Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 06-04-2012, n. 5595 Retribuzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Roma condannava l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato in favore del lavoratore in epigrafe al computo del compenso per prestazioni di lavoro straordinario reso in modo costante e dell’indennità carta valori, nell’indennità di anzianità e nel TFR nonchè negli istituti collaterali.

Avverso questa sentenza l’Istituto in epigrafe ricorre in cassazione sulla base di tre censure.

La parte intimata resiste con controricorso. L’Istituto in epigrafe deposita memoria illustrativa.

Motivi della decisione

Preliminarmente va dato atto che il ricorso è, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., n. 4, procedibile in quanto risultano depositati con il ricorso i contratti collettivi di cui si deduce la violazione.

Con il primo motivo di censura l’Istituto ricorrente, deducendo violazione delle norme del contratto collettivo e dell’art. 2120 c.c., assume che la Corte del merito ha erroneamente interpretato il CCNL del 1992 ritenendo, relativamente al TFR, prevista una nozione di retribuzione omnicomprensiva.

La censura, alla luce della giurisprudenza di questa Corte, cui il Collegio in ossequio anche al principio di nomofilachia reputa di aderire, è fondata.

Questo giudice di legittimità infatti ha sancito, nell’interpretare direttamente ex art. 360 c.p.c., n. 3, così come novellato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 2, la denunciata norma collettiva che in tema di determinazione del trattamento di fine rapporto, il principio secondo il quale la base di calcolo va di regola determinata in relazione al principio della onnicomprensività della retribuzione di cui all’art. 2120 c.c., nel testo novellato dalla L. n. 297 del 1982, è derogabile dalla contrattazione collettiva, che può limitare la base di calcolo anche con modalità indirette purchè la volontà risulti chiara pur senza l’utilizzazione di formule speciale od espressamente derogatorie. Ne consegue che, con riferimento al personale dipendente delle aziende grafiche e affini e delle aziende editoriali (nella specie, dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato), a partire dal c.c.n.l. del 1 novembre 1992, la quota annuale di cui alla L. n. 297 del 1982, art. 1 per il calcolo del trattamento di fine rapporto concerne la retribuzione indicata, con definizione non onnicomprensiva, nell’art. 21 del c.c.n.l medesimo sulla nomenclatura, ossia quella "complessivamente percepita dal quadro, dall’impiegato e dall’operaio per la sua prestazione lavorativa, nell’orario normale", con esclusione delle prestazioni di lavoro straordinario (Cass. 13 gennaio 2010 n.365 e Cass. 27 maggio 2010 n. 13048).

Nè vi è contrasto con la sentenza n. 6086 del 2010 di questa Corte in quanto trattandosi di ricorso per cassazione avverso sentenza pubblicata in data anteriore al D.Lgs n. 40 del 2006 questa Corte non poteva procedere ad una interpretazione diretta, come invece avvenuto nella citata sentenza n. 365 del 2010, del contratto collettivo nazionale di cui il ricorrente aveva dedotto l’erronea interpretazione.

Con la seconda censura l’Istituto, deducendo omessa pronuncia ed error in procedendo, assume che anche il ricalcalo dell’indennità carte valori nell’indennità di fine rapporto non è, ai sensi dell’art. 22 del Regolamento del personale del 1991, dovuta e che comunque tale emolumento era stato già computato.

Il motivo è fondato nel senso di seguito indicato.

Va premesso che l’art. 22, comma 5 del Regolamento del personale testualmente dispone: "E’ fatto obbligo ai dipendenti addetti a questi reparti di trattener visi, qualora emergano dalla detta contazione delle irregolarità, sino ad accertamenti compiuti, salvo i provvedimenti a carico di chi risulterà responsabile delle medesime. A compenso forfettario di tale possibile maggiore permanenza in officina, è corrisposta giornalmente al personale la paga straordinaria per 10 minuti oltre l’orario normale con riferimento al turno effettuato".

Ritiene il Collegio che la pretesa dei lavoratori in esame è infondata, non essendo previsto da alcuna disposizione contrattuale che i dieci minuti di compenso forfettario debbano essere inclusi negli istituti collaterali.

Invero, in assenza di previsioni in tal senso del CCNL, ed anche a ritenere che si tratti di un compenso per lavoro straordinario costante nel tempo ed avente sempre la medesima misura, va applicato il principio enunciato da questa Corte (Cass. n. 6661 del 5 aprile 2004, seguito da molte altre conformi) per cui: "In tema di lavoro straordinario, la circostanza che esso sia prestato in maniera fissa e continuativa non è sufficiente a trasformare la natura della prestazione lavorativa resa oltre l’orario normale in prestazione ordinaria, salvo che, alla stregua di una corretta indagine di fatto riservata al giudice di merito, non risulti una specifica volontà delle parti intesa ad ampliare l’orario normale di lavoro conglobandovi lo straordinario fisso e continuativo, nonchè a trasformare il relativo compenso in retribuzione ordinaria utile ai fini del calcolo delle spettanze la cui quantificazione debba essere effettuata con riferimento ad essa; ne consegue che, in mancanza della prova di una siffatta deroga pattizia, il compenso per il cosiddetto straordinario fisso non è computabile nel calcolo degli istituti indiretti, quali le spettanze per ferie, mensilità aggiuntive, festività e riposi settimanali, non esistendo nell’ordinamento un principio generale di onnicomprensivita della retribuzione".

Con la terza censura l’Istituto ricorrente,denunciando, insufficiente motivazione nonchè violazione dell’art. 1362 c.c. in relazione alla normativa collettiva, assume che erroneamente la Corte del merito, quanto al computo della retribuzione corrisposta per lavoro straordinario negli istituti cd. indiretti (13^ e 14^ mensilità e retribuzione feriale, non ha tenuto conto delle specifiche declaratorie contrattuali che disciplinano siffatti istituti dalle quali non è evincibile un concetto di retribuzione onnicomprensiva.

Il motivo è fondato.

E’ ormai principio consolidato (tra le tante Cass. n. 4341 del 3 marzo 2004) che "Nel vigente ordinamento, in materia di retribuzione dovuta al prestatore di lavoro ai fini dei cc.dd. istituti indiretti (mensilità aggiuntive, ferie, malattia e infortunio), non esiste un principio generale ed inderogabile di omnicomprensivita, e, pertanto, nella quantificazione della retribuzione spettante il compenso per lavoro straordinario di turno può essere computato esclusivamente qualora ciò sia previsto da specifiche norme mediante in riferimento alla "retribuzione globale di fatto", ovvero dalla disciplina collettiva, da interpretare nel rispetto dei canoni di cui agli artt. 1362 e segg. c.c.".

In base al medesimo principio questa Corte con la sentenza n. 2781 del 06/02/2008 e con numerose altre conformi, rese in fattispecie del tutto analoghe, ha affermato che nell’interpretazione della disciplina contrattuale collettiva dei rapporti di lavoro, assume una rilevanza particolare il criterio della interpretazione complessiva delle clausole, di cui all’art. 1363 c.c., ed ha annullato con rinvio la sentenza di merito sul presupposto che questa non avesse indagato a sufficienza le norme dei contratti collettivi per i dipendenti dell’Istituto Poligrafico dello Stato del 1989 e del 1992 in materia di incidenza dello straordinario sull’onnicomprensività della retribuzione ed in tema di modalità di determinazione della tredicesima e quattordicesima mensilità. Si è osservato con la citata decisione che "La sentenza impugnata ritiene che l’incidenza dello straordinario continuativamente prestato su tali istituti derivi dall’art. 21 del C.C.N.L. del 1989 il quale darebbe della retribuzione una nozione onnicomprensiva, senza che nello stesso contratto esistano altri parametri che consentano di scorporare da tale nozione alcuno degli elementi retributivi percepiti viene interpretata nel senso che retribuzione sarebbe quanto percepito non solo per l’orario contrattuale, ma anche per lo straordinario fisso e continuativo (che come tale entrerebbe a far parte nello "orario normale"). Tale ricostruzione è del tutto carente, in quanto manca l’esame delle disposizioni dedicate agli istituti retributivi in parola dai due contratti collettivi in esame, nonchè dal regolamento del personale, che dedica specifiche norme alle modalità di determinazione della tredicesima e quattordicesima mensilità e ne fissa il computo in maniera fissa ed invariabile. Tale difetto di indagine comporta la violazione del canone ermeneutico della valutazione complessiva delle clausole contrattuali (art. 1363 c.c.), che la giurisprudenza di questa Corte ritiene di particolare rilievo nell’interpretazione dei contratti collettivi (Cass. 5.6.04 n. 10721 ed altre conformi)".

Ed infatti, una volta ripudiata la tesi della onnicomprensività della retribuzione, non resta all’interprete che esaminare le singole clausole della contrattazione collettiva, ed interpretarle le une per mezzo delle altre, per accertare quale fosse la reale volontà delle parti sul computo delle mensilità aggiuntive.

Nel caso di specie, poichè la sentenza è stata pubblicata dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006, deve invece procedersi all’interpretazione diretta della normativa contrattuale, come previsto dalla nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3.

Le disposizioni contrattuali da applicare sono le seguenti: in primo luogo quelle di cui alla "nomenclatura". I CCNL del 198 6 e del 1989 recano un’unica definizione (rispettivamente art. 19 ed all’art. 21):

"Le dizioni stipendio, salario, retribuzione devono essere intese come segue: Stipendio e salario è il corrispettivo spettante al quadro, all’impiegato e all’operaio in base ai valori base contrattuali di cui alla tabella dei minimi di stipendio e di salario riportato nella Parte Settima, ed all’indennità di contingenza;

Retribuzione è quanto complessivamente percepito dal quadro, dall’impiegato e dall’operaio per la sua prestazione lavorativa".

Le disposizioni in materia di tredicesima mensilità distinguono tra operai da una parte e quadri ed impiegati dall’altra e sono di identico tenore nel CCNL del 1986 ed in quello del 1989.

Per gli operai all’art. 8 si prevede: "La gratifica natalizia per gli operai e gli apprendisti è stabilita, per ciascun anno, nella misura di duecento ore di retribuzione….".

Per gli impiegati all’art. 8 (parte impiegati) si prevede: "L’azienda corrisponderà una tredicesima mensilità pari al 30/26 della retribuzione mensile percepita dall’impiegato…".

Quanto alla quattordicesima, essa è prevista all’art. 30 del regolamento del personale, concernente quadri, impiegati ed operai e reca la seguente previsione"…. L’ammontare di essa per i quadri e gli impiegati è pari ad una mensilità di retribuzione; per gli operai è pari al salario orario ragguagliato alla retribuzione ordinaria di un mese".

L’uso del termine "complessivamente" a cui si fa riferimento nella definizione di "retribuzione" vale a segnarne la distinzione rispetto al termine "stipendio o salario", perchè quest’ ultimo è comprensivo solo di paga base e contingenza, mentre la "retribuzione" è comprensiva di voci ulteriori che possono competere, come gli scatti di anzianità, spettanti sia agli operai sia agli impiegati (cfr. art. 9 di entrambe le parti del CCNL del 1989), o come l’indennità di turno che spetta agli operai delle aziende grafiche, o anche come l’indennità di cassa spettante agli impiegati (art. 11 CCNL 1989).

Il termine "complessivamente" non indica quindi inequivocabilmente che la "retribuzione" cui far riferimento, per quanto riguarda la tredicesima degli impiegati, debba includere il compenso per lavoro straordinario, perchè essa si riferisce alla inclusione di voci stipendiali diverse. Inoltre, nelle disposizioni concernenti compenso per il lavoro straordinario, che pure recano minuziose prescrizioni (art. 2 parte operai e art. 2 parte impiegati), non si prevede in alcun modo la inclusione dei relativi compensi nelle mensilità aggiuntive.

Va poi considerato elemento significativo il fatto che le parti stipulanti abbiano omesso di indicare le modalità attraverso le quali inserire, nella base di calcolo degli istituti indiretti, i compensi percepiti per lavoro straordinario, i quali, sia pur ricorrenti, sono sicuramente di importo variabile per ciascun mese.

Sarebbe allora indebito ogni intervento dell’interprete che dettasse una disposizione "di riempimento", per decidere in qual modo il compenso per lavoro straordinario dovrebbe essere inserito nella retribuzione spettante per le mensilità aggiuntive. Il silenzio serbato dalle parti sul punto è ancor più significativo se si considera il disposto dell’art. 22 della parte generale del CCNL, laddove figura "Compensi perequativi per le aziende grafiche" ove si dispone che le maggiorazioni per lavoro a turno, e quelle previste dalle norme tecniche delle singole specializzazioni, salvo i casi in cui questo sia prestato occasionalmente, saranno computate per la tredicesima mensilità a la gratifica natalizia "in base alle media maturata nell’anno…". Segno quindi che nei casi in cui si è davvero voluto includere nella tredicesima un compenso di importo mensilmente variabile, lo si è previsto espressamente e si è anche determinata la modalità di calcolo, a differenza di quanto risulta per il compenso per lavoro straordinario, su cui, appunto le parti tacciono.

Ancor più arduo sarebbe ritenere incluso il compenso per lavoro straordinario nella tredicesima degli operai, questa infatti è determinata a ore, perchè, come sopra rilevato, spetta "per ciascun anno, nella misura di duecento ore di retribuzione…..". Di talchè si dovrebbe preliminarmente determinare la retribuzione oraria comprendendovi il lavoro straordinario e quindi moltiplicare per duecento. Ma della applicabilità di questo tipo di conteggio non vi è traccia nel CCNL. Sì deve quindi concludere, alla luce delle molteplici clausole collettive esaminate, per la infondatezza della pretesa di inclusione del compenso per lavoro straordinario nella tredicesima nel vigore dei CCNL del 1986 e del 1989.

E’ parimenti infondata la pretesa di inclusione del compenso per lavoro straordinario nella quattordicesima mensilità.

Invero nè nel CCNL del 1986, nè in quello del 1989 si fa menzione del diritto ad una quattordicesima mensilità, che si ravvisa, così sostengono le parti in causa, nell’art. 30 del Regolamento del personale. In detta disposizione, mentre per gli impiegati si fa riferimento ad una mensilità di retribuzione, per gli operai si richiama il "salario orario ragguagliato alla retribuzione ordinaria di un mese". Ed il riferimento alla "retribuzione ordinaria" conduce pianamente alla esclusione dal computo del compenso per lavoro straordinario, quanto meno per gli operai, rilevando peraltro che sarebbe incongruo ritenerlo invece incluso per gli impiegati, non essendovi ragioni per discriminare tra i due tipi di lavoratori e restando comunque fermo il ravvisato vuoto, nel contratto, del sistema con cui si dovrebbe procedere a detta inclusione.

Quanto alla inclusione del compenso per lavoro straordinario nella retribuzione feriale, l’art. 5 del CCNL dispone che gli operai hanno diritto ogni anno ad un periodo di ferie, con la retribuzione commisurata all’orario contrattuale, pari a 27 giorni lavorativi. Il richiamo alla retribuzione di cui all’orario contrattuale non può che escludere la inclusione del compenso per lavoro straordinario, che, per definizione, non è quello contrattuale.

L’art. 6 per gli impiegati prevede il diritto, per ogni anno di servizio, ad un periodo di riposo con decorrenza della retribuzione, non inferiore ad un determinato numero di giorni. Anche in questo caso si fa dunque riferimento alla retribuzione, ma, come già osservato per la tredicesima, manca ogni indicazione sul sistema di inclusione del compenso per lavoro straordinario nella retribuzione feriale, ed anche in questo caso sarebbe irragionevole discriminare tra impiegati ed operai.

La sentenza impugnata conseguentemente va cassata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, che farà applicazione dei principi sopra enunciati.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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