionale e tuttora prevalente insegnamento giurisprudenziale per cui l’onere di immediata impugnazione del bando di concorso è circoscritto al caso della contestazione di clausole riguardanti requisiti di partecipazione che siano ex se ostative all’ammissione dell’interessato, o, al più, impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale. Un simile onere va invece escluso nei riguardi di ogni altra clausola, dotata solo di astratta e potenziale lesività (delle determinazioni, cioè, non produttive di per sé di alcun pregiudizio certo ed immediato, ma solo eventuale, futuro e incerto), la cui idoneità a produrre una effettiva lesione potrebbe essere valutata unicamente all’esito della procedura, ove negativo per l’interessato.

In altre parole, la regola generale è che deve ritenersi che i bandi di concorso, eccettuate le ipotesi predette, siano impugnabili soltanto unitamente al provvedimento di approvazione della graduatoria, da cui solo scaturisce la lesione attuale della posizione dell’interessato (C.d.S., Ad. Pl. 29 gennaio 2003 n. 1; V, 25 maggio 2010, n. 3308; 19 giugno 2009 n. 4073, 14 ottobre 2008 n. 4971 e 4 marzo 2008 n. 962; VI, 24 febbraio 2011, n. 1166). E la fattispecie concreta, in cui la critica da muovere al bando era semplicemente quella di ammettere indebitamente alla selezione una categoria di partecipanti in più rispetto a quelle ammesse dalla legge, non presenta alcun elemento che possa valere a sottrarla all’impero del suddetto canone.

3 Va altresì disatteso il motivo di appello riflettente una presunta, preventiva acquiescenza alle regole che erano state poste a base del concorso.

Da parte degli appellanti viene ricordato che l’art. 14 del bando stabiliva che la partecipazione al concorso comportava implicitamente accettazione senza riserve di tutte le disposizioni in esso contenute; e si rammenta che l’art. 7 del regolamento provinciale delle procedure selettive attribuisce espressamente ai bandi carattere vincolante anche per i concorrenti. La domanda di ammissione presentata dall’originario ricorrente, inoltre, recava una solenne dichiarazione (resa ai sensi degli artt. 46 e 47 del d.P.R. n. 445/2000) inclusiva di un’incondizionata accettazione delle condizioni dettate dal bando e delle norme degli appositi regolamenti provinciali (punto 18 del modulo).

Neanche questo itinerario argomentativo può essere condiviso.

Va preliminarmente rammentato come un fermo orientamento giurisprudenziale escluda che il fatto della presentazione della domanda di partecipazione ad una procedura implichi acquiescenza alle clausole del relativo bando, le quali, anzi, possono essere impugnate solo dopo avere concretamente dimostrato non solo la volontà di partecipare alla procedura selettiva, ma anche la lesione attuale e concreta dell’interesse legittimo azionato (C.d.S., V, 21 settembre 2010, n. 7031); e d’altra parte la presentazione della domanda è un atto normalmente necessario proprio per radicare l’interesse al ricorso (cfr. ad es. C.d.S., VI, 18 settembre 2009, n. 5626).

Ciò premesso, è agevole avvedersi che nessuna acquiescenza poteva dirsi formata.

Secondo un compatto indirizzo giurisprudenziale, non può ipotizzarsi alcuna acquiescenza o rinuncia preventiva alla tutela giurisdizionale dell’interesse legittimo quando lo strumento di tutela non sia ancora azionabile per mancanza dell’attualità della lesione (C.d.S., VI, 17 settembre 2009, n. 5583; 18 settembre 2009, n. 5626, e 29 settembre 2009, n. 5883; V, 14 novembre 2006, n. 6678; 26 ottobre 1998, n. 1540). Un’ipotetica acquiescenza si potrebbe configurare, quindi, solo dopo la lesione, che nel nostro caso potrebbe dirsi radicata, però, solo all’esito del concorso (in quanto, come si è appena visto, il bando non era immediatamente lesivo).

