Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 05-04-2012, n. 5448 Procedimento e sanzioni disciplinari:

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’avv. T.L. venne colpito dalla sanzione disciplinare della cancellazione dall’Albo con decisione del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bolzano del 27.12.2007 che aveva ravvisato la sua responsabilità per i numerosi addebiti contestatigli, commessi in (OMISSIS), tutti integranti plurime violazioni delle disposizioni del Codice Deontologico Forense. Era stato contestato il tardivo versamento di somme a creditori, la inadempienza all’obbligo di tempestiva informazione dei clienti, la accettazione di un incarico in conflitto di interessi con una delle parti precedentemente rappresentata, il ritardato pagamento di somme dovute a cliente, la indebita utilizzazione di un consistente deposito fiduciario di denaro, la omessa immediata consegna di documenti a clienti che avevano revocato il mandato, la omessa risposta a richieste di chiarimenti inoltrate dal COA, la mancata fornitura dei necessari chiarimenti sollecitati in relazione alle lamentate omesse informazioni ai clienti. Le incolpazioni, originanti distinte procedure, erano state quindi trattate unitariamente dal COA che aveva riuniti i procedimenti e che, assunte deposizioni testimoniali ed acquisiti documenti, con la decisione del 27.12.2007, ha applicato la rammentata sanzione. Il Consiglio Nazionale Forense, adito su ricorso dell’avv. T.L., con decisione depositata il 25.2.2011, ha modificato in melius il trattamento sanzionatorio irrogando la sospensione per anni uno, ma ha confermato l’impianto accusatorio afferente le molteplici gravi scorrettezze verso i clienti e verso i colleghi contestate. In motivazione il CNF ha osservato: che le contestazioni di cui al procedimento 4/06, afferenti tardivi adempimenti di obbligazioni solutorie e tardive informazioni ai mandanti nonchè conflitto di interesse nel rappresentare una delle parti già assistita in procedimento di separazione, erano provate ed ammesse, così come quelle afferenti il proc. 10/06 che per la loro gravità, notorietà e reiterazione assumevano profili di rilevante gravità, che del pari per i fatti di cui ai procc. 19 e 21/06 e 4/07 emergeva anche che le mancate informative o il ritardo nella restituzione o nella consegna di documenti delineavano una scorrettezza assai grave anche perchè reiterata e mantenuta nonostante l’intervento del COA o di un notaio, tutti sollecitanti le informazioni, che ancor più grave era la assistenza legale ad un coniuge in sede contenziosa quando il professionista lo aveva precedentemente assistito in sede di separazione consensuale, che, con riguardo alla questione della abusiva utilizzazione di somme avute in deposito fiduciario era da considerarsi che il proscioglimento irrevocabile dalla imputazione con la formula il fatto non sussiste non inibiva al CNF di valutare la scorrettezza disciplinare residua consistita nella mancata richiesta di istruzioni al cliente sulla gestione del deposito fiduciario ma imponeva al contempo di ridurre la sanzione irroganda proprio perchè la sentenza penale aveva escluso l’appropriazione indebita e sol lasciato la valutazione della scorrettezza residua del comportamento. Per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso l’interessato con atto 23.11.2011 deducendo due motivi di rito (mancata decisione sulla istanza di rimessione in termini e tardiva notifica della decisione del 25.2.2011) ed un motivo afferente la violazione dell’obbligo di sospendere la decisione in pendenza di processo penale per gli stessi fatti.

Motivi della decisione

Ritiene il Collegio che il ricorso debba essere rigettato, essendo non condivisibili o non ammissibili le proposte censure. Primo motivo: esso si duole della mancata comunicazione della udienza nella quale la causa venne trattenuta in decisione e del mancato accoglimento della formulata istanza di rifissazione. La censura è inconsistente posto che la ritualità della comunicazione della udienza di discussione è indiscutibile, essa essendo stata effettuata su istanza di differimento dell’interessato mediante comunicazione al domicilio eletto (S.U. 10959 del 2001, 22889 e 23000 del 2004) ed è lo stesso odierno ricorrente ad imputare a "disguido" del domiciliatario la mancata informazione nei suoi confronti. Quindi l’udienza del 18.3.2010 si tenne regolarmente e la remissione in termini successivamente invocata non avrebbe potuto in alcun caso essere accordata (come non fu) essendo stata la decisione già riservata e non essendo stato prospettato alcun motivo per far ritenere tale riserva indebitamente assunta per lesione del diritto dell’avv. T. alla illustrazione delle già proposte ragioni.

Secondo motivo: esso si duole della violazione del termine di deposito della sentenza posto che la decisione assunta il 18.3.2010 e depositata il 25.2.2011 venne comunicata solo il 21.10.2011. Non si scorge quale lesione del diritto sia derivata dalla tardività nella pubblicazione della decisione e nella susseguente comunicazione, potendosi solo – astrattamente – ipotizzare danni ricollegabili al ritardo nella definizione del ricorso ma non certo invalidità della pronuncia tardivamente depositata e tardivamente comunicata. E pertanto il motivo è inammissibile.

Terzo motivo: esso lamenta l’eccesso di potere commesso con la decisione assunta senza aver previamente sospeso il procedimento per pendenza penale: anche se la pregiudizialità riguardava il solo rapporto tra processo penale e incolpazione di cui al proced. 21/06 la mancata sospensione del procedimento – d’obbligo alla luce dell’art. 653 c.p.p. – avrebbe inficiato di nullità l’intera sentenza.

Sul punto il ricorrente ricorda S.U. 2223 del 2010 che ha statuito (principio ribadito con le successive decisioni 10071 e 16169 del 2011) come, per effetto della modifica dell’art. 653 c.p.p. disposta dalla L. n. 97 del 2001, art. 1 – per la quale l’efficacia di giudicato della sentenza penale di assoluzione, nel giudizio disciplinare, non è più limitata alla sentenza dibattimentale e si estende, oltre alle ipotesi di assoluzione perchè "il fatto non sussiste" e "l’imputato non lo ha commesso", a quella disposta perchè "il fatto non costituisce reato" – le volte in cui l’addebito disciplinare abbia ad oggetto gli stessi fatti contestati in sede penale, è obbligatoria la sospensione del giudizio disciplinare ai sensi dell’art. 295 c.p.c.. E si è anche affermato che, riferendosi l’art. 653 c.p.p. come modificato ai procedimenti disciplinari davanti alle "pubbliche autorità", la pregiudizialità opera anche nella fase amministrativa del procedimento, quale è quella innanzi al COA. Orbene, la censura – che del tutto omette di contestare il fatto che il CNF abbia considerato una potenzialità residuale della contestazione disciplinare, sottoponendola anche ad una riqualificazione officiosa, e pervenendo proprio sulla base della detta assoluzione dalla imputazione penale alla applicazione di una ben più mite e conservativa sanzione – è da ritenersi affatto inammissibile per evidente difetto di interesse ad impugnare la mancata sospensione. Questa Corte ha rammentato (S.U. 23778 del 2010) che il giudicato penale non preclude in sede disciplinare una rinnovata valutazione dei fatti accertati dal giudice penale, posto che sono diversi i presupposti delle rispettive responsabilità: deve invero restare fermo il solo limite dell’immutabilità dell’accertamento dei fatti nella loro materialità, operato dal giudice penale cosicchè, se è inibito al giudice disciplinare di ricostruire l’episodio posto a fondamento dell’incolpazione in modo diverso da quello risultante dalla sentenza penale dibattimentale passata in giudicato, sussiste tuttavia piena libertà di valutare i medesimi accadimenti nell’ottica dell’illecito disciplinare, con la conseguenza per la quale il giudice disciplinare non è vincolato dalle valutazioni contenute nella sentenza penale là dove esse esprimano determinazioni riconducibili a finalità del tutto distinte rispetto a quelle del giudizio disciplinare. E poichè il CNF ha preso atto del proscioglimento pieno dall’ imputazione la cui condotta era anche alla base del procedimento 21/06, incolpazione n. 2, e, pur considerata una diversa rilevanza disciplinare della condotta (una disinvolta e non informata gestione di denaro del cliente), ha proprio da tal assoluzione ricavato la conseguenza della obbligatoria drastica rideterminazione della sanzione applicata, non si scorge alcun interesse dell’avv. T. a proporre doglianza. Si respinge il ricorso senza che sia luogo a regolare le spese.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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