Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 27-09-2011) 24-10-2011, n. 38201 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

p. 1. Con ordinanza del 16 marzo 2011 il Tribunale di Firenze, in funzione di giudice del riesame, confermava il provvedimento di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere a B.G., Z.S. e A.G., indagati per concorso nel reato di omicidio volontario pluriaggravato in persona del commerciante C.C., ucciso a colpi di pistola verso le ore 21 del 4 maggio 1999 appena uscito da un circolo ricreativo di Montemurlo (Prato).

Il Tribunale desumeva i gravi indizi di colpevolezza dalle dichiarazioni accusatone rese da S.G., autore confesso del delitto, da cui risultava:

– che l’omicidio era stato approvato da B.G. e Z. S., capi dell’omonimo clan camorristico radicato nel territorio di Ercolano, i quali, appoggiando A.V. commerciante – al pari di C. – di abiti usati in quel di Prato, miravano, attraverso l’eliminazione fisica del suo diretto concorrente, a monopolizzare quel mercato;

– che l’omicidio era stato attuato il 4 maggio 1999 da S. e G.P., i quali, per portarsi sul luogo del delitto e poi fuggire, avevano utilizzato una FIAT Uno, che il giorno prima S. e A.G. avevano rubato nel parcheggio antistante un supermercato di Montecatini Terme.

Il Tribunale riteneva le dichiarazioni di S. intrinsecamente attendibili e indicava come riscontri individualizzanti i seguenti elementi:

– per B. e Z.: a) le dichiarazioni del collaboratore di giustizia S.C., al quale Z.G. aveva confidato che l’omicidio era stato voluto e approvato dai predetti indagati; b) il rinvenimento di una pistola corrispondente a quella usata per il delitto nell’arsenale posseduto dal clan Birra; c) la conversazione ambientale intercettata il 7.7.1999 all’interno dell’autovettura di B.E. e una lettera indirizzata da O.V. a Z.S., dalle quali emerge che A.V. aveva contratto un debito di riconoscenza con il clan Birra-Zeno per l’aiuto ricevuto nella commissione del delitto;

– per A.G.: il telepass installato sulla sua autovettura registrava che il giorno prima del delitto, in orari immediatamente antecedenti e susseguenti alla commissione del furto della nota FIAT Uno, era transitato, prima in ingresso e poi in uscita, per il casello autostradale di Montecatini Terme.

Contro l’anzidetta ordinanza tutti gli indagati ricorrono per cassazione.

2.1 B.G. e Z.S. denunciano mancanza e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza di gravi indizi di colpevolezza. Censurano in particolare:

1. che il Tribunale, da un lato, non avrebbe esposto le ragioni dell’affermata attendibilità intrinseca della chiamata in correità e, dall’altro, non avrebbe considerato che era inquinata da astio e che riferiva notizie apprese de relato;

2. che i pretesi riscontri sarebbero generici, perchè le dichiarazioni di S.C., oltre a essere anch’esse de relato, ascriverebbero il mandato a uccidere ai "vertici" del clan Birra-Zeno senza specificazioni nominative.

2.2 I ricorsi di B. e Z. sono infondati.

Il giudice a quo, attenendosi ai canoni di valutazioe elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, ha adempiuto il dovere di motivazione, illustrando le ragioni della ritenuta attendibilità intrinseca della chiamata in correità elevata da S. ("egli effettua un racconto analitico e dettagliato circa i moventi, la genesi e gli ambienti in cui viene concepito il proposito omicidiario, la meticolosa preparazione, l’esecuzione dell’omicidio e gli decadimenti successivi …") e indicando i plurimi riscontri – sopra succintamente richiamati – che confermano la veridicità del suo racconto.

In ordine alle specifiche censure proposte dai ricorrenti si osserva:

– che l’astio che il chiamante avrebbe nutrito verso gli odierni ricorrenti potrebbe essere più semplicemente riguardato come il movente della chiamata piuttosto che come un elemento perturbatore della sua genuinità;

– che la natura de relato delle informazioni date dal chiamante sul ruolo svolto dai ricorrenti nella vicenda delittuosa non ne sminuisce il valore indiziario perchè le fonti sono soggetti ( A. V. e Z.S.) intranei all’associazione criminosa a cui l’omicidio va ricondotto e, inoltre, concorrenti nella sua commissione;

– che l’attribuzione del mandato a uccidere ai "vertici" dell’associazione costituisce riscontro sufficientemente individualizzante, posto che, stando alla ricostruzione del fatto operata dai giudici di merito, gli odierni ricorrenti incarnavano quel ruolo nell’ambito del clan chiamato in causa.

I ricorsi devono dunque essere rigettati con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. p. 3.1 A.G. denuncia mancanza e manifesta illogicità della motivazione. In particolare censura:

1. il giudizio di attendibilità intrinseca della chiamata in correità, deducendo: che difetterebbe il requisito dell’autonomia, perchè il chiamante conosceva i particolari del delitto per averli appresi dalla stampa o per avere assistito al processo celebrato a carico di A.V. e conclusosi con l’assoluzione;

difetterebbe altresì il requisito della precisione, perchè il chiamante ha riferito circostanze (la presenza sul luogo del delitto del figlio della vittima e la distruzione con il fuoco dell’autovettura impiegata) che sono risultate non corrispondenti con la realtà;

2. il giudizio di attendibilità estrinseca della chiamata, deducendo che il preteso riscontro sarebbe generico, perchè, sempre dall’analisi dei dati del telepass, risultano transiti per la città di Montecatini anche nei giorni successivi al delitto; inoltre il ritenuto riscontro non fornisce alcuna conferma del fatto che il chiamante l’avesse informato del futuro impiego dell’autovettura sottratta, rendendolo in tal modo consapevole partecipe della commissione dell’omicidio. p. 3.2 Il ricorso di A.G. è fondato nei limiti di seguito precisati.

L’ordinanza impugnata, attenendosi ai criteri di valutazione elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, ha spiegato le ragioni della ritenuta attendibilità intrinseca della chiamata in correità pronunciata da S. (v. sopra), superando senza incorrere nel vizio di manifesta illogicità talune secondarie incongruenze pur presenti nella sua narrazione, cosicchè i rilievi esposti in ricorso si appalesano come una sollecitazione a compiere valutazioni di merito non consentite al giudice di legittimità.

Le censure sul valore di riscontro attribuito dal Tribunale alle registrazioni del telepass sono infondate, perchè la prossimità degli orari di ingresso e uscita attraverso il casello autostradale di Montecatini (ore 15,25 e ore 16,22) all’ora di commissione del furto (ore 16) è tale da configurare una coincidenza il cui valore dimostrativo non può essere inficiato dalla circostanza che il ricorrente si recò a Montecatini anche in giorni successivi alla data del delitto.

E’ fondato, invece, il motivo che denuncia mancanza di motivazione in ordine ai gravi indizi con riferimento al delitto di omicidio.

Infatti le registrazioni del telepass riscontrano le dichiarazioni di S. sulla partecipazione del ricorrente alla commissione del furto dell’autovettura, ma sono neutre e mute sul punto ch’egli fosse stato informato che l’auto sottratta sarebbe servita agli autori dell’omicidio per portarsi sul luogo del delitto. Su questo passaggio cruciale l’ordinanza impugnata non indica elementi di riscontro se non la parola di S., che, evidentemente, non può riscontrare se stessa.

L’ordinanza impugnata deve dunque essere annullata con rinvio al Tribunale affinchè proceda a nuovo esame dei gravi indizi concernenti l’accusa di concorso in omicidio volontario, tenendo presente che, ai sensi dell’art. 192 cod. proc. pen., comma 3, la chiamata in correità proveniente dal coimputato, per integrare il requisito della gravità indiziaria, deve essere assistita da altri elementi individualizzanti, esterni ad essa, che ne confermino l’attendibilità.

P.Q.M.

La Corte di cassazione annulla nei confronti di A.G. l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Firenze.

Rigetta i ricorsi di B.G. e Z.S., che condanna al pagamento delle spese processuali.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1 ter.

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