T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 21-11-2011, n. 9134Costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ricorrente è proprietaria di un immobile ubicato in Nepi, località Campo dell’Olmo n. 257, individuato in catasto al foglio 34, particella 133 sub 6, 360 e 361.

In relazione a detto immobile sono state riscontrate le seguenti opere realizzate in assenza di permesso di costruire: a) la chiusura di un portico, per una superficie di 24,66; b) la creazione di un locale esterno, della superficie di 9,76 mq e dell’altezza variabile da 1,80 m a 2,30 m, destinato in parte a bagno ed in parte a lavanderia; c) la costruzione di un piccolo ripostiglio di 0,57 mq; d) la realizzazione di gradini che scendono al terreno sottostante; e) la realizzazione di modifiche interne, eseguite con piccoli spostamenti di tramezzi; f) la ristrutturazione del fabbricato originario, ottenuta attraverso il frazionamento dell’abitazione assentita con permesso di costruire in sanatoria n. 48/2010; g) la costruzione di un piccolo fabbricato di 4,18 mq, nelle immediate vicinanze dell’abitazione; h) l’edificazione di un manufatto di 11,04 mq, avente l’altezza di 2 m, destinato a deposito mangimi, situato verso l’uscita del giardino.

Rispetto a tali opere, con determinazione dirigenziale n. 798/UT del 15.9.2010, è stata ingiunta la demolizione, ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001. In tale provvedimento si assume che le opere medesime ed il relativo terreno rientrerebbero nella fascia di rispetto di 150 m dal fosso denominato "del Fontanile" e sarebbero, perciò, soggette a vincolo paesaggistico.

Il provvedimento richiamato è stato impugnato con il presente gravame, nel quale sono stai dedotti i seguenti motivi di censura:

1) violazione di legge – eccesso di potere – carenza di istruttoria – illogicità del provvedimento – difetto di motivazione – violazione dei principi generali regolanti l’esercizio del potere sanzionatorio in materia edilizia: le violazioni di legge consisterebbero nella mancata notifica del verbale di accertamento da parte del Corpo forestale, nell’omessa indicazione dell’Autorità da adire e del termine perentorio entro cui poter impugnare, nell’omessa comunicazione di avvio del procedimento, nell’omessa indicazione, nella motivazione del provvedimento, dell’esistenza di una lesione di interessi urbanistici;

2) violazione dell’art. 27 e dell’art. 37 del d.P.R. 6.6.2001, n. 380 – eccesso di potere – carenza di istruttoria – violazione delle norme sul procedimento amministrativo (art. 7 della legge n. 241/1990): mancherebbe una relazione tecnica idonea a suffragare quanto riportato nel verbale di sopralluogo, il quale avrebbe indotto in errore il Dirigente che ha adottato il provvedimento; in particolare, il portico chiuso sarebbe stato assentito dal Comune con permesso di costruire, il locale esterno di 9,76 mq, destinato in parte a bagno ed in parte a lavanderia, ed il manufatto di 4,18 mq, posto nelle immediate vicinanze dell’abitazione, sarebbero preesistenti al 1967, il ripostiglio di 0,57 mq ed i gradini sarebbero opere di minima entità, non richiedenti il permesso di costruire, la ristrutturazione del fabbricato in realtà sarebbero una semplice chiusura di una porta interna ed un muro esterno ed infine il manufatto di 11,04 mq, avente l’altezza di 2 m, individuato come destinato a deposito mangimi, in realtà sarebbe un locale per impianti tecnologici, ed inoltre il vincolo paesaggistico determinato dalla fascia di rispetto di 150 m dal fosso denominato "del Fontanile" non riguarderebbe l’intera area, bensì solo parte di quest’ultimo fabbricato, come indicato nella perizia allegata;

