Cass. civ. Sez. I, Sent., 05-04-2012, n. 5501 Onorari

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Svolgimento del processo

In data 23/6/2008 l’Avv. P.L. presentava al Giudice delegato al Fallimento de "Il Triangolo di Toscano Vincenzo Giovanni & C." s.a.s. e del socio amministratore T.V.G. istanza volta ad ottenere la liquidazione delle spese e competenze relative all’attività professionale svolta in favore, prima, della società in bonis e, poi, della curatela fallimentare nella causa civile celebratasi in primo grado dinanzi al Tribunale di Rossano iscritta al n. 451/93 R.G.A.C., cui era stato riunito il processo n. 1149/94 R.G.A..

Il giudizio in parola era stato definito con la sentenza n. 295/04 del Tribunale di Rossano, emessa e depositata il 12/7/2004.

La somma complessivamente richiesta per l’attività globalmente resa in favore della società in bonis, prima, e della Curatela fallimentare, poi, era pari ad Euro 35.426,71 (32.482,46 + 2.944,25), da cui andava detratto quanto pagato all’Avv. P. dalla Milano Assicurazioni pari a Euro 11.200,00.

Su tale istanza, nell’immediato nessun provvedimento veniva assunto dal Giudice delegato, cosicchè, intervenuta, nelle more, la definizione del giudizio di appello, a seguito della sentenza n. 604/2008 della Corte di appello di Catanzaro, resa il 10/12/2007 e depositata il 28/8/2008 l’attuale ricorrente depositava in data 8/10/2008, presso la cancelleria del Tribunale di Rossano, istanza rivolta al G.D. di liquidazione anche delle spese di quel grado.

Il Giudice delegato ai fallimenti del Tribunale di Rossano si pronunciava sulle predette istanze con proprio decreto emesso il 3 1/7/2009, depositato il 25/8/2009 e comunicato all’odierno ricorrente il giorno 1/9/2009, con il quale liquidava la complessiva somma di Euro 11.298,00, oltre accessori come per legge, disponendone il pagamento previa presentazione di fattura, di cui Euro 4.148,20 a titolo di spese e competenze afferenti l’opera professionale prestata dal legale in favore della Curatela nel giudizio di primo grado iscritto al numero 451/93 R.G.A.C. del Tribunale di Rossano (Euro 148,00 per spese, Euro 1.600 per diritti ed Euro 2.400 per onorario, oltre IVA e CAP, come per legge) ed Euro 7.150,00 per spese e competenze afferenti l’opera professionale prestata dal medesimo legale nel giudizio di secondo grado iscritto al n. 1419/04 R.G.A.C. della Corte di Appello di Catanzaro (Euro 350 per spese, Euro 2.101 per diritti, Euro 4.700 per onorario, oltre IVA e CAP come per legge). Avverso il suddetto decreto insorgeva l’Avv. P., proponendo reclamo al collegio del Tribunale di Rossano, depositato il 4/9/2009, con il quale, chiedeva la revoca dell’ordinanza suddetta riguardo solo alla quantificazione e liquidazione delle spese e competenze relative alla (sola) attività svolta in favore delle Curatela, sia in primo grado che in grado di appello (oltre che per l’attività successiva fino alla presentazione dell’istanza dell’8/10/2008), per come esposte nelle specifiche rispettivamente presentate al G.D. e rispettivamente allegate alle distinte istanze depositate in data 23/6/2008 (quella relativa al primo grado) ed in data 8/10/2008 (quella relativa al secondo grado). Sulla base di ciò, l’Avv. P., conclusivamente, chiedeva che, previo annullamento del provvedimento del G.D., gli fossero riconosciute le seguenti somme: per l’attività resa in primo grado in favore della sola Curatela (eccettuata, quindi, l’attività svolta in favore della società in bonis), la somma di Euro 9.149,53 (comprensiva di rimborso forfettario, CAP ed IVA); per l’attività resa in grado di appello in favore della Curatela fino alla emanazione della sentenza e per quella successiva, fino alla presentazione della relativa istanza al G.D., la somma di Euro 31.138,43 (comprensiva di rimborso forfettario, CAP ed IVA. Il tribunale fallimentare di Rossano, rigettava il reclamo con decreto del 13.4.10 depositato il 21/4/2010, comunicato al ricorrente il 4/5/2010. Avverso detto provvedimento ricorre per cassazione l’avv.to P. sulla base di sette motivi cui non resiste con controricorso il fallimento.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente, assumendo di avere prodotto i documenti attestanti l’attività svolta sin dal momento della istanza di liquidazione al giudice delegato, deduce l’erroneità della statuizione rinvenibile nel decreto impugnato, per la quale "il difensore non ha prodotto gli atti dei procedimenti in merito ai quali chiede una liquidazione maggiore rispetto a quella operata nel provvedimento impugnato, con ciò precludendo al collegio una valutazione diretta dell’attività espletata".

Con il secondo motivo lamenta la mancata acquisizione del fascicolo fallimentare da parte del tribunale.

Con il terzo motivo assume la violazione dell’art. 115 c.p.c., per non avere il Tribunale dato corso alle proprie istanze istruttorie di acquisizione della documentazione prodotta innanzi al giudice delegato.

Con il quarto motivo assume che non era proprio onere specificare se nelle singole voci si era andati al di sotto dei minimi tariffati, ma era compito del giudice delegato, a fronte della presentazione della nota spese indicare le ragioni per cui si discostava da esse.

Con il quinto motivo deduce che nel caso di specie non poteva trovare applicazione la norma di cui al D.L. n. 233 del 2006, art. 2, che ha eliminato l’obbligo per il giudice di osservare i minimi tariffari.

Con il sesto motivo ribadisce il proprio diritto a vedersi riconosciuto il rimborso forfettario delle spese generali.

Con il settimo motivo deduce la mancanza di motivazione del decreto impugnato.

I primi tre motivi, tra loro connessi, possono essere esaminati congiuntamente e gli stessi si rivelano fondati.

Premesso che nel caso di specie trova applicazione ratione temporis la normativa della legge fallimentare anteriore alla novellazione operata nel 2006 e nel 2007, si osserva che v& giurisprudenza di questa Corte ha costantemente effettuato, in tema di acquisizione del fascicolo fallimentare da parte del tribunale, una distinzione tra il giudizio di opposizione a sentenza dichiarativa di fallimento e quello di opposizione allo stato passivo.

Mentre per il primo il fascicolo della procedura è acquisibile d’ufficio, in ragione della natura inquisitoria del procedimento che porta all’apertura del fallimento e del quale l’opposizione costituisce la prosecuzione, nel secondo, invece, cui si applica il principio dispositivo, il materiale probatorio è quello prodotto dalle parti o acquisito dal giudice, ai sensi degli artt. 210 e 213 c.p.c., ed è solo quel materiale che ha titolo a restare nel processo (Cass. 22711/10; Cass. n. 24415 del2009; Cass. n. 10118 del 2006) senza che sia,quindi, richiesta l’acquisizione del fascicolo d’ufficio.

Per quanto riguarda il reclamo L. Fall., ex art. 26, avverso i provvedimenti del giudice delegato è pacifico – sempre in relazione alla normativa fallimentare antecedente la riforma del 2006-2007 – che a tale procedimento d’impugnazione, quando si controverta su situazioni incidenti su diritti soggettivi, trovano applicazione le norme generali dei procedimenti camerali (artt. 737 – 742 bis c.p.c.) (Cass. 1401/96; Cass. 4584/99; Cass. 9930/05) in particolare con riferimento al rispetto del principio del contraddittorio.

In tale contesto, peraltro,è stato ritenuto, nel vigore della precedente formulazione della L. Fall., art. 26, che il reclamo apre un procedimento di tipo inquisitorio, nel quale il tribunale, nell’esercizio delle proprie funzioni di controllo sull’operato del giudice delegato, non è vincolato alle richieste delle parti" (Cass. 21 febbraio 1992, n.2129) ed agisce quale "organo supremo", investito di "tutta la procedura", ai sensi della L. Fall., art. 23; per cui, appunto, si sostituisce al G.D. nell’esercizio delle attribuzioni di quest’ultimo. (Cass. 15298/00) e dunque la conoscenza ufficiale di ogni atto o documento ad essa relativo ben può essere posta a fondamento della decisione, pur se quell’atto o quel documento non abbiano formato oggetto del contraddicono, nei confronti nel reclamante sul procedimento in camera di consiglio (Cass. 5887/98).

Il tribunale avrebbe, pertanto, dovuto decidere sulla base di quanto contenuto nel fascicolo fallimentare e, in particolare, sulla documentazione presentata dal ricorrente al giudice delegato in allegato alla richiesta di liquidazione della parcella, senza che vi fosse uno specifico onere probatorio a carico dell’odierno ricorrente, avendo questi già assolto al detto onere con la produzione innanzi al giudice delegato.

Il quarto motivo è anch’esso fondato.

Invero questa Corte ha ripetutamente affermato che, in tema di liquidazione delle spese processuali, il giudice, in presenza di una nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, non può limitarsi ad una globale determinazione dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato in misura inferiore a quelli esposti, ma ha l’onere di dare adeguata motivazione dell’eliminazione e della riduzione di voci da lui operata, (ex plurimis, da ultimo Cass. 7293/11; Cass. 23059/09; Cass. 4404/09).

Nel caso di specie, è pacifico che il giudice delegato non ebbe a indicare le voci eliminate o ridotte rispetto alla nota spese.

In tale contesto è di tutta evidenza che il ricorrente non era in condizione di censurare la violazione dei minimi tariffari. non essendo possibile conoscere le voci escluse e quelle riconosciute.

A tale proposito va sottolineato che il giudice d’appello, (al quale nel caso di specie deve ritenersi equiparato il tribunale sul reclamo) in presenza di contestazioni sul valore della causa e, quindi sulla tariffa applicabile, nonchè sui criteri di applicazione delle voci liquidate a titolo di onorari e di diritti, non può limitarsi ad una generica conferma della liquidazione globale imposta dal primo giudice, ma deve rideterminare, in presenza di una nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, (nella specie regolarmente depositata) l’ammontare del compenso dovuto al professionista, specificando il sistema di liquidazione adottato e la tariffa professionale applicabile alla controversia, onde consentire l’accertamento della conformità della liquidazione a quanto risulta dagli atti e dalle tariffe, anche in relazione all’inderogabilità dei minimi e dei massimi tariffari (Cass. 21932/06; Cass. 19419/09).

Il motivo va pertanto accolto.

I restanti motivi restano assorbiti.

Il ricorso va, pertanto, accolto nei termini di cui in motivazione,.

La sentenza impugnata va di conseguenza cassata con rinvio al Tribunale di Rossano, in diversa composizione, che si atterrà nel decidere ai principi di diritto dianzi enunciati e che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

Accoglie i primi quattro motivi del ricorso,assorbiti gli altri, cassa il provvedimento impugnato e rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Rossano in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 15 marzo 2012.

Depositato in Cancelleria il 5 aprile 2012

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