Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-09-2011) 24-10-2011, n. 38264

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con istanza in data 19.4.2010 i difensori di P.G. chiedevano alla Corte di appello di Ancona il riconoscimento della continuazione tra due rapine giudicate con sentenze della suddetta Corte l’11 e il 12 gennaio 2010, rappresentando che i delitti erano stati commessi in un lasso di tempo ravvicinato (una rapina il 18 luglio e l’altra il 17 ottobre del 2008), con identiche modalità, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, in quanto il P., dopo essere stato messo in cassa di integrazione, si era associato ad altri conterranei per commettere rapine nelle Marche al fine di mantenere la sua famiglia.

La Corte di appello di Ancona, con ordinanza in data 2.7.2010, rigettava l’istanza con la seguente motivazione.

Dopo aver riportato la massima della Cassazione dedotta dalla sentenza della Sez. 1 n. 39723 del 30.11.2006 sui criteri da utilizzare in fase esecutiva per applicare l’istituto della continuazione tra più reati, rilevava che il P. non aveva dimostrato l’esistenza di un preventivo programma criminoso riguardante una serie ben individuata di illeciti e che pertanto, benchè nella specie si trattasse di reati omogenei commessi in tempi ravvicinati tra loro, gli stessi si dovevano considerare l’espressione di una generica risoluzione delinquenziale e il frutto di autonome determinazioni.

Ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta ordinanza il difensore di P.G. chiedendo, in via preliminare, l’annullamento senza rinvio del provvedimento, con applicazione ai delitti in questione dell’istituto della continuazione e, in via subordinata, l’annullamento con rinvio dell’ordinanza al giudice competente, deducendo come motivo la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.

La Corte di appello avrebbe dovuto basarsi, per stabilire la sussistenza o meno di un medesimo disegno criminoso, su indici presuntivi che erano stati puntualmente indicati con l’istanza del 19.4.2010, mentre aveva richiesto la deduzione di un programma criminoso definito che avrebbe dovuto fornire il condannato.

Altro indice dell’esistenza di un unico programma criminoso si poteva trarre dalla motivazione della sentenza del 22.7.2009, la quale aveva affermato che dagli atti risultava un programmato concerto con altri soggetti per cui nello spazio di 3-4 mesi risultavano commesse ben tre rapine commesse in Ancona dal gruppo.

La Corte di appello non aveva tenuto conto neppure della giurisprudenza più recente della Corte di cassazione, nella quale si stabilisce che sul condannato non grava l’onere della prova, ma solo un onere di allegazione degli elementi di fatto e delle ragioni sulle cui basi possa poggiare la tesi della riconducibilità dei vari reati ad un’identica deliberazione preventiva.

Motivi della decisione

Non può essere accolta la richiesta principale – di annullare senza rinvio l’ordinanza impugnata ed applicare la continuazione tra le suddette rapine – poichè non spetta a questa Corte esprimere giudizi di merito, ma solo verificare la legittimità del provvedimento sotto l’aspetto logico giuridico. Deve essere accolta, invece, la richiesta subordinata, in quanto l’ordinanza impugnata contraddice un principio di diritto ripetutamente affermato da questa Corte in materia di applicazione della continuazione in sede di esecuzione: sull’istante non grava l’onere di dimostrare che tra i reati indicati sussiste il vincolo della continuazione, perchè commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, ma solo quello di indicare gli estremi dei provvedimenti con i quali è stato definito il giudizio dei reati per i quali si chiede l’applicazione dell’istituto della continuazione (non è obbligatoria la produzione dei suddetti provvedimenti, come si deduce dal disposto dell’art. 186 disp. att. c.p.p.) e manifestare le ragioni dell’istanza, rappresentando i motivi in base ai quali tra gli stessi reati si chiede il riconoscimento del vincolo della continuazione.

Spetta poi al giudice, nel contraddittorio delle parti e dopo l’esame degli elementi acquisiti, accertare se sussista o meno il vincolo della continuazione anche solo tra alcuni dei reati indicati nell’istanza, tenendo conto degli indici presuntivi ripetutamente richiamati dalla giurisprudenza di questa Corte, senza quindi pretendere che il condannato debba necessariamente confessare la commissione dei reati per i quali è stato condannato ed indicare i tempi e i modi nei quali li aveva concepiti.

Nel caso in esame, l’istante ha compiutamente assolto il suddetto onere di allegazione degli elementi in base ai quali ha chiesto il riconoscimento della continuazione tra le due menzionate rapine, ma la Corte di appello, senza prendere accuratamente in esame l’insieme degli elementi dedotti e quelli risultanti dai provvedimenti giudiziari, ha respinto l’istanza con la motivazione che il P. non aveva dimostrato e neppure dedotto il preventivo programma criminoso di una serie ben individuata di illeciti.

Per le ragioni indicate, la suddetta motivazione è inaccettabile e del tutto carente. Pertanto l’ordinanza deve essere annullata, con rinvio per nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di appello di Ancona.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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