T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 21-11-2011, n. 9127

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Società I.E. S.r.l., incaricata dalla W.T. S.p.A., in data 20.5.2005 ha presentato al Comune di San Polo dei Cavalieri la denuncia di inizio attività prot. n. 3268, per l’installazione di una stazione radio base a servizio della rete di telefonia mobile di potenza non superiore a 20 w, su terreno di proprietà privata, il cui possesso è stato conseguito mediante contratto di locazione del 20.5.2005, poi registrato a Forlì in data 7.7.2005, ubicato in via Maremmana inferiore Km. 23,400, identificato in catasto al foglio 14, mappali 302413.

In relazione a detta D.I.A. sono stati depositati la relazione tecnica, e successivamente il parere favorevole dell’A.R.P.A. del 4.10.2005 e l’autorizzazione sismica datata 13.1.2006.

In data 13.2.2006 è stato comunicato all’Amministrazione comunale l’inizio dei lavori dal 16.2.2006, con durata presunta di 90 giorni.

Con diffida 17.2.2006, prot. n. 1066, il Comune di San Polo dei Cavalieri ha intimato alla ricorrente a non iniziare i lavori, per assunto mancato "rispetto dei distacchi dai confini".

Tale diffida è stata riscontrata e contestata dalla Società ricorrente con nota del 3.5.2006.

Successivamente, in data 12.5.2006, è stata presentata la variante alla predetta D.I.A., assunta al n. 2959 di prot., con "spostamento del sito di un metro rispetto a quanto previsto".

Con ulteriore diffida del 27.7.2006, il Comune in parola ha intimato alla ricorrente a non iniziare i lavori, per asserito mancato "rispetto dei distacchi dai confini e dai fabbricati" e per mancata comunicazione di inizio dei lavori in relazione alla variante.

A fronte di tale ultima diffida la Società attuale ricorrente in data 21.8.2006 ha inviato una nota, ricevuta il 30.8.2006, prot. n. 5040.

Con ordinanza 29.9.2006, n. 27/06, notificata alla Società ricorrente il 4.10.2006, è stata ordinata l’immediata sospensione dei lavori.

Avverso quest’ultimo provvedimento è stato proposto il presente ricorso introduttivo, nel quale sono stati dedotti i seguenti motivi di censura:

1) violazione e falsa applicazione del d.lgs. 1.8.2003, n. 259 e s.m.i. – nullità del provvedimento per mancata indicazione del suddetto d.lgs. n. 259/2003 e della legge quadro 22.2.2001, n. 36 – difetto di motivazione – eccesso di potere per carenza dei presupposti: la materia de qua sarebbe disciplinata, sotto i profili sostanziale e procedurale, dal d.lgs. n. 259/2003 e dalla legge quadro n. 36/2001, nella specie ignorati;

2) violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 259/2003 e s.m.i. – eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti – violazione e falsa applicazione dei principi di autotutela: il d.lgs. n. 259/2003 dispone che le infrastrutture, come quella in questione, sarebbero assimilate ad ogni effetto di legge alle opere di urbanizzazione ed, in quanto tali, sarebbero soggette alla normativa stabilita per queste, perciò sarebbero realizzabili in qualsiasi parte del territorio comunale; in particolare, poi, l’art. 87 del citato decreto prevede che per tale tipo di infrastruttura sia richiesta la denunzia di inizio attività, da intendersi accolta ove non sia comunicato un provvedimento di diniego entro 90 giorni, per cui nel caso in esame l’iter procedimentale suindicato sarebbe stato disatteso, non essendo stato adottato alcun formale atto di diniego, non essendo stati rispettati i termini perentori fissati, inoltre non essendo stato indicato il responsabile del procedimento, non essendo stata convocata alcuna conferenza di servizi a fronte del manifestato dissenso e non essendo stata data tempestiva comunicazione al Ministero, mentre, essendo stato superato il termine di 90 giorni, l’Amministrazione avrebbe dovuto dapprima revocare il provvedimento autorizzatorio e successivamente ordinare la sospensione e/o la demolizione;

3) violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge 11.2.2005, n. 15 – difetto di motivazione – eccesso di potere per difetto di istruttoria – illogicità: nel motivare il provvedimento qui impugnato, l’Amministrazione non indicherebbe le norme ostative all’esecuzione del progetto presentato, ma si riporterebbe solo alle N.T.A. del P.R.G.;

4) violazione e falsa applicazione del d.P.R. 6.6.2001, n. 380 e s.m.i. – eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti – contraddittorietà: l’ordinanza in parola si sarebbe potuta adottare solo in presenza di lavori in corso e non già di lavori ultimati.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata, la quale ha depositato una memoria defensionale, recante controdeduzioni alle censure avversarie, nonché documentazione.

Con ordinanza 4.12.2006, n. 6654, è stata respinta la domanda di sospensiva proposta in via incidentale, in considerazione dell’intervenuta cessazione dell’efficacia dell’ordinanza gravata, nonché dell’avvenuta conclusione dei lavori.

Successivamente, in data 27.12.2006, il Comune di San Polo dei Cavalieri ha adottato l’ordinanza n. 37/06, notificata l’11.1.2007, con la quale ha ingiunto, ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, la demolizione delle opere in questione.

Detto provvedimento è stato impugnato con ricorso per motivi aggiunti, nel quale sono stati riproposti i vizi già dedotti col ricorso introduttivo ed è stato altresì denunciato:

5) violazione e falsa applicazione del d.P.R. 6.6.2001, n. 380 e s.m.i. e per violazione della legge 2.2.1974, n. 64 – eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti – contraddittorietà: l’ordinanza in parola sarebbe illegittima laddove afferma che la zona interessata dall’intervento "è soggetta al vincolo di cui alla L 64/74", in quanto al riguardo la Società ricorrente ha depositato l’autorizzazione sismica regionale del 13.1.2006.

Il Comune resistente ha prodotto un’ulteriore memoria difensiva.

Con ordinanza 24.4.2007, n. 1918, è stata accolta la domanda cautelare, proposta in via incidentale, in ragione della specialità e della prevalenza della disciplina contenuta nell’art. 87 del d.lgs. n. 259/2003.

Infine, nella pubblica udienza del 20.10.2011 il ricorso è stato introitato per la decisione.

Motivi della decisione

1 – Il ricorso in esame, che consta di un gravame introduttivo e di motivi aggiunti, ha per oggetto, rispettivamente, l’ordinanza di immediata sospensione dei lavori 29.9.2006, n. 27/06, notificata il 4.10.2006, ed il provvedimento 27.12.2006, n. 37/06, notificato l’11.1.2007, recante ingiunzione di demolizione, ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, riferiti all’installazione di un’antenna per la telefonia mobile in via Maremmana inferiore Km. 23,400, in terreno identificato in catasto al foglio 14, mappali 302413, unitamente a tutti gli atti connessi, presupposti e consequenziali.

2 – Cominciando la presente disamina dal ricorso introduttivo, va rilevato che esso è improcedibile, per sopravvenuto difetto di interesse.

Come si è appena illustrato, con lo stesso, che è stato notificato il 26.10.2006, si è impugnata l’ordinanza di sospensione dei lavori, adottata in data 29.9.2006, ai sensi dell’art. 27, comma 3, del citato d.P.R. n. 380/2001.

In base a quest’ultima disposizione normativa, la sospensione dei lavori ha effetto fino all’adozione ed alla notifica dei provvedimenti definitivi sanzionatori, che deve avvenire "entro quarantacinque giorni dall’ordine di sospensione dei lavori".

Ciò comporta che, una volta trascorsi 45 giorni dalla sua adozione, il provvedimento di sospensione dei lavori non produce più effetti.

Rispetto al gravame introduttivo, per il quale, al momento della sua proposizione, sussisteva l’interesse a ricorrere, non essendo ancora scaduto il suddetto termine di 45 giorni e non essendo, perciò, venuta meno l’efficacia del provvedimento, si registra, tuttavia, il venir meno, nelle more, di tale condizione dell’azione.

Segnatamente, al cessare dell’efficacia dell’ordinanza di sospensione dei lavori gravata, coincidente con il perfezionarsi del termine di 45 giorni dalla sua emanazione, il che è intervenuto medio tempore, la ricorrente non poteva e non può più subire alcun nocumento da quest’ultima e trarre alcun vantaggio dall’eventuale accoglimento della relativa impugnativa, il che comporta che il ricorso proposto avverso detto provvedimento, non essendo più munito dell’interesse a ricorrere, deve essere dichiarato improcedibile.

3 – Il ricorso per motivi aggiunti è, invece, fornito di fondamento, per le ragioni che si esporranno di seguito.

