Cass. civ. Sez. I, Sent., 06-04-2012, n. 5621 Curatore

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’avv. D.F.G., già curatore del Fallimento C. T., propone ricorso per cassazione, sulla base di due motivi e memoria, nei confronti di detto Fallimento e di M.F. e V.L., assuntori del concordato fallimentare, avverso il provvedimento in data 17 ottobre 2008, con il quale il Tribunale di Napoli, Sezione fallimentare, ha liquidato, nella misura di Euro 15.000,00, il compenso in suo favore, avendo tenuto conto di un attivo di Euro 512.839,92 e di un passivo di zero euro ed avendo altresì ritenuto che la revoca della rinuncia ai compensi ulteriori, formulata dal D.F. il 20 novembre 2007, era inefficace, in quanto detta rinuncia, costituendo un negozio unilaterale, si era perfezionata ed aveva prodotto i propri effetti in modo irreversibile.

Ha resistito con controricorso in proprio l’avv. I.A., curatore pro tempore del Fallimento C.T.. Hanno resistito con controricorso anche M.F. e V. L., che hanno proposto altresì ricorso incidentale con sei motivi. Il Fallimento C.T. non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

1. Preliminarmente deve disporsi, a norma dell’art. 335 c.p.c., la riunione del ricorso principale e di quello incidentale, attinenti entrambi all’impugnazione del medesimo provvedimento.

Ancora in via preliminare va rilevata l’inammissibilità del controricorso proposto dall’avv. I.A. in proprio, e in tale veste sprovvista di legittimazione passiva, e non nella qualità di curatore pro tempore dell’intimato Fallimento C. T., legittimato passivo sulla richiesta di liquidazione del compenso proposta dal D.F. e sul ricorso per cassazione dal medesimo formulato avverso il provvedimento di liquidazione emesso dal Tribunale di Napoli.

2. Con il primo motivo il ricorrente principale – denunciando falsa applicazione della normativa di cui al D.M. 28 luglio 1992, n. 570, sulla liquidazione dei compensi al curatore, nonchè erroneità del conteggio applicato e inesistenza e inconsistenza della motivazione – si duole che il Tribunale, pur avendo riconosciuto che l’attivo da lui realizzato quale curatore durante il periodo del suo incarico, era stato pari ad Euro 512.839,92, ha poi liquidato quale compenso Euro 15.000,00, in misura nettamente inferiore alla percentuale prevista dalla vigente disciplina, percentuale ricompresa tra il 4% e il 5% dell’ammontare dell’attivo.

Il motivo è inammissibile. Infatti, la censura sollevata e lo stesso quesito di diritto che la illustra – formulato ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile alla fattispecie ratione temporis, essendo stato il provvedimento impugnato depositato il 17 ottobre 2008, e con il quale si chiede a questa Corte di affermare che il compenso dovuto al curatore del fallimento non può essere liquidato dal Tribunale in un importo inferiore o superiore alle percentuali minime e massime stabilite dal legislatore in relazione all’attivo realizzato – non sono attinenti alle ragioni poste a base del provvedimento impugnato, che si fonda sulla rinuncia agli ulteriori compensi compiuta dal D. F. e sulla inefficacia della revoca di tale rinuncia (v. Cass. S.U. 2007/14385; 2008/11650).

Osserva inoltre il collegio che l’asserito vizio di motivazione, peraltro prospettato del tutto genericamente, non è stato illustrato, come previsto dall’art. 366 bis c.p.c., con la chiara indicazione del fatto controverso in ordine al quale la motivazione sarebbe mancante o delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renderebbe inidonea a giustificare la decisione, attraverso un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità e da evitare che all’individuazione di dette ragioni possa pervenirsi solo attraverso la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo e all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore (Cass. S.U. 2007/20603; Cass. 2007/16002; 2008/8897).

3. Con il secondo motivo il D.F. – denunciando "illegittimità" della motivazione e falsa applicazione della normativa che disciplina l’istituto della remissione del debito, ai sensi dell’art. 1236 c.c. – lamenta che la Corte di appello non ha tenuto conto che egli, con la propria rinuncia al compenso, aveva effettuato una remissione del debito, avente natura di negozio naturale ricettizio, che in difetto di accettazione del debitore, diviene irrevocabile, a meno che il debitore stesso non dichiari in un congruo termine di non volerne approfittare. Il ricorrente principale afferma che nella specie il Fallimento C.T., nel comunicargli l’invito a depositare istanza di liquidazione dei compensi definitivi, ha inteso non approfittare della rinuncia al credito da lui manifestata.

La censura è priva di fondamento, in quanto dalla stessa esposizione dei fatti posti a suo fondamento risulta che il Fallimento non ha mai dichiarato di non voler profittare della rinuncia agli ulteriori importi effettuata dal D.F.. Inoltre le argomentazioni svolte dal ricorrente principale in ordine agli effetti prodotti dalla comunicazione da parte del Fallimento dell’invito, rivolto allo stesso D.F., a depositare istanza di liquidazione dei compensi definitivi costituiscono inammissibili censure di fatto volte a criticare l’apprezzamento delle risultanze di causa compiuto dal Tribunale. Nessuno specifico vizio di motivazione è stato dedotto dal ricorrente e comunque la censura non è stata illustrata, a norma dell’art. 366 bis c.p.c., con la chiara indicazione, attraverso un momento di sintesi, del fatto controverso in ordine al quale la motivazione sarebbe mancante o delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renderebbe inidonea a giustificare la decisione.

4. Con il ricorso incidentale M.F. e V.L. – denunciando "violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione al R.D. n. 267 del 1942, art. 39 e al D.M. 28 luglio 1992, n. 570" – deducono che:

– sono affetti da nullità i decreti di liquidazione emessi soltanto per tre dei quattro curatori che si sono succeduti nel tempo nella procedura relativa al Fallimento C.T., mentre si sarebbe dovuto effettuare un’unica liquidazione in favore della curatela, dividendo poi l’importo complessivo tra i vari curatori succedutisi nel tempo in proporzione dell’attività svolta da ciascuno; inoltre il compenso non deve essere calcolato anche sulla cauzione versata dai richiedenti il concordato e sugli interessi maturati sulla liquidità del fallimento in conseguenza di omesso ripartizione dell’attivo per circa tre lustri (primo motivo e quarto motivo);

– i tre decreti di liquidazione sono del tutto privi di motivazione o comunque fondati su di una motivazione apparente e contraddittoria (secondo motivo);

– i compensi sono stati liquidati ai curatori prima della completa esecuzione del concordato fallimentare (terzo motivo);

– il compenso è stato conteggiato in percentuale anche sul passivo, il cui accertamento è stato invece effettuato da un altro curatore rimasto pretermesso (quinto motivo);

– ai tre curatori presi in considerazione sono stati liquidati compensi complessivamente superiori ai massimi previsti dal D.M. n. 570 del 1992 (sesto motivo).

Tutti i motivi del ricorso incidentale, congiuntamente esaminati in quanto strettamente connessi, devono ritenersi inammissibili. Essi infatti, oltre ad essere attinenti a vizi concernenti anche decreti di liquidazione differenti da quello impugnato in questa sede e comunque riguardanti altri curatori, sono stati illustrati con quesiti di diritto inidonei, che si risolvono nel mero interpello della Corte in ordine alla fondatezza delle censure così come proposte, ma non contengono la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal giudice di merito e della diversa regola di diritto che, ad avviso dei ricorrenti, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie (Cass. S.U. 2008/2658; Cass. 2008/19769; 2008/24339).

Deve infine osservarsi che il ricorso incidentale si fonda sull’enunciazione di numerosi circostanze di fatto che non si evincono dal provvedimento impugnato, senza che i ricorrenti, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, abbiano indicato nel ricorso medesimo se e in quali atti tali circostanze siano state prospettate al giudice che ha effettuato la liquidazione del compenso (Cass. 2006/3664; 2007/4843).

5. Le considerazioni che precedono conducono al rigetto del ricorso principale e di quello incidentale. L’esito del giudizio giustifica la compensazione delle spese del giudizio di cassazione tra il ricorrente D.F.G. e i ricorrenti incidentali M. F. e V.L., mentre nulla deve disporsi in ordine a tali spese a favore del Fallimento C.T., che non ha svolto difese, e dell’avv. I.A., il cui controricorso è stato dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa integralmente le spese del giudizio di cassazione tra D.F.G., M. F. e V.L..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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