Cass. civ. Sez. I, Sent., 05-04-2012, n. 5491 Ammissione al passivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto n. 5341 depositato il 23 dicembre 2009 e notificato il 2.2. 2010, il Tribunale di Treviso ha respinto l’opposizione proposta da Z.C. allo stato passivo del fallimento E Con Conegliano Veneto s.r.l. per ottenere l’ammissione in privilegio del credito, escluso in sede di verifica, relativo al t.f.r. maturato in conseguenza d’attività lavorativa prestata alle dipendenze della società fallita, e quindi declaratoria di cessazione della materia del contendere sulla base di accordo sindacale intervenuto il 2.12.2009 con la società SAVNO, affittuaria dell’azienda. Il rigetto si fonda su duplice ordine di considerazioni: 1.-che il rapporto lavorativo non è cessato in quanto è proseguito senza soluzione di continuità in capo all’affittuaria dell’azienda società SAVNO, in forza di contratto stipulato il 6 aprile 2009 in sede concorsuale, nè alcuna delle parti aveva esercitato recesso dal rapporto; 2.- che l’accollo, di natura privativa, è condizionato alla liberazione del fallimento di ogni proprio obbligo nei confronti dei lavoratori, fatto non riscontrato. Di qui la pronuncia di condanna dell’opponente alle spese giudiziali.

Il decreto è stata impugnato dallo Z. col presente ricorso articolato in unico mezzo ulteriormente illustrato con memoria difensiva depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Il curatore della procedura fallimentare intimata ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

Venendo in rilievo in linea preliminare, deve rigettarsi l’eccezione del controricorrente d’inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza d’interesse, che certamente residua in capo al ricorrente in ordine alla richiesta di pronuncia favorevole relativa al governo delle spese, nonostante sia intervenuto l’accollo liberatorio da parte della Savno del debito per t.f.r. maturato a carico del fallimento. Il ricorrente denuncia infatti violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e censura l’impugnato decreto nella parte in cui lo condanna al pagamento delle spese processuali ravvisandone la soccombenza virtuale.

I motivi in cui si articola il ricorso, congiuntamente esaminabili perchè connessi logicamente, cui è palesemente estraneo ogni profilo che attenga alla valutazione di merito della vicenda fattuale, sono fondati e meritano accoglimento. Il Tribunale di Treviso, secondo quanto riferito in narrativa, ha ravvisato la soccombenza virtuale dell’istante, che ne ha giustificato la condanna alla refusione delle spese di giudizio, sulla considerazione che il rapporto lavorativo non è cessato in quanto è proseguito senza soluzione di continuità in capo all’affittuaria dell’azienda società SAVNO, in forza di contratto stipulato il 6 aprile 2009 in sede concorsuale, nessuna delle parti aveva esercitato recesso dal rapporto, e l’accollo, di natura privativa, risultava condizionato alla liberazione del fallimento di ogni proprio obbligo nei confronti dei lavoratori, fatto non riscontrato, in tal modo incorrendo nella denunciata violazione del disposto della L. n. 428 del 1990, art. 47, che prevede deroga al disposto dell’art. 2112 c.c. nel caso di trasferimento di imprese dichiarate fallite se l’accordo che prevede il mantenimento anche parziale dell’occupazione preveda condizioni di miglior favore. Non ha invero il giudice del merito rilevato che il menzionato accordo che ha escluso la garanzia della solidarietà per quanto attiene al t.f.r. sancita nell’art. 2112 c.c. e previsto il trasferimento di tale voce al momento della cessione dell’azienda ai sensi della L. n. 428 del 1990, art. 47, venne concluso il 6 aprile 2009, dunque successivamente alla data in cui lo Z. propose la domanda d’ammissione allo stato passivo, nè ha considerato che questi, per l’appunto, stante la situazione d’incertezza sul t.f.r. maturato sino al 6.4.2009, per non perdere il proprio diritto, aveva interesse a quella richiesta, e poi ad insistervi in sede d’opposizione. Giustificata era dunque la prospettata cessazione della materia del contendere per la carenza d’ interesse sopravvenuta in corso di giudizio, con la conseguente compensazione delle spese del giudizio.

Ne discende l’accoglimento del ricorso, cui consegue la cassazione del decreto impugnato con pronuncia nel merito, non necessitando ulteriori accertamenti istruttori, che dispone la compensazione delle spese del giudizio di merito.

Le spese della presente fase di legittimità, secondo il regime della soccombenza, vengono poste a carico del resistente e liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato e decidendo nel merito dichiara cessata la materia del contendere e compensa le spese del giudizio d’opposizione a stato passivo. Condanna il controricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità liquidandole in complessivi Euro 900,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali ed accessori di legge e compensa per l’intero le spese delle fasi di merito.

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