T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 21-11-2011, n. 9135

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Società H. S.r.l. è proprietaria, il Sig. D.N. è comodatario (contratto in data 23.3.2009) e la Fondazione Bettino Craxi è subcomodataria parziale (contratto del 7.4.2009) di un appartamento ubicato in Roma, via Montevideo n. 2/a.

In data 10.7.2008 la richiamata proprietaria ha presentato la denuncia di inizio attività prot. n. CB 33015, avente ad oggetto lavori di manutenzione straordinaria. Detta D.I.A. escludeva dal proprio ambito l’aumento delle superfici utili e la modifica della destinazione d’uso dell’immobile.

Con il contratto su citato del 7.4.2009, una porzione dell’unità immobiliare in questione è stata data in subcomodato alla Fondazione Bettino Craxi "per la tenuta e la conservazione dell’Archivio Bettino Craxi, videoteca e cineteca".

Con ordinanza 13.11.2009, n. 2146, prot. n. 55774, è stata ordinata l’immediata sospensione dei lavori in relazione al cambio di destinazione d’uso con opere, da abitativo ad ufficio, dell’unità immobiliare in questione ed è stata nel contempo data comunicazione di avvio del procedimento.

Con successiva ordinanza 23.12.2009, n. 2445, prot. n. 63369, ai sensi dell’art. 16 della legge regionale n. 15/2008, è stato ingiunto il ripristino della destinazione d’uso residenziale.

Entrambi i citati provvedimenti sono stati impugnati con il presente ricorso, nel quale sono stati dedotti i seguenti motivi di doglianza:

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge regionale 2.7.1987, n. 36, come modificato dall’art. 35 della legge regionale 11.8.2008, n. 15, e dell’art. 16 della citata legge regionale n. 15/2008 – eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto dei presupposti o errore sui medesimi: dal punto di vista strutturale, l’immobile sarebbe conforme al progetto assentito, salve modeste varianti, ed, in particolare, vi si troverebbero stanze utilizzate per il pernottamento di ospiti, bagni con doccia e la cucina, i due locali più grandi sarebbero occupati da biblioteche e scaffali per la custodia e la consultazione dei documenti, ed inoltre l’accesso all’archivio sarebbe consentito solo agli studiosi che svolgono ricerche inerenti alla documentazione in esso conservata ed in concreto sarebbe davvero ridotto, per cui non si configurerebbe un ufficio in senso stretto e, pertanto, mancherebbe la "definitiva stabilità di un utilizzo diverso sul piano della rilevanza urbanistica" e non si sarebbe determinato il passaggio ad altra categoria d’uso;

2) violazione e falsa applicazione dell’art. 27 del d.P.R. 6.6.2001, n. 380, e dell’art. 14 della legge regionale n. 15/2008 – eccesso di potere per difetto dei presupposti, sotto altro profilo: essendo i lavori oggetto della D.I.A. terminati, al momento del sopralluogo, l’ordinanza di sospensione dei lavori sarebbe illegittima.

Si è costituito in giudizio il Comune di Roma, il quale ha depositato documentazione.

Con ordinanza 18.2.2010, n. 864, questo Tribunale ha respinto la domanda cautelare, proposta in via incidentale, sulla base della circostanza che nella specie si è determinato, in assenza di titolo edilizio un cambio di destinazione d’uso da una categoria ad un’altra, comportante la sanzione ripristinatoria.

Avverso detto provvedimento giurisdizionale è stato proposto appello dinanzi al Consiglio di Stato – sezione IV (ricorso n. 2511/2010), che, con ordinanza 20.4.2010, n. 1796, ha accolto l’appello, per l’effetto, riformando l’ordinanza emessa in I grado, ritenendo, "ad una prima sommaria delibazione, che, nella comparazione d’interessi e nelle more della decisione di merito," fossero "apprezzabili le ragioni di danno fatte valere dalla Fondazione ricorrente, a fronte delle ragioni di mero ripristino della legalità riferibili all’Amministrazione comunale resistente".

Nella pubblica udienza del 3.11.2011 il ricorso è stato introitato per la decisione.

Motivi della decisione

1 – Con il ricorso in esame si censurano, unitamente agli atti presupposti, i provvedimenti recanti, rispettivamente, ordine di immediata sospensione dei lavori ed ingiunzione di demolizione e di riduzione in pristino, ai sensi dell’art. 16 della legge regionale n. 15/2008, in relazione ad un cambio di destinazione d’uso di un appartamento da residenziale in ufficio.

1.1 – È necessario operare un distinguo tra i menzionati provvedimenti.