4 – Preliminarmente deve rilevarsi che la disciplina conferente è contenuta nel d.lgs. 1.8.2003, n. 259, recante "Codice delle comunicazioni elettroniche", che, prima ancora di stabilire l’iter procedimentale ed il regime autorizzatorio ai quali è sottoposta, tra gli altri, l’installazione di antenne di telefonia, ne dà una precipua definizione e qualificazione. Evidentemente detta disciplina presenta carattere speciale e prevale su quella di carattere generale prevista in materia di titoli edilizi.

Inoltre deve considerarsi la legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici 22.2.2001, n. 36, la quale, all’art. 8, individua le competenze in materia in capo alle Regioni, alle Province ed ai Comuni.

5 – Fatta questa doverosa premessa, va subito rimarcato che, ai sensi del combinato disposto degli artt. 86 e 87 del menzionato d.lgs. n. 259/2003, "le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione", qual è quella di specie, essendo la sua realizzazione disciplinata dall’art. 87 del medesimo decreto, al quale si fa rinvio, "sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria (…) e ad esse si applica la normativa vigente in materia".

Ciò comporta che l’opera in questione, proprio in quanto assimilata ad ogni effetto a quelle di urbanizzazione primaria, conosce uno speciale regime autorizzatorio, improntato alla massima accelerazione, enucleato dal menzionato art. 87 del d.lgs. n. 259/2003 (esso si giustifica appunto in ragione della funzione svolta da tale tipologia di opere), e non può essere considerata e sottoposta alle stesse regole stabilite per le opere edilizie, come edifici ed altre costruzioni.

In particolare, per quanto qui interessa, non soggiace alle regole sulle distanze dai confini e dagli edifici fissate per la realizzazione di nuove costruzioni.

6 – Tale affermazione non è affatto contraddetta dalla previsione, nel citato art. 8 della legge quadro n. 36/2001, di un potere regolamentare in materia in capo ai Comuni.

Il comma 6 di detta disposizione conferisce, infatti, ai Comuni la possibilità di adottare un precipuo un regolamento, riferito specificamente a tali impianti, per assicurarne "il corretto insediamento urbanistico e territoriale (…) e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici".

Si tratta, tuttavia, non già dell’applicazione concreta delle generali N.T.A. del P.R.G., così come è avvenuto nella specie, bensì di un regolamento "dedicato", che non obbedisce ai criteri generali in materia di distanze, altezze, volumetrie, ma teso ad una migliore distribuzione nel territorio delle antenne ed alla minore esposizione possibile ai campi elettromagnetici della popolazione.

7 – È evidente, perciò, che qui si assiste ad un’evidente violazione della normativa contenuta nel d.lgs. n. 259/2003 e nella legge quadro n. 36/2001.

8 – Stante detto quadro normativo, non sussistevano i presupposti per fare applicazione all’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, il quale si riferisce alle ipotesi, del tutto differenti, di interventi richiedenti il permesso di costruire realizzati in sua assenza o in totale difformità dallo stesso o con variazioni essenziali.

9 – Quanto, poi, al rilievo della sussistenza del vincolo sismico sull’area interessata dall’intervento, va considerato che la Società era ben conscia di ciò, tant’è che aveva acquisito e depositato presso il Comune intimato l’autorizzazione sismica rilasciata dal competente Ufficio regionale il 13.1.2006, riferita all’opera oggetto della prima denuncia di inizio attività. Va in proposito tenuto conto che la variante apportata ed oggetto della seconda D.I.A. è davvero minimale e consiste nel mero spostamento di un solo metro dell’opera stessa, per il resto rimasta identica, per cui detta autorizzazione può ritenersi valida e sufficiente.

10 – Pertanto il ricorso per motivi aggiunti è fondato e deve essere accolto, potendo assorbirsi le doglianze che non hanno costituito precipuo oggetto della presente disamina, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.

11 – In conclusione il ricorso è, quanto al gravame introduttivo, improcedibile, per sopravvenuto difetto di interesse, e, quanto, invece, ai motivi aggiunti, fondato e da accogliere.

12 – Con riguardo alle spese, ai diritti ed agli onorari, gli stessi vanno posti a carico del Comune resistente e quantificati come in dispositivo.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – sezione I quater, definitivamente pronunciando, dichiara improcedibile, per sopravvenuto difetto di interesse, il ricorso introduttivo in epigrafe ed accoglie i motivi aggiunti, per l’effetto, annullando il provvedimento con gli stessi impugnato.

Condanna il Comune resistente alle spese di giudizio, forfetariamente quantificate in Euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre I.V.A. e C.P.A., in favore della Società ricorrente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *