Cass. civ. Sez. I, Sent., 06-04-2012, n. 5633 Legittimazione attiva e passiva

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Enel Distribuzione s.p.a. – sull’assunto che verifiche condotte nel 1999 avevano evidenziato la manomissione e il riattacco abusivo di una fornitura elettrica in (OMISSIS) – convenne innanzi al Tribunale la pretesa beneficiarla delle erogazioni, V.M.R., per ottenerne la condanna al pagamento della somma di Euro 31.936,52 oltre accessori e spese. La V. si costituì negando alcuna propria legittimazione, essendo il contratto intestato a Calzature Volpicelli di Maria Rosaria Volpicelli & c. s.a.s.. Il Tribunale accolse l’eccezione della V. e rigettò la domanda. La Corte di Appello di Napoli, con sentenza 28.12.2009 ha rigettato l’appello di Enel Distribuzione, che sosteneva come la V. – sempre dichiaratasi utente di fatto – fosse la reale beneficiaria delle erogazioni, affermando che la V. era stata evocata in giudizio in proprio, che la s.a.s. aveva attivato il punto vendita dal (OMISSIS) e regolarmente pagato i consumi, che non sussisteva prova dei consumi presunti dal 93 al 99, che la V. avrebbe potuto essere convenuta come legale rappresentante e non mai in proprio come socio (in tal guisa essendo impedita l’eccezione di previa escussione del patrimonio sociale). Per la cassazione di tale sentenza Enel Distribuzione e la cessionaria del servizio ex D.L. 73 del 2007 convertito nella legge 125 del 2007, hanno proposto ricorso con quattro motivi in data 3.2.2011 (a.r. del 9.2.2011) cui l’intimata non ha opposto difese.

Motivi della decisione

Il ricorso, all’esito della congiunta disamina dei connessi motivi, deve ritenersi meritevole di accoglimento per la piena fondatezza delle censure esposte nei motivi primo, secondo e quarto (assorbito il terzo).

Primo motivo: esso lamenta che la Corte abbia risolto, negativamente, una questione di titolarità passiva del rapporto con la formula della carenza di legittimazione, in tal guisa mancando di considerare che la domanda evocava la responsabilità della V. come utente e fruitrice "di fatto" della fornitura. Se, come ricorda il ricorso, il distacco dell’utenza era avvenuto nel 1993 e se erano continuati consumi abusivi seguiti ad un abusivo riallaccio, e se la stessa V. aveva ammesso di aver rilevato l’esercizio ad inizio del 1997 conducendolo in prima persona, sì che, se solo il (OMISSIS) la s.a.s. aveva stipulato il contratto di somministrazione, restava chiaro che dal 1997 al 1999 l’utilizzatrice di fatto era stata proprio e solo la V..

Secondo motivo: esso si duole pertanto della violazione dell’art. 2043 c.c., commessa affermando che, prima della conclusione del contratto, la V. mai avrebbe potuto essere evocata in proprio.

Terzo motivo: esso lamenta il vizio di motivazione afferente la pretesa assenza di contestazioni sulle gravi irregolarità, affatto trascurate dalla Corte, nonchè la violazione dell’art. 2055 c.c. attinente la possibilità che anche il debito pregresso gravasse sulla V., pur subentrata come utente di fatto solo a febbraio 1997.

Quarto motivo: esso si duole che sia stata considerata questione nuova la pura e semplice scelta di Enel di ridurre il petitum in appello limitandolo al solo periodo 1/97 – 5/99 nel quale la V. aveva riconosciuto la sua utenza "di fatto".

Ritiene il Collegio che i motivi appena esposti siano indiscutibilmente fondati nei termini di cui appresso, avendo la sentenza impugnata commesso i denunziati gravi errori di ricostruzione della vicenda e di errata applicazione alla stessa delle norme di diritto.

La Corte di Napoli ha in primo luogo errato in diritto nell’escludere che fosse percorribile una chiamata di V. quale utente di fatto, limitatamente al periodo nel quale ella aveva gestito in proprio, sol perchè la società fosse preesistente all’inizio di sua gestione. Ad avviso della Corte di merito, il fatto stesso che in un certo momento storico (1996) la s.a.s. Calzature Volpicelli di Volpicelli Maria Rosaria & c. si fosse costituita e che in altro momento successivo ((OMISSIS)) avesse "attivato" il punto di vendita di C.so Secondigliano 362, faceva riportare a tal società in via esclusiva la responsabilità per i segnalati consumi abusivi di elettricità. L’errore appare evidente nel presumere che dalla costituzione della società o anche dalla sua "attivazione" documentale del punto di vendita discendesse una sua gestione effettiva dell’esercizio nel quale sin dal 1994 il controllo ispettivo aveva accertato essere stata operata una continuativa captazione abusiva di energia. La pretesa dell’Enel non è infatti stata dispiegata nell’ambito di un rapporto contrattuale ma – come ben denunziato nei motivi- ai sensi dell’art. 2043 c.c. per l’illecita sottrazione di energia e quindi la legittimazione passiva rispetto a tale domanda non è di altri che dell’autore materiale dell’illecita continuativa captazione, le indicazioni societarie e la sua eventuale intestazione dell’esercizio apparendo al proposito come meri indizi di una gestione effettiva e quindi della veste di autore dell’illecito.

Ma l’errore, in secondo luogo, è anche rettamente individuabile, come denunziato, in un mancato argomentare sulle circostanze emergenti ex actis e riproposte in appello dall’Enel: quelle per le quali risultava dalle precise ammissioni della V. che ella aveva gestito l’azienda in quei locali circa due anni innanzi alla data del controllo (12.5.1999) ed emergeva documentalmente che la società, della quale è ignota la veste nella conduzione dell’esercizio calzaturiero, solo il 13.10.1999 aveva stipulato con Enel il contratto di somministrazione.

Coglie anche nel segno la censura avverso la statuizione della sentenza a mente della quale sarebbe stata non consentita mutatio libelli la riduzione subordinata della pretesa al semiperiodo 1.1.1997-12.5.1999 (rispetto alla originaria unica richiesta di condanna per tutto il periodo 8.5.1994 – 12.5.1999): la Corte territoriale ha adottato tale soluzione di rigetto sull’assunto che fosse mutata la causa petendi della domanda con il passaggio da quella originaria a quella ridotta ma, se non emerge quale possa essere il fondamento di tale assunto (dato che è la stessa decisione a dar atto che la domanda aveva sempre predicato una diretta e personale responsabilità della V.), deve concludersi nel senso che sussiste la lamentata clamorosa contraddizione argomentativa. Ed infatti, la contestata decisione non mostra alcuna attenzione per la chiarezza della subordinata quale emergente dalla trascrizione della domanda in appello riportata alle pagine 2 e 3 della sentenza stessa: dalla stessa emergeva che tanto la principale quanto la subordinata conclamavano l’addebito alla V. quale utilizzatrice di fatto dell’indebita somministrazione e che la subordinata si fondava solo sulla indiscutibilità del ruolo di utilizzatrice per il minor periodo nel quale vi era stata ammissione o riconoscimento.

La sentenza va quindi cassata sulla base delle considerazioni svolte, in accoglimento dei motivi di ricorso. Il Giudice del rinvio dovrà quindi sottoporre a nuovo esame l’atto di appello e la domanda di Enel Distribuzione s.p.a. facendo applicazione dei principii di diritto sopra cennati ed astenendosi dal cadere nelle gravi carenze argomentative sopra esposte. All’esito regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa l’impugnata sentenza e rinvia – anche per le spese – alla Corte di Appello di Napoli in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *