Cass. civ. Sez. I, Sent., 06-04-2012, n. 5634 Impugnazioni Lodo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato in data 19/12/ 2003 nei confronti dell’ing. L. la Simi 1977 società cooperativa a responsabilità limitata, proponeva impugnazione avverso il lodo arbitrale parziale deciso il 28/6/2002 e sottoscritto il 4/7/2002, nonchè avverso il lodo arbitrale definitivo deciso il 16/10/2003 sottoscritto il 4/11/2003, dichiarato esecutivo con provvedimento del Presidente del Tribunale di Catania in data 19/12/2003, depositato il 22/12/2003.

Con il lodo parziale i il collegio arbitrale aveva statuito unicamente sulla questione della competenza degli arbitri a decidere la controversia.

Con il lodo definitivo era stata determinata in Euro 156.797,87 la somma dovuta all’ing. L.A. per le causali analiticamente indicate nella parte motiva del lodo e la Cooperativa Simi 1977 era stata condannata al relativo pagamento in favore del professionista, oltre rivalutazione ed interessi dal giorno della domanda di accesso all’arbitrato al soddisfo.

Innanzi alla Corte di appello si costituiva il L. chiedendo il rigetto dell’impugnazione e proponendo, a sua volta, impugnazione incidentale.

La Corte d’appello di Catania, con sentenza 11/10, dichiarava la nullità sia del lodo parziale che di quello definitivo .

Avverso detta sentenza ricorre per cassazione il L. sulla base di cinque motivi cui non resiste la cooperativa SIMI 1977.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente deduce l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha affermato che il lodo parziale doveva essere impugnato unitamente a quello definitivo.

Con il secondo ed il terzo motivo lamenta l’erroneità della sentenza laddove ha ritenuto che, nel caso di specie, vi sarebbero stati due diversi contratti, mentre, invece, si tratterebbe di un unico contratto stipulato nel 1982 e che questo non era stato estinto per dar luogo ad un nuovo contratto.

Con il quarto motivo contesta la pronuncia sotto il profilo del vizio motivazionale laddove ha ritenuto l’inesistenza di un accordo compromissorio.

Con il quinto motivo deduce che non ricorrevano le condizioni per proporre innanzi a questa Corte regolamento di competenza.

Il primo motivo è fondato.

Il lodo parziale in data 28.6.02 ha deciso sulla "competenza" degli arbitri a decidere della controversia ritenendo la sussistenza di una valida clausola compromissoria.

Tale decisione non è stata oggetto di immediata impugnazione, ma è stata gravata successivamente insieme al lodo definitivo del 16.10.03.

Il problema che si pone è se il lodo parziale doveva essere oggetto di immediata impugnazione oppure no.

La Corte d’appello ha optato per tale seconda soluzione.

La decisione deve ritenersi erronea.

Va premesso che nel caso di specie deve applicarsi ratione temporis la normativa in tema di arbitrato conseguente alle modifiche al codice di procedura civile apportate dalla L. n. 25 del 1994, e che;

secondo tale regime, il lodo parziale è impugnabile soltanto unitamente al lodo definitivo, non essendo utilizzabile, nel procedimento arbitrale, l’istituto della riserva facoltativa d’impugnazione (Cass. 2715/07; Cass. 2444/06) attesa la mancanza, nell’indicato procedimento, dei presupposti pratici funzionali all’applicabilità dell’istituto predetto, quali la comunicazione della sentenza parziale da parte della cancelleria e la fissazione di un’udienza successiva al deposito di detta sentenza, utile a segnare il termine finale per la formulazione della riserva. (Cass. 2566/02).

Ciò premesso, va tuttavia rilevato che l’art. 827, comma 3, prevedeva, nel vigore della normativa applicabile al caso di specie, (e prevede tuttora) che "il lodo che decide parzialmente il merito della controversia è immediatamente impugnabile, ma il lodo che risolve alcune delle questioni insorte senza definire il giudizio arbitrale è impugnabile solo unitamente al lodo definitivo", e che in relazione a tale norma questa Corte ha avuto modo di chiarire che "il termine lodo parziale esige di essere interpretato in comparazione con il concetto di sentenza non definitiva con riferimento all’art. 277 c.p.c., comma 2, art. 278 c.p.c. e art. 279 c.p.c., n. 4. Nel sistema del codice, sia le decisioni su questioni di giurisdizione o di competenza, sia le decisioni su questioni pregiudiziali attinenti al processo o su questioni preliminari di merito, sia le decisioni non esaurienti del merito, possono costituire materia di sentenze non definitive, ai sensi dell’art. 279 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione ai nn. 1, 2, 3 della stessa disposizione, e la stessa caratterizzazione riveste la "condanna generica" di cui all’art. 278; tali sentenze, infatti, si qualificano come sentenze "non definitive" suscettibili di impugnazione immediata o differita ai sensi degli artt. 340 e 361 c.p.c.. Nel procedimento arbitrale, nel quale la categoria delle questioni incidentali assume una sua autonomia rispetto al merito in funzione dell’esigenza della discriminazione tra le questioni suscettibili di decisione ad opera degli arbitri e questioni sottratte ratione materiae alla cognizione degli arbitri, l’impugnabilità immediata viene circoscritta, per volontà del legislatore della riforma, alle ipotesi di decisione non totale del merito, cioè alle ipotesi corrispondenti alla previsione dell’art. 279 c.p.c., comma 2, nn. 3 e 4: e di tale differenziazione sembra costituire espressione formale il mancato riferimento da parte del legislatore del 1994 alla nozione di non definitività" (Cass. 6522/00; v. anche Cass. 2715/00).

A tale proposito si osserva in particolare che l’art. 279, comma 2, n. 4, stabilisce che il collegio pronuncia sentenza " "quando, decidendo alcune delle questioni di cui ai nn. 1 (decisioni di questioni di giurisdizione o di competenza), 2 (decisioni di questioni pregiudiziali attinenti al processo o questioni preliminari di merito) e 3 (merito), non definisce il giudizio e impartisce distinti provvedimenti per l’istruzione della causa.

Nel caso di specie dunque, al fine di valutare l’immediata impugnabilità o meno del lodo parziale che ha escluso la nullità ovvero l’inesistenza della clausola compromissoria, occorre valutare se questo rientra in una delle ipotesi previste dall’art. 279 c.p.c., comma 2, n. 4.

La risposta non può che essere positiva dovendosi ritenere che il lodo parziale in esame, avendo riconosciuto il potere di decidere degli arbitri in virtù della esistenza di una clausola compromissoria intercorsa tra le parti, ha deciso una questione preliminare di merito ai sensi dell’art. 279 c.p.c., comma 2, n. 4, in riferimento alla ipotesi di cui allo stesso art. 279, comma 2, n. 2.

In questo senso la giurisprudenza di questa Corte, nel vigore della normativa arbitrale conseguente alla riforma introdotta dalla L. n. 25 del 1994, applicabile al caso di specie, aveva ritenuto pacifico il principio secondo cui, "gli arbitri, anche nell’arbitrato rituale, non svolgono comunque una forma sostitutiva della giurisdizione nè sono qualificabili come organi giurisdizionali dello Stato per cui la questione relativa alla loro potestas iudicandi in ragione della esistenza di una clausola compromissoria attiene al merito e non alla giurisdizione o alla competenza in quanto i rapporti tra giudici ed arbitri non si pongono sul piano della ripartizione del potere giurisdizionale tra giudici, ed il valore della clausola compromissoria consiste proprio nella rinuncia alla giurisdizione ed all’azione giudiziaria; ne deriva che, ancorchè formulata nei termini di decisione di accoglimento o rigetto di un’eccezione d’incompetenza, la decisione con cui il giudice, in presenza di un’eccezione di compromesso, risolvendo la questione così posta, chiude o non chiude il processo davanti a sè va riguardata come decisione pronunziata su questione preliminare di merito perchè inerente alla validità o all’interpretazione del compromesso o della clausola compromissoria" (Cass. sez. un. 3/8/2000 n. 527; Cass. 27/5/2005 n. 11315; Cass. 28/7/2004 n. 14234; Cass. 30/12/2003 n. 19865; Cass. 3/10/2003 n. 14223; Cass. 24681/06).

Il motivo va pertanto accolto.

Sulla questione quindi della esistenza nel caso di specie di una clausola arbitrale conferente agli arbitri la potestas iudicandi deve ritenersi formato il giudicato.

Gli altri motivi restano assorbiti dovendo le questioni da essi poste essere rivalutate, alla luce della decisione assunta dalla presente sentenza, dalla Corte d’appello di Catania in sede di rinvio che, in diversa composizione, provvedere anche a liquidare le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Catania in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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