Va poi fatto notare che secondo un’indicazione giurisprudenziale altrettanto pacifica l’acquiescenza presuppone una condotta consapevole, da parte dell’avente titolo all’impugnazione, che sia, oltre che inequivocabilmente diretta ad accettare l’assetto di interessi definito dall’Amministrazione, anche posta liberamente in essere (C.d.S., IV, 27 giugno 2008, n. 3255 e 2 ottobre 2006, n. 5743; V, 9 dicembre 2009, n. 7683, 23 gennaio 2006, n. 201, e 16 giugno 2005, n. 3166). Di contro, è agevole osservare come l’accettazione del bando espressa dal candidato in sede di domanda di partecipazione, avvalendosi del modello all’uopo predisposto dall’Amministrazione, non potrebbe dirsi libera, essendo stata invece imposta dalla stessa Amministrazione quale condizione per partecipare alla procedura.

Conclusivamente, è appena il caso di notare che legittimare come acquiescenza una pratica quale quella esperita dall’Amministrazione renderebbe l’applicazione di clausole come quelle addotte a fondamento dell’eccezione in disamina una pratica generalizzata e di routine, con l’effetto di svuotare per le procedure selettive la garanzia costituzionale del diritto alla tutela giurisdizionale.

4 Il primo Giudice può essere seguito anche -e con ciò si entra nel merito di causa- nella parte in cui il T.A.R., disattendendo la più radicale prospettazione attorea, qui riproposta con appello incidentale, ha escluso la diretta applicabilità al concorso per cui è causa delle singole disposizioni dettate dall’art. 28 del d.lgs. n. 165 del 2001 ("Accesso alla qualifica di dirigente della seconda fascia").

Vero è che l’art. 88 del d.lgs. n. 267/2000 (rubricato "Disciplina applicabile agli uffici ed al personale degli enti locali", che recita: "All’ordinamento degli uffici e del personale degli enti locali, ivi compresi i dirigenti ed i segretari comunali e provinciali, si applicano le disposizioni del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni…"), nel prevedere anche per i dirigenti, e rispetto "all’ordinamento degli uffici e del personale degli enti locali", l’applicazione del d.lgs. n. 29/1993, potrebbe essere riferito anche alle selezioni concorsuali per l’ingresso nella dirigenza locale.

Il rinvio da esso disposto, però, vale a richiamare in blocco e per intero la fonte generale da esso evocata, a partire, dunque, dalla previsione preliminare del suo art. 27, poi trasfusa nell’art. 27 d.lgs. n. 165/2001, alla cui stregua "Le regioni a statuto ordinario, nell’esercizio della propria potestà statutaria, legislativa e regolamentare, e le altre pubbliche amministrazioni, nell’esercizio della propria potestà statutaria e regolamentare, adeguano ai princìpi dell’articolo 4 e del presente capo i propri ordinamenti, tenendo conto delle relative peculiarità."

Di conseguenza, per quanto riguarda le selezioni per l’accesso alla dirigenza, le amministrazioni locali non sono tenute ad un ineludibile rispetto ad litteram dell’elencazione delle categorie di personale legittimate a concorrere che si rinviene nell’art. 28 del d.lgs. n. 165/2001. Tali amministrazioni possono, invece, nell’esercizio della propria potestà statutaria e regolamentare, adeguare i propri ordinamenti ai princìpi del relativo capo, alla luce delle loro peculiarità, apportando alla detta elencazione i ragionevoli adattamenti che si reputino necessari (in tal senso v. già C.d.S., VI, 18 gennaio 2007, n. 83, pag. 19).

Donde la condivisibilità della valutazione del Tribunale che il d. lgs. n. 165 del 2001 non impone alle amministrazioni locali il rispetto integrale delle disposizioni concernenti l’organizzazione del personale e le modalità di accesso ivi contenute, ma ammette la possibilità che le stesse vengano adeguate e modulate dai rispettivi ordinamenti, nel rispetto dei relativi principi generali.

5 Il Tribunale, una volta escluso che potessero dirsi direttamente violate le norme dell’art. 28 del d.lgs. n. 165/2001, ha ritenuto, peraltro, che la domanda attorea gli attribuisse anche l’ulteriore compito di valutare la legittimità dell’impugnata previsione di bando dal punto di vista della sua rispondenza ai principi desumibili dalla legislazione statale, richiamati dall’art. 27 della stessa fonte. Ed in questa prospettiva, come si è anticipato, il T.A.R. è pervenuto alla conclusione che la norma di bando in contestazione confliggesse, appunto, con tali principi, nella parte in cui legittimava la partecipazione al concorso di laureati iscritti nel relativo albo professionale indipendentemente dalla dimostrazione del loro effettivo esercizio professionale.

6 Gli appellanti obiettano che con questo capo di decisione il Tribunale sarebbe andato ultrapetita, in quanto il ricorrente non aveva espresso una censura quale quella finita accolta, bensì aveva lamentato una violazione del solo art. 28 (e non anche del 27) del d.lgs. n. 165/2001.

Anche questa eccezione è priva di pregio.

L’appello dell’Amministrazione riporta (alla pag. 15) un brano del ricorso di primo grado la cui considerazione sarebbe già sufficiente a superare l’eccezione. Il brano esprime, infatti, la censura per cui, essendo impossibile equiparare l’esperienza professionale all’interno della P.A. alla mera iscrizione ad un albo (di per sé neppure indice di un effettivo svolgimento della professione), la decisione della Provincia di porre sullo stesso piano requisiti disomogenei ed inerenti a sfere operative diverse sarebbe stata irragionevole. E la pronuncia appellata ha (parzialmente) accolto il ricorso del dott. Lucca proprio reputando le regole impugnate "irragionevoli", oltre che "non conformi ai principi desumibili dal citato d.lgs. n. 165 del 2001".

Il Tribunale non è incorso nel vizio di ultrapetizione, peraltro, neppure con l’adoperare il parametro costituito dai suddetti "principi".

La lettura del ricorso di prime cure (cfr. spec. le sue pagg. 11 e 12) fa emergere come questo contenesse una scansione argomentativa in chiave subordinata del tutto simile (sotto il profilo in disamina) a quella che sarebbe stata seguita dal T.A.R..

L’originario ricorrente, invero, dopo avere delineato la propria impostazione più radicale, osservava quanto segue. "Ove poi non si volesse attribuire alle norme statali, così come ritenuto, carattere prescrittivo, le illegittimità delle disposizioni regolamentari della provincia non sarebbero attenuate. Difatti, anche a voler considerare l’art. 28 norma di principio, risulta agevole notare che…la Provincia ha oltrepassato i limiti della propria potestà regolamentare…. Dunque, nell’ambito della normativa sulla dirigenza il potere regolamentare è esercitabile nei limiti dei principi posti dal d.lgs. n. 165/2001."

L’eccezione degli appellanti è pertanto infondata.

7 Per converso, a meritare in questa sede accoglimento nel merito sono piuttosto delle deduzioni critiche svolte dall’originario ricorrente nell’ambito del suo primo mezzo, non recepite dal primo Giudice e qui reiterate con appello incidentale.

Il Tribunale si è limitato a censurare per contrasto con i principi del d.lgs. n. 165 cit. la previsione legittimante la partecipazione al concorso di laureati iscritti all’albo nella parte in cui tale clausola prescindeva dalla dimostrazione di un effettivo esercizio della relativa professione.

Si deve però prendere atto che l’art. 28 d.lgs. n. 165 cit., considerato sub specie di fonte di norme di principio vincolanti gli enti locali ai sensi del precedente art. 27, esprime un quid pluris rispetto al canone della necessaria effettività dell’esperienza professionale pregressa. Esso postula anche, difatti, l’esigenza che tale esperienza sia qualificata, e, soprattutto, sia stata maturata all’interno della P.A., o quantomeno in prevalente rapporto con essa. Precisazione che si impone (in adesione ai rilievi svolti nelle pagg. 13 e 14 dell’appello incidentale in approfondimento del mezzo di prime cure) per lo meno rispetto alle professioni che, proprio come quella di dottore commercialista, sono sovente esercitate in contesti assai distanti da quelli propri della contabilità delle amministrazioni pubbliche.