2 – Con riguardo all’ordinanza di sospensione dei lavori, occorre richiamare l’art. 27, comma 3, del d.P.R. 6.6.2001, n. 380 e s.m.i., il quale statuisce che la sospensione dei lavori ha effetto fino all’adozione ed alla notifica dei provvedimenti definitivi sanzionatori, che deve avvenire "entro quarantacinque giorni dall’ordine di sospensione dei lavori". Ciò comporta che, una volta trascorsi 45 giorni dall’adozione del provvedimento di sospensione dei lavori, esso non produce più effetti.

2.1 – La predetta ordinanza è stata notificata l’1.12.2009, mentre il ricorso è stato notificato in data 28.1.2010, vale a dire oltre il suddetto termine.

2.2 – Pertanto la proposizione del gravame è avvenuta quando ormai i ricorrenti non potevano comunque subire alcun nocumento dal provvedimento oggetto del medesimo e trarre alcun vantaggio dal suo eventuale accoglimento; ciò comporta che l’impugnativa avverso il provvedimento di sospensione dei lavori, essendo mancante della necessaria condizione dell’azione dell’interesse a ricorrere, deve essere dichiarata inammissibile.

3 – Il ricorso è invece infondato e va rigettato, con riferimento all’ordinanza demolitoria.

4 – Deve al riguardo evidenziarsi che nella specie si è pacificamente realizzato un cambio di destinazione d’uso da residenziale ad ufficio o comunque a servizi, in quanto, per stessa ammissione dei ricorrenti e come risulta dal contratto di subcomodato in data 7.4.2009, quanto meno una porzione dell’unità immobiliare in questione è utilizzata dalla Fondazione Bettino Craxi "per la tenuta e la conservazione dell’Archivio Bettino Craxi, videoteca e cineteca".

È evidente che tale uso, anche se non propriamente qualificabile come ufficio, tuttavia è ben diverso da quello residenziale, non rilevando in contrario il mantenimento della cucina e l’impiego per gli ospiti – secondo quanto affermato nell’atto di ricorso – delle camere da letto.

4.1 – Infatti, secondo quanto stabilito dall’art. 6 delle N.T.A. del P.R.G. di Roma, il quale enuclea le categorie di destinazione d’uso, qui si è realizzato il passaggio dalla categoria "abitativa" alla categoria "servizi".

4.2 – Ciò precisato, va ulteriormente detto che, quando si procede a tale mutamento, è necessario ex lege munirsi previamente del permesso di costruire, in assenza del quale sempre la norma primaria stabilisce che debba essere comminata la misura ripristinatoria.

A tale proposito si rammenta che l’art. 7, 3° comma, della legge regionale n. 2.7.1987, n. 36, prevede che "le modifiche di destinazione d’uso", indipendentemente dalla circostanza che siano realizzate "con o senza opere a ciò preordinate, quando hanno per oggetto le categorie stabilite dallo strumento urbanistico generale, sono subordinate al rilascio di apposito permesso di costruire".

È evidente che si tratta proprio dell’ipotesi in concreto esaminata.

Pertanto, anche ove il mutamento di destinazione d’uso non avesse richiesto opere rilevanti, in ogni caso era necessario il permesso di costruire.

4.3 – Al riguardo, l’art. 16 della legge regionale n. 11.8.2008, n. 15, disposizione qui in concreto applicata, stabilisce ulteriormente che ove siano eseguiti "cambi di destinazione d’uso da una categoria generale ad un’altra di cui all’articolo 7, terzo comma, della legge regionale 2 luglio 1987, n. 36 (Norme in materia di attività urbanisticoedilizia e snellimento delle procedure) in assenza di permesso di costruire" deve ingiungersi "al responsabile dell’abuso, nonché al proprietario, ove non coincidente con il primo, di provvedere (…) alla demolizione dell’opera e al ripristino dello stato dei luoghi".

4.4 – Dal combinato disposto delle citate disposizioni normative si desume appunto che la sanzione demolitoria è dovuta nel caso come quello in esame.

4.5 – Ne deriva che nessun dubbio residua in ordine alla legittimità dell’ordine di demolizione nella specie impartito ai ricorrenti in relazione al cambio di destinazione d’uso de quo.

5 – Conseguentemente detto provvedimento è legittimo ed il relativo gravame è infondato e deve essere rigettato.

6 – In conclusione il ricorso è in parte inammissibile ed in parte infondato.

7 – Per quanto riguarda le spese di giudizio, i diritti e gli onorari di difesa, in considerazione della peculiarità della questione sottoposta all’esame del Collegio, si ravvisano i presupposti per la loro integrale compensazione tra le parti.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – sezione I quater, definitivamente pronunciando, rigetta il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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