Cass. civ. Sez. II, Sent., 05-04-2012, n. 5509 Opposizione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto notificato il 16.11.00 la Sony Italia proponeva opposizione al decreto ingiuntivo n. 23059/00 con il quale il presidente del tribunale di Milano le aveva ingiunto il pagamento della somma di Euro 26.025,420, oltre spese, a titolo di pagamento di n. 9 parcelle emesse dal richiedente avv. T.L.M. per prestazioni professionali svolte nell’interesse della parte opponente. Sosteneva quest’ultima, che con il legale erano intercorsi specifici accordi relativi agli addebiti per le prestazioni professionali effettuate e che i relativi importi erano stati regolarmente corrisposti, per cui nulla era ancora dovuto all’avv. T..

Espletata l’istruttoria, l’adito Tribunale, con sentenza n. 1320/2003, revocava il provvedimento monitorio e condannava la Sony Italia a pagare la minor somma di Euro 12.361,90 (oltre le spese processuali), avuto riguardo alle somme già corrisposte al professionista. La sentenza veniva appellata dalla Sony Italia secondo cui il tribunale non aveva adeguatamente valutato la documentazione prodotta da cui emergeva che essa società Sony si era accordata con il legale per il versamento di importi onnicomprensivi per l’attività professionale da lui di volta in volta prestata. Si costituiva il professionista che, per contro, sosteneva che, come ritenuto dal primo giudice, la Sony Italia aveva versato le somme in parola a titolo di "fondo spese" che poi dovevano essere eventualmente conguagliate.

L’adita Corte d’Appello di Milano, con sentenza n. 267/2007, in riforma dell’appellata decisione, rigettava interamente la domanda dell’appellato, che condannava alla restituzione della somma già corrisposte a seguito della pronuncia di primo grado. La Corte milanese riteneva che, sulla base della documentazione prodotta e dei testi escussi, le retribuzioni professionali erano state stabilite a forfait per le pratiche di routine (quelle relative alla richiesta di provvedimenti monitori) e che non si trattava di fondo spese vero e proprio (come sostenuto dall’avvocato e come si legge nei documenti prodotti), per cui, con il versamento delle somme prestabilite, non era dovuto alcun conguaglio per l’attività legale espletata. Nè era stata sollevata alcuna valida eccezione di nullità degli accordi suddetti, per violazione dei minimi tariffari, attesa la genericità di tale deduzione ed il fatto che i compensi erano a forfait.

Avverso la predetta sentenza l’avv. T. ricorre in cassazione formulando n. 2 censure; resiste con controricorso la società intimata; entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c.; l’avv. T. ha depositato documenti ex art. 372 c.p.c..

Motivi della decisione

Con il 1 motivo l’esponente denuncia: L’omessa valutazione dei documenti e di elementi da essi deducibili che se valutati avrebbero portato ad una diversa decisione in secondo grado e quindi esistenza di vizi di motivazione della sentenza… Rileva che la motivazione risulta viziata in relazione all’omesso esame della documentazione prodotta che comporterebbe una diversa interpretazione degli accordi intercorsi tra le parti per il pagamento delle prestazioni professionali; tutto ciò con riferimento ad alcune lettere inviate dall’avvocato T. alla Sony (in data 19.3.96, 16.12.1996, 9.1.97); il fax avv. T. del 16.12.96 e a due fatture; nelle lettere in questione si parla di "fondo spese"; parola che significa, appunto, "fondo spese" in senso tecnico, e non somme forfettarie e onnicomprensive come preteso dalla Sony, per cui tale società avrebbe dovuto corrispondere l’eventuale conguaglio dopo ogni prestazione effettuata. L’esponente ricorda poi la pratica Centro Marcket Casa srl relativa a consulenze stragiudiziali in relazione a cui il compenso doveva essere determinato in base alla tariffa professionale, di talchè la sentenza di 2 grado avrebbe dovuto riconoscere all’avv. T. la somma di L. 1.185.000, oltre accessori di legge. La doglianza non appare fondata.

Intanto, secondo il Collegio, i denunciati vizi motivazionali si risolvono in questioni di merito non rilevanti in questa sede di legittimità.

Secondo questa S.C….la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico- formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge).

Conseguentemente, per potersi configurare il vizio di motivazione su un asserito punto decisivo della controversia, è necessario un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza. Pertanto, il mancato esame di elementi probatori, contrastanti con quelli posti a fondamento della pronunzia, costituisce vizio di omesso esame di un punto decisivo solo se le risultanze processuali non esaminate siano tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia probatoria delle altre risultanze sulle quali il convincimento è fondato, onde la "ratio decidendi" venga a trovarsi priva di base (Cass. n. 9368 dei 21/04/2006).

Ciò premesso, nella fattispecie, la decisione della Corte lombarda appare congruamente motivata sulla base delle emergenze processuali con specifico riferimento alla documentazione prodotta dall’avv. T., anche con riguardo a documenti oggi da lui invocati.

D’altra parte, come opportunamente rilevato dalla controricorrente, va sottolineato che il professionista inammissibilmente introduce nel presente giudizio di legittimità, un’impostazione del tutto nuova, una linea difensiva cioè mai proposta prima, allorchè afferma che dai documenti non esaminati dalla Corte, emergerebbero "accordi successivi" rispetto a quelli emergenti dai 2 documenti espressamente esaminati dal giudice a quo. Invero quest’ultimo è pervenuto alla decisione attraverso un approfondito esame critico non solo della documentazione prodotta, ma anche delle dichiarazioni dei testi escussi e del comportamento delle parti; l’avv. T. negli anni 1995, 1996 e 1997 aveva emesso a carico della SONY fatture recanti per ciascuna pratica, riassuntivamente indicata con il nome del debitore, i soli importi corrispondenti a quelli concordati, senza alcuna riserva di ulteriori richieste a titolo di onorari…e senza che di tali ulteriori richieste l’appellato abbia comunque fornito nel presente giudizio alcuna prova per tutto il periodo antecedente all’interruzione del rapporto avvenuta nel febbraio 1999. La corte milanese ha quindi ritenuto provata la sussistenza di uno specifico accordo tra le parti prevedente un compenso forfettarizzato per il legale in relazione a tutte le pratiche di recupero crediti rutinarie affidate dalla Sony all’avv. T.: essendo poi indiscusso in causa che tra tali pratiche rientrino quelle portate dalle notule azionate in sede monitoria dal T. e che per le stesse il compenso forfettario (era) già stato corrisposto alla Sony, per cui nulla era più dovuto da quest’ultima al legale. Quanto alla pratica relativa all’attività stragiudiziale (pratica Centro Market Casa), secondo il ricorrente essa doveva essere saldata per l’importo di L. 1.185.000 in relazione al suo valore. Precisa che anche a prescindere dall’interpretazione della lettera 10.5.1995 dell’avv. T. presa a base della decisione …. nessun accordo sussisteva tra le parti sulle consulenze scritte…con la conseguenza che queste prestazioni stragiudiziali (andavano) pagate in base alla tariffa professionale e quindi la sentenza di secondo grado avrebbe dovuto riconoscere all’avv. T. l’importo di Lt. 1.185.000, oltre accessori di legge". Replica a controricorrente che il valore della pratica non è desumibile dalla notula, e che comunque per la stessa sarebbero stati incassati dal professionista vari acconti per una somma superiore a quella pretesa, per cui nulla egli potrebbe ancora pretendere. Secondo il Collegio la doglianza non ha pregio; della stessa invero non vi è traccia nella sentenza impugnata, per cui essa sentenza avrebbe dovuto essere censurata ai sensi dell’art. 112 c.p.c. per omesso esame di questo specifico punto ove effettivamente e specificatamente prospettato, e non invece semplicemente e genericamente per omessa valutazione di documenti alla stregua di un mero vizio motivazionale. Passando all’esame del 2 motivo, con esso l’esponente eccepisce la violazione e falsa applicazione degli art. 1418 e 1421 c.c. e del D.M. 5 ottobre 1994, n. 585, art. 23. Deduce la nullità degli accordi per violazione dei minimi tariffari e sostiene che tale nullità doveva essere eccepita d’ufficio; procede poi all’esame analitico della documentazione prodotta per dimostrare che effettivamente i minimi tariffari erano stati violati con riferimento alle varie prestazioni.

La doglianza non è fondata. La corte territoriale aveva invero rilevato l’assoluta genericità di tale eccezione perchè non riferita a singoli e specifici incarichi, e che inoltre tutte le parcelle erano state regolarmente vistate dal Consiglio dell’Ordine.

Secondo il Collegio non v’è dubbio che l’eccezione stessa fosse del tutto generica, tant’è che l’esponente ha tentato di porvi rimedio solo in sede di legittimità, con una dettagliata quanto inammissibile ed inutile disamina delle varie notule, che peraltro neppure sembrerebbero inferiori ai minimi tabellari.

Nè nella fattispecie era possibile rilevare d’ufficio tale presunta nullità, in quanto trattasi di domanda diretta a far valere l’invalidità del contratto, per cui non può essere dedotta tardivamente un’eccezione di nullità diversa da quelle poste a fondamento della domanda stessa (Cass. n. 9395 dei 27.04.2001).

Questa S.C. al riguardo ha precisato che: La rilevabilità d’ufficio della nullità del contratto in ogni stato e grado del processo opera solo se da parte dell’attore se ne richieda l’adempimento, essendo il giudice tenuto a verificare l’esistenza delle condizioni dell’azione e a rilevare d’ufficio le eccezioni che, senza ampliare l’oggetto della controversia, tendano al rigetto della domanda e possano configurarsi come mere difese del convenuto. Ne consegue che quando la domanda sia, invece, diretta a far valere l’invalidità del contratto o a pronunciarne la risoluzione per inadempimento, non può essere dedotta tardivamente un’eccezione di nullità diversa da quelle poste a fondamento della domanda, essendo il giudice, sulla base dell’interpretazione coordinata dell’art. 1421 c.c. e dell’art. 112 c.p.c., tenuto al rispetto del principio dispositivo, anche alla luce dell’art. 111 Cost., che richiede di evitare, al di là di precise indicazioni normative, ampliamenti dei poteri d’iniziativa officiosa (Cass. n. 9395 del 27/04/2011). Si osserva peraltro che, secondo una pronuncia di questa S.C., la violazione dei precetti normativi che impongono l’inderogabilità dei minimi tariffari non comporterebbe neppure la nullità, ex art. 1418 c.c., comma 1, del patto in deroga, in quanto trattasi di precetti non riferibili ad un interesse generale, cioè dell’intera collettività, ma solo ad un interesse della categoria professionale (Cass. n. 21235 del 05/10/2009). In conclusione il ricorso dev’essere rigettato. Le spese processuali per il principio della soccombenza sono poste a carico del ricorrente.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 1.700,00, di cui Euro 1.500,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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