In parziale riforma della sentenza in epigrafe, pertanto, il ricorso di primo grado deve trovare accoglimento nei più ampi termini che sono stati appena indicati.

8 Quanto agli effetti di un simile accoglimento, tuttavia, a ragione gli appellanti si dolgono che la sentenza impugnata abbia pronunciato, quale conseguenza del vizio riscontrato, una caducazione diretta ed immediata (in parte qua) degli atti concorsuali. In luogo di ciò, si deduce, si sarebbe dovuto piuttosto prescrivere all’Amministrazione di riaprire il procedimento, al fine di assegnare un termine ai vincitori per verificarne i titoli di partecipazione, in aderenza alle statuizioni del Giudice circa la riscontrata, parziale illegittimità del bando e del presupposto regolamento.

L’originario ricorrente obietta che l’illegittimità emersa non attiene -tanto- alla mancata dimostrazione delle competenze dei dott.ri T. e M. nel loro settore, quanto piuttosto alla oggettiva assenza nei loro curricula di pregresse esperienze in seno alla P.A..

Si impone, però, l’osservazione che l’illegittimità riscontrata non inficia in toto la previsione (regolamentare e di bando) impugnata, ma solo in parte. Per il fatto, cioè, che gli iscritti all’albo professionale sono stati senz’altro ammessi alla procedura, laddove sarebbe stato necessario condizionarne l’ammissione all’accertamento dei requisiti: dell’effettività dell’esercizio della professione; del carattere qualificato della relativa esperienza; e soprattutto, della circostanza che quest’ultima fosse stata maturata in prevalente rapporto con la Pubblica Amministrazione.

Ne consegue, secondo coerenza, che la posizione degli originari controinteressati non può che dipendere dalla necessaria verifica amministrativa, previa assegnazione ai medesimi di un termine perentorio per la produzione della pertinente documentazione, della loro possibilità di soddisfare i requisiti anzidetti. Qualora, in ipotesi astratta, essi ne risultassero in possesso (alla scadenza a suo tempo prevista per la presentazione delle domande), è evidente che la presente decisione non potrebbe giustificare in alcun modo la loro esclusione dalla procedura, che nella detta eventualità sarebbe priva di giustificazione; in caso contrario, viceversa, la loro immediata esclusione si imporrebbe alla stregua di un atto dovuto.

Fatte queste puntualizzazioni, non guasta ripetere la opportuna precisazione già fatta dal primo Giudice per cui, "qualora la successiva attività dell’amministrazione non si conformi puntualmente ai principi contenuti nella sentenza oppure non constati le conseguenze giuridiche che da essa discendono, ovvero ancora nel caso di successiva sua inerzia, la suddetta attività o l’inerzia dell’amministrazione potrà eventualmente essere oggetto di giudizio in sede di ottemperanza (cfr. Adunanza Plenaria Consiglio di Stato n. 9/2008 cit.)."

9 Per quanto residua, le critiche mosse dall’odierno appellante incidentale alla pronuncia del Giudice locale non sono meritevoli di accoglimento.

9a Ciò vale in primis per il secondo motivo dell’originario ricorso, incentrato sulla presunta iniquità di giudizio in cui sarebbe incorsa la Commissione nella valutazione degli elaborati concorsuali: doglianza sostanzialmente assorbita dal primo Giudice e riproposta dall’appellato.

In sintesi, la tesi a base del motivo è che ciascuno degli elaborati degli appellanti sarebbe stato gravemente incompleto, e come tale meritevole di esclusione o almeno di un punteggio insufficiente, mentre le prove dell’appellato, benché particolareggiate e complete, non sarebbero state adeguatamente apprezzate, bensì sacrificate da un giudizio di mera sufficienza.

Hanno però buon gioco gli appellanti ad opporre l’inammissibilità di contestazioni siffatte, in quanto intese a sindacare spazi riservati alle valutazioni discrezionali dell’organo collegiale cui l’ordinamento affida in via esclusiva il giudizio sugli elaborati dei candidati.

Il motivo è infatti diretto, in sostanza, a sostituire all’apprezzamento tecnico della Commissione appositamente preposta quello dello stesso ricorrente, attraverso l’auspicato intervento del Giudice.

Le determinazioni della Commissione, per converso, per pacifica giurisprudenza (cfr. tra le tante C.d.S., IV, 15 febbraio 2010, n. 835; V, 16 agosto 2010, n. 5724; VI, 9 febbraio 2011, n. 871), normalmente si sottraggono al sindacato del Giudice di legittimità, a meno che non siano macroscopicamente viziate da illogicità, travisamento o arbitrarietà manifesti, figure sintomatiche la cui ricorrenza nel caso concreto non è dato riscontrare.

9b Né può trovare migliore sorte il tentativo dell’originario ricorrente di superare la declaratoria di inammissibilità che ha colpito i suoi motivi aggiunti per difetto di giurisdizione in favore del giudice ordinario.

Il dott. Lucca chiedeva, con i suoi motivi aggiunti, l’annullamento e la declaratoria di inefficacia del contratto stipulato il 18.12.2009 tra il dott. T. e la Provincia di Bari, e, ove occorresse, impugnava anche la delibera di Giunta n. 207 del 4.12.2009, nella parte in cui aveva dato corso alla costituzione del rapporto di lavoro.

Il T.A.R., concentrandosi senz’altro sulla proposta impugnativa contrattuale, ha fatto notare come la stessa esorbitasse dall’ambito della propria giurisdizione.

Tale soluzione non può che essere confermata.

Il Giudice amministrativo, che non può conoscere delle impugnative di ordinari contratti, non ha giurisdizione, infatti, sulle controversie inerenti all’area del rapporto di impiego privatizzato, ma solo sulle procedure concorsuali che ne precedono l’instaurazione. E, diversamente da quanto si registra in tema di contratti della P.A. per l’affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture, non vi è alcuna norma che estenda verso valle la giurisdizione amministrativa sulle procedure concorsuali, dotandola anche di una potestà di intervento diretto sul contratto di lavoro.

Nell’appello incidentale, d’altra parte, non si tenta nemmeno di confutare i principi appena esposti. Ci si limita a dire che oggetto di diretta contestazione mediante i motivi aggiunti non sarebbe stato il contratto di lavoro, ma la delibera n. 207 del 4/12/2009, che in realtà, tuttavia, era stata gravata solo ad abundantiam.

Donde la conferma dell’anzidetta statuizione di inammissibilità.

10 In conclusione, l’appello incidentale deve essere in parte accolto, nei termini che sono stati precisati nel paragr. 7, mentre gli appelli principali con l’eccezione del profilo esaminato al paragr. 8 devono essere respinti.

Per l’effetto, in parziale riforma della sentenza appellata, l’originario ricorso di primo grado va accolto nei più ampi termini, ma nel contempo con gli effetti, indicati nei paragrafi appena citati.

Le spese processuali del doppio grado possono essere compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), riuniti gli appelli in epigrafe, accoglie nelle parti rispettivamente indicate in motivazione l’appello incidentale e gli appelli principali, e per l’effetto, in parziale riforma della sentenza appellata, accoglie l’originario ricorso di primo grado nei più ampi termini, ma nel contempo con gli effetti, sopra precisati.

Compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 21 ottobre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Pier Giorgio Trovato, Presidente

F. Caringella, Consigliere

Eugenio Mele, Consigliere

Paolo Giovanni Nicolò Lotti, Consigliere

Nicola Gaviano, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *