Cass. civ. Sez. I, Sent., 05-04-2012, n. 5496 Divorzio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Roma con sentenza del 7 ottobre 2009 ha confermato quella in data 25 luglio 2002 del Tribunale che dichiarata la cessazione degli effetti civili del matrimonio tra L.R. ed R.A. aveva condannato quest’ultimo a corrispondere all’ex coniuge un assegno divorzile di Euro 450 mensili. Ha osservato, al riguardo (che le condizioni economiche della L. non erano comparabili con quelle del R., proprietario dell’appartamento in cui risiede, nonchè di altre unità immobiliari vendute negli anni 1995-1999 con il conseguimento del relativo prezzo, ed ancora di titoli per importi non modesti; che infine malgrado la relativamente giovane età aveva ritenuto di abbandonare la propria attività lavorativa senza spiegarne le effettive ragioni.

Per la cassazione della sentenza, quest’ultimo ha proposto ricorso per due motivi; mentre L.A., quale erede di R., deceduta nelle more del giudizio, non ha spiegato difese.

Motivi della decisione

Con il primo motivo, il R. deducendo vizi di omessa ed insufficiente motivazione, censura la sentenza impugnata perchè assolutamente carente di motivazione in ordine alle ragioni per cui era stato attribuito l’assegno di divorzio, per le quali la Corte di appello si era limitata a rinviare puramente e semplicemente alla decisione di primo grado; la quale d’altra parte non aveva tenuto presente: a) che le sue condizioni di salute non gli avevano permesso di lavorare, nè di acquisire il diritto al conseguimento della pensione di vecchiaia; b) che proprio per tale stato di salute aveva dovuto vendere i suoi cespiti immobiliari impiegando i ricavi per il suo sostentamento e per il pagamento dell’assegno di divorzio; c) che la controparte aveva conseguito, o comunque avrebbe potuto conseguire, a sua volta, una pensione di vecchiaia o comunque quella sociale.

Con il secondo motivo, deducendo violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. si duole che la sentenza abbia omesso qualsiasi risposta in merito alla propria richiesta di riduzione dell’assegno, peraltro fondata anche sul rigetto della pensione sociale da parte dell’INPS che aveva sensibilmente ridotto le proprie possibilità di pagamento dell’assegno.

Le censure sono in parte inammissibili ed in parte infondate.

Non è anzitutto esatto che la sentenza impugnata si sia limitata a recepire per relationem la motivazione della decisione del Tribunale, avendo invece specificamente e dettagliatamente elencato le ragioni che inducevano a ritenere il R. titolare di una situazione patrimoniale, tale da consentirgli la corresponsione dell’assegno all’ex coniuge, ricavata: a) dall’aver abbandonato in età relativamente giovane la propria attività lavorativa, rinunciando alla retribuzione regolare, nonchè al diritto ad acquisire la pensione di vecchiaia, senza alcuna plausibile ragione: tale non potendosi considerare il riferimento a generici e non documentati motivi di salute prospettati ai giudici di primo grado; b) la titolarità di un cospicuo patrimonio immobiliare dapprima concesso in locazione e poi posto in vendita con la conseguente acquisizione dei relativi ricavi; c) la proprietà di un appartamento per abitarvi e la comproprietà di quello ove aveva vissuto con l’ex coniuge; d) la proprietà di titoli per importi non modesti. Ed in forza di detta situazione economica ha considerato congruo anche l’importo dell’assegno pari ad Euro 450 mensili attribuito dal Tribunale alla L. di cui invece ha ritenuto documentate le precarie condizioni economiche ed il loro deterioramento in seguito alla cessazione del matrimonio: perciò dando una risposta adeguata, seppur sfavorevole, anche alla richiesta subordinata del ricorrente rivolta ad ottenerne la riduzione della misura determinata dai primi giudici. E con ciò soddisfacendo all’esigenza di adeguata motivazione per la quale è necessario soltanto che il raggiunto convincimento risulti da un esame logico e coerente di quelle, tra le prospettazioni delle parti e le emergenze istruttorie, che siano state ritenute di per sè sole idonee e sufficienti a giustificarlo.

D’altra parte nessuna delle censure contenute nel ricorso tiene in alcun conto la ricostruzione patrimoniale suddetta, considerata dal R. tamquam non esset, ma muove dal presupposto invece disatteso da entrambi i giudici di merito, che egli abbia dovuto rinunciare alla propria attività lavorativa per motivi di salute, e che sempre per tale ragione sia stato successivamente costretto ad alienare il suo patrimonio immobiliare;senza alcuna indicazione di carenze o lacune nelle argomentazioni sulle quali si basa la ricostruzione suddetta ond’è che le doglianze si risolvono da un lato, nel far valere la non rispondenza della stessa all’opinione che di essi abbia il ricorrente; e dall’altro in una altrettanto inammissibile istanza di revisione delle valutazioni effettuate alla stregua delle menzionate risultanze istruttorie ed, in base ad esse, delle conclusioni raggiunte dal giudice suddetto. Nessuna pronuncia va emessa in ordine alle spese processuali in quanto L.A. non ha spiegato difese.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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