3) violazione ed errata applicazione delle norme vigenti in materia edilizia ed urbanistica – violazione della legge 22.5.2010, n. 73 e della legge 30.7.2010, n. 122 – eccesso di potere per motivazione carente, errata, incongruente e contraddittoria: nel dettaglio si confuta il carattere abusivo degli interventi contestati, sostenendo che il portico chiuso sarebbe stato sanato con il permesso di costruire n. 48/2010 e sarebbe stato già in parte tale, che il locale esterno di 9,76 mq, destinato in parte a bagno ed in parte a lavanderia, sarebbe esistente già nel 1964 sulla parete nord del fabbricato, secondo quanto risultante nelle foto aeree allegate alla relazione tecnica depositata in giudizio, e che altrettanto sarebbe per il manufatto di 4,18 mq, peraltro di dimensioni irrilevanti, mentre, quanto al vincolo paesistico, in ogni caso esso sarebbe successivo alla loro realizzazione, essendo stato imposto con delibera di Giunta regionale dell’8.10.1985, che il ripostiglio di 0,57 mq ed i gradini, stante il loro carattere pertinenziale e la loro minima consistenza, non richiederebbero il permesso di costruire, che le opere interne consisterebbero nella mera realizzazione di un armadio a muro, mentre la ristrutturazione dell’edificio sarebbe in realtà rappresentata dalla chiusura di una porta all’interno dell’abitazione principale e nella costruzione di muri di natura pertinenziale e di recinzione, infine che il fabbricato di 11,04 mq, avente l’altezza di 2 m, individuato come destinato a deposito mangimi, in realtà sarebbe un locale per impianti tecnologici, essendo a protezione del pozzo necessario per l’approvvigionamento idrico e della centrale termica dell’abitazione, perciò un volume tecnico;

4) errata interpretazione nell’applicazione alle opere ed al terreno del vincolo paesaggistico, ai sensi dell’art. 136 del d.lgs. 22.1.2004, n. 42 e dell’art. 142, lett. c), imposto con delibera di Giunta regionale 8.10.1985, n. 5849: in relazione ai due manufatti ante 1967 il vincolo paesaggistico, imposto nel 1985, non sarebbe applicabile, senza considerare che l’intera area sarebbe stata realizzata prima del 1967; inoltre erroneamente si farebbe rientrare l’intera area nel vincolo de quo, il quale, invece, concernerebbe solo una parte del fabbricato di 11,04 mq, come sarebbe dimostrato e documentato nella perizia di parte prodotta in giudizio, ed infine sarebbe in corso l’adozione di un piano di recupero per l’area in questione.

La ricorrente ha depositato una perizia di parte, corredata di documentazione.

Nel corso del giudizio la stessa ha depositato la delibera in data 30.11.2010 con cui il Comune di Nepi ha approvato la perimetrazione dei nuclei abusivi nella quale rientrerebbero le opere contestate ed il relativo terreno.

Il richiamato Comune, regolarmente evocato in giudizio, non si è costituito.

Con ordinanza collegiale 21.12.2010, n. 1952, a tale Ente sono stati chiesti documentati chiarimenti, alla luce delle doglianze mosse dalla parte ricorrente.

In asserita esecuzione della richiamata ordinanza istruttoria, lo stesso si è invece limitato a depositare il provvedimento impugnato, già in atti.

Con successiva ordinanza collegiale 31.3.2011, n. 2891, sono stati reiterati gli incombenti istruttori suindicati ed è stato dato avviso che, in caso di persistente inesecuzione, si sarebbe proceduto ai sensi dell’art. 64, comma 4, c.p.a..

A seguito di tale accertata inesecuzione, con ordinanza 19.5.2011, n. 1881, è stato ordinato il riesame dell’intera vicenda, alla luce di quanto dedotto in ricorso, ed è stata fissata la pubblica udienza del 3.11.2011 per la trattazione del merito.

Detto riesame non è stato eseguito.

La parte ricorrente ha depositato una memoria conclusionale (nel corso del giudizio aveva già prodotto altre memorie difensive), in vista della menzionata pubblica udienza, nella quale il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

1 – Con il ricorso in esame si impugna la determinazione dirigenziale, individuata in epigrafe, con cui, ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. 6.6.2001, n. 380, si ordina la demolizione di opere abusive, la cui descrizione è riportata in narrativa, alla quale si fa espresso rinvio.

1.1 – Esso è fondato in parte, come sarà illustrato di seguito.

