Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 05-04-2012, n. 5469 Contratto a termine

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

B.T. chiede l’annullamento della sentenza della Corte d’appello di Roma, pubblicata il 5 settembre 2008.

La B. convenne in giudizio la RAI chiedendo che venisse dichiarata la nullità delle clausole di apposizione del termine ai quattro contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con la convenuta. Il Tribunale di Roma accolse la sua domanda. La Corte d’appello ha riformato la decisione, ritenendo che tali contratti, stipulati tra il 1999 e il 2003, fossero legittimi perchè stipulati ai sensi della L. n. 56 del 1987, art. 23 e del punto n. 1 dell’accordo 5 aprile 1997.

La ricorrente propone sei motivi di ricorso. La RAI ha notificato e depositato controricorso contenente ricorso incidentale, basato su di un unico motivo. Entrambe le parti hanno depositato una memoria.

Con il primo motivo la ricorrente denunzia un vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio. L’errore che viene imputato alla sentenza è di aver fondato la decisione su di una clausola di un contratto collettivo, menzionato per la prima volta in giudizio nella motivazione della sentenza della Corte, che mai la lavoratrice o la parte datoriale avevano indicato o allegato, e soprattutto che, essendo dettato esclusivamente per il personale non giornalistico della RAI, non ha alcun rilievo nella controversia, posto che la lavoratrice è pacificamente una giornalista.

Con il secondo motivo si ritorna sul tema denunziando una violazione di legge e precisamente dell’art. 1322 c.c., comma 1, degli artt. 1362, 1363 e 1372 c.c.. Si chiede alla Corte di stabilire se, a fronte della adesione delle parti ad un diverso contratto collettivo integrativo aziendale, contenuta nel contratto individuale di lavoro, possa o meno giudizialmente disporsi che il rapporto di lavoro sia regolato da altro e diverso contratto integrativo, anche se quest’ultimo è sottoscritto dal medesimo datore di lavoro in relazione ad una distinta attività dal medesimo esercitata e per diversa categoria professionale.

La società non controbatte nel merito delle censure, ma contesta che sussistano gli estremi del vizio di motivazione e assume che la fattispecie integrerebbe gli estremi dell’errore revocatorio ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, e che il quesito sarebbe fuori quadro perchè la sentenza impugnata non è fondata sulla tesi dell’applicabilità di un accordo integrativo aziendale diverso rispetto a quello disciplinante l’attività della lavoratrice in questione.

Le obiezioni non sono fondate. La sentenza afferma che i vari contratti a termine intercorsi tra le parti sono legittimi perchè si basano sul punto n. 1 dell’accordo sindacale del 5 aprile 1997, che regola la materia in forza della delega alla contrattazione collettiva contenuta nella L. n. 56 del 1987, art. 23.

E’ fuori discussione l’errore nella indicazione dell’accordo collettivo, perchè la B. è una giornalista e quell’accordo(in forza del quale la Corte d’appello ha deciso la controversia riguarda il personale non giornalistico.

Tale errore integra una violazione di norma di diritto, come correttamente si sostiene nel secondo motivo e non un errore revocatorio ex art. 395 c.p.c., n. 4. L’errore non concerne un fatto.

La sentenza ha violato la normativa, legale e contrattuale collettiva che regola la materia, nel momento in cui ha basato la decisione su di un contratto collettivo che non concerne il rapporto di lavoro giornalistico e non è richiamato nelle lettere di assunzione della ricorrente.

L’accoglimento del secondo motivo comporta l’assopimento del terzo, del quarto e del quinto motivo, tutti connessi alla contrattazione collettiva erroneamente richiamata per le ragioni dette, nonchè il sesto che in modo peraltro inammissibile chiede la rivalutazione della prova testimoniale, con una nuova valutazione di merito sempre all’interno di un quadro di riferimento normativo errato.

Il ricorso incidentale, condizionato all’accoglimento del ricorso principale, concerne l’eccezione di estinzione del rapporto per mutuo consenso, eccezione che costituiva il primo motivo di appello della RAI, rigettato dalla Corte d’appello con specifica motivazione. Tale decisione e la relativa motivazione sono conformi, quanto ai principi, alla giurisprudenza di questa Corte di cassazione per cui il mero decorso del tempo non è sufficiente a fondare l’estinzione del rapporto per mutuo consenso. La relativa motivazione del giudice di merito in cui, ribadito questo principio, si spiegano le ragioni per le quali la percezione del trattamento di fine rapporto non può costituire elemento aggiuntivo atto a indicare la volontà inequivoca di estinguere il rapporto, è coerente e priva di contraddizioni. Il motivo risulta pertanto inammissibile perchè concerne il merito della decisione.

In conclusione, il ricorso deve essere accolto perchè la Corte ha basato la sua decisione su di un contratto collettivo non applicabile al rapporto di lavoro tra la RAI e la ricorrente. Gli altri motivi risultano assorbiti. Il ricorso incidentale è inammissibile.

La sentenza deve essere cassata con rinvio, in relazione al motivo accolto, al giudice di merito indicato in dispositivo, che deciderà la controversia anche in ordine alle spese.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, accoglie il secondo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri e dichiara inammissibile il ricorso incidentale. Cassa in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, anche per le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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