Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 21-11-2011, n. 873 Silenzio-accoglimento, silenzio-rifiuto e silenzio-rigetto della pubblica Amministrazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Nel 1993, l’odierno appellante richiedeva al Comune di Acireale, del quale era dipendente, la liquidazione di compensi dovuti. L’Amministrazione intimata taceva. L’odierno appellante provvedeva perciò a diffidarla. Perdurando il silenzio, egli proponeva perciò ricorso (2348/93) al TAR per la Sicilia di Catania.

Nelle more della decisione di merito, l’Amministrazione procedeva alla liquidazione delle differenze retributive richieste, ma senza corrispondere anche interessi e rivalutazione.

Con sentenza n. 764/03, il TAR accoglieva il ricorso proposto per l’annullamento del silenzio-rifiuto relativo all’atto di diffida della ricorrente, ma ometteva di pronunciarsi anche sul pagamento delle differenze retributive richieste.

Contro tale decisione propone appello il Ru., chiedendo la riforma della decisione in oggetto perché essa, violando il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, ha omesso di riconoscere il richiesto pagamento e, violando quello che impone che le spese seguano la soccombenza, non ha condannato l’Amministrazione alle spese, che ha invece compensato tra le parti.

Motivi della decisione

L’appello è infondato.

La domanda proposta era rivolta ad ottenere la declaratoria di mancata pronuncia sulla istanza dell’interessata rivolta alla Amministrazione.

Trattasi di controversia anteriore alla entrata in vigore del D.L. n. 35/05 che, come è noto, ha introdotto la possibilità di valutare la fondatezza della istanza. Con riferimento quindi alla normativa applicabile relatione temporis è stato chiarito, nella decisione n. 1 del 2002 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, in materia di silenzio-rifiuto, che la pronuncia del Giudice non può andare oltre l’accertamento della illegittimità dell’inerzia dell’Amministrazione. E ciò perché – come è stato esattamente osservato – "sul piano sostanziale, il giudizio sul "silenzio" così definito si collega al "dovere" delle amministrazioni pubbliche di concludere il procedimento "mediante l’adozione di un provvedimento espresso" nei casi in cui esso "consegua obbligatoriamente ad una istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio", come prescrive l’art. 2, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241"; mentre esso appare, sul piano sistematico, frutto di una scelta del legislatore che "si allinea al principio generale che assegna la cura dell’interesse pubblico all’amministrazione e al giudice amministrativo, nelle aree in cui l’amministrazione è titolare di potestà pubbliche, il solo controllo sulla legittimità dell’esercizio della potestà".

Correttamente, dunque, il Giudice di prime cure si è limitato a censurare il silenzio dell’Amministrazione e a sollecitarne la necessità di provvedere, intimandole di farlo in un termine assegnato (20 giorni). Fatto questo che, in effetti, è (nelle more stesse per altro del giudizio) seguito, senza che l’interessata abbia proposto tempestive e dirette censure ai nuovi provvedimenti adottati.

L’appello è pertanto infondato.

Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione. Sussistono comunque giustificate ragioni per compensare le spese.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, respinge l’appello.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Palermo, il 9 giugno 2011 dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, in Camera di Consiglio, con l’intervento dei Signori: Riccardo Virgilio, Presidente, Antonino Anastasi, Guido Salemi, Pietro Ciani, Alessandro Corbino, estensore, Componenti.

Depositata in Segreteria il 21 novembre 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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