2 – Preliminarmente deve evidenziarsi che la ricorrente si è premurata di depositare un’articolata perizia di parte, corredata di documentazione, al fine di confutare l’asserito carattere abusivo delle opere sanzionate con l’ordine di demolizione attraverso il predetto provvedimento. Come risulterà meglio nel prosieguo della disamina, a fronte di un principio di prova fornito dalla stessa, secondo quanto previsto dall’art. 64, comma 1, c.p.a., l’Amministrazione intimata, alla quale sono stati ripetutamente richiesti documentati chiarimenti, è rimasta sostanzialmente silente, avendo depositato unicamente il provvedimento gravato, già in atti, per cui questo Collegio provvederà ad applicare il comma 4 della citata disposizione normativa, desumendo argomenti di prova da tale comportamento tenuto dall’Amministrazione stessa. In altre parole, in riferimento a quelle opere della cui assenza del carattere abusivo la ricorrente ha fornito un principio di prova, attraverso la perizia e la documentazione alla stessa allegata, il provvedimento deve ritenersi illegittimo e da annullare; diversamente naturalmente è a dirsi con riguardo alle restanti opere, per le quali, secondo l’apprezzamento di questo Collegio, sussiste la natura abusiva, seppure nei limiti che saranno evidenziati.

3 – In particolare, sono da considerarsi legittimi, in quanto realizzati anteriormente al 1967, ancor prima che al di fuori dei centri abitati (ivi trovandosi senz’altro l’area in questione) fosse prescritto il permesso di costruire, il locale esterno di 9,76 mq, destinato in parte a bagno ed in parte a lavanderia, ed il manufatto di 4,18 mq, posto nelle immediate vicinanze dell’abitazione, per i quali sono state prodotte foto aeree risalenti al 1964, quando peraltro il vincolo paesaggistico contestato non ancora vi era stato impresso, essendo stato apposto solo nel 1985.

4 – Sotto altro profilo, trattandosi di opere non richiedenti il permesso di costruire, ma, al momento dell’adozione del provvedimento, una semplice D.I.A., non sono da sanzionare con la demolizione i gradini realizzati per consentire di scendere nel terreno sottostante.

5 – Quanto alle modifiche interne, in particolare quelle individuate in narrativa sub e), esse, secondo la disciplina già vigente quando è stata emanata la determina qui censurata, essendo opere di manutenzione straordinaria, costituiscono attività libera, soggetta solo alla comunicazione di inizio lavori ed alla presentazione di una relazione tecnica, in assenza delle quali è prevista soltanto una sanzione pecuniaria di 258 Euro (art. 6, commi 2, lett. a, 4 e 7, del d.P.R. n. 380/2001).

6 – Con riguardo alla contestata ristrutturazione, devono considerarsi le opere interne, non meglio specificate nel provvedimento impugnato, ma rappresentate, come assunto in relazione tecnica di parte, dalla tamponatura di una porta, che avrebbe originato un frazionamento; non essendo quest’ultimo contestato dalla parte ricorrente con elementi probanti, deve ritenersi essere stato realizzato. Ciò posto, esso avrebbe richiesto, per la sua esecuzione, il permesso di costruire o alternativamente la cd. D.I.A. pesante, in assenza dei quali è stabilita la sanzione demolitoria ex art. 33 del d.P.R. n. 380/2001.

7 – In relazione alle modifiche esterne, indicate dalla ricorrente come muri perimetrali che delimiterebbero la proprietà, non avendo la stessa indicato la loro lunghezza, e la loro altezza, oltre che i materiali di cui sono costituiti, al fine di verificarne l’effettiva consistenza e l’impatto determinato dai medesimi sul territorio, deve ritenersi che non siano di irrisoria entità e che, pertanto, avrebbero richiesto, per essere legittimamente realizzati, il permesso di costruire o, in alternativa, la cd. denuncia di inizio attività pesante, con conseguente applicazione dell’art. 33 del d.P.R. n. 380/2001, per la pacifica assenza di entrambi.

8 – Quanto alla chiusura del portico, essa è comunque abusiva, dando luogo ad una ristrutturazione, con ampliamento della superficie dell’immobile al quale accede, richiedente, quale titolo legittimante, sempre il permesso di costruire o la cd. D.I.A. pesante, pacificamente mancanti, la cui assenza è sanzionata con l’ingiunzione di demolizione ex art. 33 del d.P.R. n. 380/2001. Va detto, al riguardo, che risultava, infatti, assentito col permesso di costruire in sanatoria unicamente il portico, non potendo considerarsi una preesistente chiusura un semplice muretto di 1 m di altezza, peraltro solo su un lato, e dovendo, d’altra parte, qualificarsi comunque come chiusura quella operata dalla ricorrente, consistente nell’apposizione di finestre su detto muro, oltre che nella realizzazione di una parete sull’altro lato.

9 – Il ripostiglio sul portico, pari a 0,57 mq, pur presentando una superficie ed un volume ridotti, come rimarcato in ricorso, tuttavia non appare privo del carattere abusivo, integrando un – seppur minimo – ampliamento, derivante da ristrutturazione edilizia, richiedente anch’esso, come si è visto sopra per altre opere contestate, il permesso di costruire o la cd. D.I.A. pesante, pacificamente mancanti, la cui assenza è sanzionata con l’ingiunzione di demolizione ex art. 33 del d.P.R. n. 380/2001.

10 – Infine il fabbricato di 11,04 mq integra una nuova costruzione, per la quale si prescrive il permesso di costruire, per la cui assenza è corretta l’irrogazione della sanzione prevista dall’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, in concreto comminata. Infatti l’asserito suo utilizzo quale volume tecnico non priva della necessaria previa acquisizione di detto titolo edilizio la sua realizzazione, ma comporta unicamente la sua mancata incidenza sui parametri urbanistici (ove, infatti, fosse effettivamente vano tecnico, non integrerebbe superficie e volumetria utili).

11 – Come attestato nella perizia di parte ed illustrato nella planimetria in scala alla stessa allegata, che indica la posizione del fosso e dei manufatti abusivi contestati, soltanto quest’ultimo fabbricato è interessato dal vincolo derivante dalla fascia di rispetto dal fosso medesimo, per cui il provvedimento impugnato è illegittimo laddove estende all’intera area la sussistenza del vincolo de quo.

12 – Quanto evidenziato nell’atto di ricorso e condiviso nella presente disamina la ricorrente avrebbe potuto far valere in sede endoprocedimentale, se fosse stata notiziata dell’avvio del procedimento teso all’adozione del provvedimento impugnato. Ne deriva che, nei limiti in cui risulta una prospettazione in fatto e in diritto diversa da quella risultante dal provvedimento stesso, la mancata comunicazione di avvio del procedimento, integrante la violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990 e s.m.i., ne determina il suo annullamento.

13 – Tutte le altre violazioni di legge e gli altri profili di eccesso di potere dedotti sub 1) sono infondati.

14 – In primo luogo il Dirigente del Settore I del Comune di Nepi, nell’adottare tale ordinanza, ha valutato, condiviso e fatto proprie le risultanze del sopralluogo nel quale sono state accertate le opere sanzionate, per cui, differentemente da quanto assunto in ricorso, questi ha eseguito una verifica tecnica.

15 – Il verbale, integrando una motivazione per relationem, non doveva essere notificato all’interessata, ma soltanto essere messo a disposizione della stessa, secondo quanto stabilito dall’art. 3, comma 3, della citata legge n. 241/1990.

16 – La mancata indicazione dell’Autorità da adire e del termine entro il quale poterlo fare, in violazione del comma 4 di tale ultima disposizione di legge, non comporta l’annullamento del provvedimento rispetto al quale essa si lamenta, ma può determinare la rimessione in termini, ove il termine decadenziale per proporre ricorso non fosse rispettato.

17 – Non è richiesta l’esplicitazione di un interesse pubblico alla demolizione, la quale, ove ricorrano i presupposti ex lege, deve invece essere disposta nell’esercizio di attività vincolata.

18 – Infine la asserita circostanza che l’area de qua rientrerebbe nella perimetrazione dei nuclei abusivi non fa di per sé venir meno comunque l’esercizio del potere di vigilanza sul territorio e di quello repressivo ad esso correlato e consequenziale, in caso di riscontro di abusi edilizi.

19 – In conclusione il ricorso è fondato e da accogliere, nei limiti suindicati, ed il provvedimento che ne costituisce l’oggetto va annullato in parte qua.

19.1 – Segnatamente, il provvedimento è illegittimo e deve essere annullato, nella parte con cui sanziona le opere individuate qui in fatto sub b), g), d) ed e), nonché laddove estende all’intera area la previsione del vincolo paesaggistico determinato dalla fascia di rispetto del fosso, essendo invece questo limitato solo ad una parte del manufatto contraddistinto sub h) nella presente disamina.

20 – Con riguardo alle spese, ai diritti ed agli onorari, sussistendo i presupposti per la loro integrale compensazione tra le parti, in ragione dell’accoglimento parziale del gravame, essi sono irripetibili, in assenza di costituzione del Comune intimato.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – sezione I quater, definitivamente pronunciando, accoglie parzialmente, nei limiti di cui in motivazione, il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla in parte qua il provvedimento impugnato.

Spese irripetibili.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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