T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 21-11-2011, n. 9113

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato all’Amministrazione comunale di Montefiascone in data 31 gennaio 2006 e depositato il successivo 24 febbraio, espone il ricorrente di svolgere in atto la professione di pescatore e che per essa ha necessità di mantenere una piccola costruzione insistente sulla battigia del Lago di Bolsena, ad uso ricovero attrezzi. Invece l’Amministrazione comunale gli ha ingiunto la demolizione di opere abusive, meglio oltre indicate, realizzate in assenza di permesso a costruire.

Avverso l’ingiunzione a demolire deduce:

1. Violazione di legge – principi generali della legge 7 agosto 1990, n. 241; articoli 4, 5, 6, 7, 8 e 10 della legge n. 241 del 1990:

2. Violazione di legge; principio di affidamento incolpevole del cittadino nella P.A.; eccesso di potere per difetto di istruttoria e difetto di motivazione.

3.Eccesso di potere; travisamento dei fatti; difetto di motivazione.

Conclude chiedendo l’accoglimento dell’istanza cautelare e del ricorso.

In assenza di costituzione della Amministrazione comunale alla Camera di Consiglio del 16 marzo 2006 è stata accolta la richiesta di sospensione cautelare del provvedimento impugnato.

Il ricorso, infine, è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 6 ottobre 2011.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato e va pertanto respinto.

Con esso l’interessato aggredisce l’ordinanza di demolizione delle seguenti opere realizzate in assenza di permesso a costruire:

a) "un manufatto in muratura intonacato di circa mq. 30 posto in opera da circa 40 anni;

b) tettoia con struttura in legno coperta da incannucciata e parapetto fronte lago e laterale poggiata su base di cemento di circa mq. 50;

c) recinzione in cannucciato e siepe di una parte dell’arenile per mq. 250 H. m. 2,00 all’interno della quale sono comprese le strutture di cui alle lettere a) e b);

d) recinzione in cannucciato di altra parte dell’arenile per circa mq. 90 di altezza mt. 2,00 a deposito barche ed attrezzi;

e) pavimentazione in mattoni a secco per circa 12 mq.;

f) pavimentazione in cemento in aderenza al manufatto in muratura per circa 15 mq.;

g) piccolo pontile in legno e ferro;

h) occupazione di circa 350 mq. di arenile demaniale;".

2. Avverso tale provvedimento in sostanza l’interessato sostiene che l’ordinanza di demolizione delle opere ritenute dall’Amministrazione abusive gli è stata notificata senza che gli sia stato preventivamente comunicato l’avvio del relativo procedimento, sicché egli non ha potuto opporre le proprie ragioni. Nell’ingiunzione viene citata una comunicazione del Comando di Polizia Locale (a prot. n. 13561 del 9 agosto 2005), ma questa non è stata portata a sua conoscenza e mancherebbe anche una adeguata istruttoria. Vi sarebbe una comunicazione inviata nel giugno 2005 al ricorrente dal medesimo Comando, ma riguarderebbe un procedimento diverso attivato ad altri fini e del tutto avulso rispetto a quello definito dall’ingiunzione impugnata.

La censura appare sprovvista di ogni fondatezza.

L’ordinanza di demolizione è provvedimento espressione di attività vincolata in ordine al quale non sono predicabili utili apporti degli interessati al procedimento di adozione, (TAR Lazio, sezione I quater, 10 dicembre 2010, n. 36046 e TAR Umbria, Perugia, 28 ottobre 2010, n. 499), non potendo gli amministratori comunali abdicare in alcun modo al potere di vigilanza edilizia, per come è attribuito per legge ai sensi dell’art. 107 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267.

Anche l’osservazione che il corpo principale delle opere sarebbe stato realizzato dal padre del ricorrente sin dagli anni sessanta, non consente comunque di condividere la censura, dal momento che l’interessato ha incrementato il manufatto preesistente con altre opere, anch’esse sprovviste di titolo abilitativo edilizio oltre che di concessione demaniale, sicché l’amministrazione comunale non ha potuto operare altrimenti.

3. L’interessato lamenta, inoltre, che il provvedimento sarebbe completamente sprovvisto di idonea motivazione, soprattutto in ordine alla comunicazione della Polizia locale in data 9 agosto 2005, mai messa a disposizione. Peraltro l’ingiunzione reca che il manufatto in muratura, intonacato e con copertura in tegola di circa mq. 30 sarebbe stato realizzato 40 anni prima, ma non indica quando le ulteriori opere sanzionate sarebbero state realizzate e quindi difetta anche nell’istruttoria.

La censura può essere esaminata unitamente all’ultima con la quale l’interessato fa valere che non è dato comprendere in che cosa risiederebbe la natura abusiva delle opere: risulta in atti che l’Ufficio del Genio Civile di Viterbo aveva concesso al padre l’occupazione della superficie di mq. 200, dei quali mq. 30 coperti da un manufatto adibito a ricovero e deposito mezzi di arenile demaniale del lago di Bolsena in comune di Montefiascone e che successivamente lo stesso ricorrente lo ha sempre utilizzato per l’esercizio della professione di pescatore nella quale era subentrato al padre. Le altre opere realizzate in più sono state dettate dalla necessità di difendere i manufatti preesistenti dal deterioramento provocato da fenomeni atmosferici persistenti.

Riguardo a tali censure occorre notare che del tutto irrilevante appare la considerazione che mancherebbe nel provvedimento ogni riferimento alla data in cui le opere siano state realizzate o che chiarisca il motivo della loro abusività, posto che tali osservazioni nulla tolgono alla circostanza che, quand’anche il ricorrente abbia continuato a corrispondere i canoni demaniali al posto del padre, tuttavia per tutti i manufatti indicati nell’ingiunzione e sopra riportati, egli risulta sprovvisto di idoneo titolo edilizio abilitativo.

Di conseguenza null’altro doveva dimostrare il Comune se non l’esistenza di opere realizzate su area demaniale a ridosso della battigia del Lago di Bolsena in assenza sia di permesso a costruire, sia dei necessari nulla osta delle autorità preposte alla tutela del vincolo lacuale.

Né la circostanza che il ricorrente sia subentrato al padre nell’uso del suolo demaniale, consente di ritenere sussistente nel provvedimento impugnato il dedotto difetto di istruttoria; posto, infatti, che il ricorrente ha attivato un procedimento di subentro nella concessione del suolo in prossimità del Lago di Bolsena di cui già godeva il padre, risulta per tabulas che quest’ultimo non era in possesso del titolo abilitativo per il manufatto principale come non lo è l’interessato per le restanti opere (recinzione in cannucce, pavimentazione in mattoni a secco per guadagnare un piccolo camminamento sulla riva), asseritamente realizzate per esigenze di incolumità personale e per difendere le preesistenze dal deterioramento provocato da fenomeni atmosferici sul Lago di Bolsena.

4. Per le superiori considerazioni il provvedimento va trovato scevro dalle dedotte censure ed il ricorso va, di conseguenza, respinto.

5. Non vi è luogo a provvedere sulle spese in assenza di costituzione dell’Amministrazione comunale.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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