Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 27-09-2011) 24-10-2011, n. 38165

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

P.1. Con sentenza del 16 novembre 2009 la Corte d’appello di Bari confermava quella di primo grado che aveva dichiarato P.A. colpevole del delitto di concussione, per avere, abusando della qualità di infermiera dipendente dell’INAIL, indotto M.M. e sua moglie F.F. a versare la somma di unmilione di lire, prospettando che altrimenti la definizione della pratica di indennizzo avrebbe subito ritardi.

La Corte barese, sulla scorta delle testimonianze dibattimentali delle persone offese dal reato, ricostruiva la vicenda come segue.

L’infermiera P., dopo essersi accattivata la benevolenza dell’infortunato comunicandogli che si era adoperata per rintracciarne la pratica e facendolo passare prima degli altri alle visite mediche, dopo eseguita l’ultima visita diretta ad accertare eventuali postumi, aveva detto, prima alla moglie e poi a lui, di portare 1 milione "sennò la pratica non sarebbe andata avanti".

L’infortunato, non conoscendo l’esito della visita e temendo di subire un danno, era andato subito a casa a prendere il denaro, avvertendo del fatto i carabinieri, che, appena avvenuta la consegna, erano intervenuti sequestrando il denaro e arrestando l’infermiera.

La Corte, considerato che l’imputata non aveva potere decisionale sulle pratiche di infortunio, ravvisava nella sua condotta un abuso della qualità di incaricata di pubblico servizio, che si era realizzato rappresentando il pericolo di un ritardo o blocco della pratica, così da indurre l’assicurato, condizionato dal timore di un pregiudizio, all’indebita dazione della somma di denaro.

Contro la sentenza ricorre la difesa dell’imputata, che denuncia:

1. erronea applicazione della legge penale, atteso che il fatto dovrebbe essere qualificato come truffa aggravata ex art. 61 c.p., n. 9, posto che le vittime avrebbero pagato non a causa della minaccia, anche solo implicita, di ritardi nel disbrigo della pratica, ma perchè cadute in errore sui poteri dell’imputata, avendo dedotto dalla collaborazione iniziale loro prestata una sua capacità di influenza, peraltro inesistente, sull’andamento della pratica medesima. Quindi le parti offese, avendo aderito alla richiesta di denaro non per timore, ma per errore sui reali poteri dell’imputata, sarebbero state vittime di truffa e non di concussione;

2. erronea applicazione dell’art. 323 bis c.p., perchè l’attenuante è stata negata senza considerare: che il danno patrimoniale è stato nullo grazie al pronto recupero della somma versata; che il pagamento è avvenuto quando l’iter amministrativo si era già concluso; che non erano stati tenuti comportamenti prevaricatori;

3. vizio di motivazione in ordine alla condanna al risarcimento dei danni, perchè non la sentenza non avrebbe specificato quale danno non patrimoniale avessero patito le parti civili.

P.2. La tesi difensiva secondo cui il reato perpetrato sarebbe una truffa e non già una concussione poggia su una ricostruzione del fatto, desunta dalla denuncia orale, secondo cui le vittime non avrebbero fatto cenno di avere subito una minaccia legata alla prospettazione di ritardi nella definizione della pratica, ma avrebbero detto di essere state sollecitate a dare il denaro a titolo di ringraziamento.

L’impostazione difensiva è inaccettabile, da un lato, perchè, avendo l’imputata optato per il giudizio ordinario, le prove utilizzabili per la decisione sono soltanto quelle assunte nell’istruzione dibattimentale e, dall’altro, perchè la sentenza impugnata ha sottoposto la tesi della difesa a convincente confutazione.

Dapprima, analizzando le testimonianze delle persone offese, ha delineato il reale svolgimento del fatto, mettendo in evidenza come l’imputata avesse rappresentato un nesso di dipendenza tra il versamento del denaro indebitamente richiesto e la definizione della pratica. Poi, valutando criticamente l’accaduto, ha rimarcato che le vittime, pur consapevoli che la liquidazione dell’indennizzo era di competenza del medico, decisero di pagare per la paura che, in caso contrario, l’infermiera potesse bloccare la pratica. Infine, enunciando un corretto sillogismo giudiziario, ha concluso che l’imputata, avendo ottenuto il pagamento indebito non grazie a un inganno, ma in forza di una pressione morale esercitata sulla volontà delle vittime, il fatto doveva essere sussunto nella fattispecie di reato prevista dall’art. 31 c.p..

La decisione adottata è giuridicamente corretta, perchè, come esattamente spiegato in sentenza, la vittima è stata indotta alla dazione indebita non con l’inganno, ma cedendo alla minaccia di un "blocco" della pratica. L’imputata, abusando delle sue funzioni di addetta agli aggiornamenti e movimenti della pratica (curava l’acquisizione dei documenti necessari all’istruzione, spediva le convocazioni a visita, e, all’inizio, aveva sollecitato la sede INAIL di (OMISSIS), luogo dell’infortunio, a trasmettere l’incartamento alla sede di (OMISSIS), luogo di residenza dell’infortunato), suscitò il timore che, se la sua richiesta di denaro non fosse stata soddisfatta, ella avrebbe ritardato i passaggi della pratica con pregiudizio dell’assicurato che avrebbe sopportato un ritardo nella liquidazione o nella riscossione dell’indennizzo. Si è dunque compiutamente realizzata la fattispecie tipica della concussione così come delineata nell’art. 317 c.p..

Il ricorso, siccome infondato, dev’essere rigettato, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di quelle sostenute dalla parte civile oggi comparsa in giudizio.

P.Q.M.

La Corte di cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali; la condanna inoltre alla rifusione delle spese in favore della parte civile INAIL, che liquida nella somma di Euro 1.800 oltre accessori.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *