T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 21-11-2011, n. 9111

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato all’Amministrazione comunale di Pomezia ed all’Agenzia del Demanio in data 8 febbraio 2011 e depositato il successivo 25 febbraio espone la ricorrente di essere proprietaria dell’immobile situato in Torvaianica censito al NCEU al Foglio 25 particella n. 239, sul quale sarebbe stato realizzato il manufatto sanzionato dall’ordinanza impugnata.

Avverso tale ingiunzione l’interessata propone:

1. eccesso di potere per erroneità e difetto dei presupposti di fatto e di diritto; inesatta e incongrua rappresentazione della realtà, contraddittorietà ed illogicità del provvedimento sviamento.

2. Eccesso di potere per erroneità e difetto dei presupposti di fatto e di diritto. Inesatta e incongrua rappresentazione della realtà contraddittorietà ed illogicità del provvedimento, violazione di legge difetto di istruttoria.

3. Violazione di legge, violazione degli articoli 7 e 8 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

4. Difetto di motivazione ed eccesso di potere.

Conclude chiedendo l’accoglimento dell’istanza cautelare e del ricorso.

L’Amministrazione comunale si è costituita in giudizio ed ha contestato ogni doglianza.

Alla Camera di Consiglio del 31 marzo 2011 l’istanza cautelare è stata accolta ai fini del riesame apparendo errata nel provvedimento impugnato l’indicazione della particella sulla quale sorgerebbe il manufatto in demolizione.

L’Amministrazione comunale con successivo provvedimento del 28 aprile, come in epigrafe indicato ha proceduto al richiesto riesame e, di conseguenza, la ricorrente ha impugnato anche la nuova ordinanza di demolizione proponendo le seguenti doglianze:

1. Illegittimità derivata per difetto di motivazione – eccesso di potere.

2. Violazione di legge, violazione degli articoli 1 e 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

3. Eccesso di potere per difetto di istruttoria.

Conclude con istanze istruttorie e chiedendo l’accoglimento dell’istanza cautelare e dei motivi aggiunti.

Alla Camera di Consiglio del 14 settembre 2001 l’istanza cautelare è stata respinta in vista della già fissata udienza di merito.

Il ricorso è stato infine trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 6 ottobre 2011.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato e va pertanto respinto.

Con esso la ricorrente impugna l’ingiunzione meglio in epigrafe indicata e con la quale l’Amministrazione comunale ha disposto la demolizione ed il ripristino di una area demaniale marittima risultando: "una parte della superficie della particella catastale di pubblico demanio marittimo n. 239 foglio 25 utilizzata come area di pertinenza della retrostante proprietà mediante uno sconfinamento sulla stessa, quantificato in mq. 54,00 circa…in particolare un manufatto adibito a bagno di mq. 5,5 circa posto sul lato nord un manufatto adibito a ripostiglio posto sul lato sud di mq. 6,75 circa e la restante area di mq. 41,75 adibita a cortile pavimentato e muro a delimitazione fronte mare…inoltre il cortile risulta parzialmente coperto da n. 2 distinte tettoie in legno e tegole ognuna di mq. 6,40 circa e sul muro di delimitazione fronte mare, vi sono 2 lucernari ed accesso verso la spiaggia…sempre su area di pubblico demanio marittimo è stato realizzato un pianerottolo pavimentato con n. 2 muretti laterali…" il tutto in assenza di titolo demaniale autorizzativo ed in violazione all’art. 54 e 1161 C.N.

2. Con la prima censura proposta parte ricorrente ha posto in rilievo che nella ordinanza di demolizione vi era l’erronea indicazione della particella cui riferire l’occupazione demaniale, trovandosi questa su proprietà privata; ne veniva dato atto alla Camera di Consiglio del 31 marzo 2011, a seguito della quale l’Amministrazione comunale rettificava l’ordinanza con il provvedimento impugnato con i motivi aggiunti, fermo restandone il contenuto sanzionatorio.

Di conseguenza la ricorrente ha impugnato l’ordinanza di rettifica avverso la quale ha confermato le doglianze proposte avverso quella principalmente proposta posto che la rettifica sostanzialmente continua a sanzionare l’abuso commesso, pur individuandolo sulla particella catastale corretta.

La prima censura opposta dall’interessata è dunque improcedibile, mentre vanno esaminate le restanti proposte sia col ricorso principale, sia insistite con i motivi aggiunti.

3. Con la seconda censura la ricorrente fa valere che le violazioni desunte nel provvedimento non sono tali, in quanto per le opere insistenti sulla particella – non demaniale – è stata presentata domanda di concessione in sanatoria in data 27 febbraio 1995 a n. 9515 e per la quale il Comune di Pomezia ha rilasciato la concessione edilizia in sanatoria in data 7 febbraio 2002, n. 19, della quale non è in possesso ma che si riserva di produrre chiedendone copia.

Al riguardo, la circostanza di cui sopra, rimasta peraltro non provata per la mancata produzione in giudizio del documento concessorio, non rimuove la questione principale e che cioè per quanto riguarda i manufatti realizzati sull’area demaniale – la particella 2444 – la ricorrente risulta sprovvista di titolo abilitativo demaniale e ciò indipendentemente dalla avvenuta sanatoria delle opere realizzate sulla particella, attualmente di sua proprietà.

Ai sensi dell’art. 55 C.N., infatti "L’esecuzione di nuove opere entro una zona di trenta metri dal demanio marittimo o dal ciglio dei terreni elevati sul mare è sottoposta all’autorizzazione del capo del compartimento", che nel caso di specie appunto manca.

4. Va respinta pure la censura di mancata comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio, atteso che, come rilevato nella analoga fattispecie di ingiunzione di sgombero sulla medesima area demaniale di Torvaianica "E’ noto che le ordinanze di demolizione o come in questo caso le ingiunzioni di sgombero sono atti vincolati, nei confronti dei quali non è predicabile alcun utile apporto degli interessati (TAR Lazio, sezione I quater, 10 dicembre 2010, n. 36046 e la giurisprudenza ivi citata: TAR Umbria, Perugia, 28 ottobre 2010, n. 499 e di recente, TAR Puglia, Lecce, sezione III, 9 febbraio 2011, n. 240), sicché non se ne può senz’altro far derivare la illegittimità del provvedimento impugnato a causa della sua mancanza" (TAR Lazio, sez. I quater, 21 giugno 2011, n. 5486).

5. Con la quarta censura del ricorso principale l’interessata fa valere che l’ordinanza non riporta puntualmente le disposizioni sulle quali si fonda; infatti nel preambolo mancano le precise indicazioni dei fatti e delle violazioni di legge, contro il principio di trasparenza dell’attività amministrativa. Osserva che è mancata una adeguata comparazione tra l’interesse pubblico e quello del privato, dato che nella zona vi sono numerosi altri immobili che si trovano nella stessa identica condizione, ma la ricorrente ha acquistato l’immobile soltanto nel 2002 e le opere risalgono almeno a trent’anni prima.

Come chiarito in altre analoghe occasioni la circostanza che l’opera abusiva sia stata realizzata da altri ed in un momento risalente nel tempo – asseritamente trenta anni prima – non fa perdere all’Amministrazione il potere di reprimere gli abusi, contrariamente a quanto sostenuto in ricorso, in quanto "la realizzazione di un’opera abusiva costituisce comunque un illecito permanente, che si protrae nel tempo e viene meno solo con il cessare della situazione di illiceità, vale a dire con il conseguimento delle prescritte autorizzazioni" (TAR Lazio, sezione I quater, 6 aprile 2011, n. 3037 e la giurisprudenza ivi citata: Consiglio di Stato, sezione IV, 16 aprile 2010, n. 2160).

Quanto poi alla argomentazione secondo cui la situazione è analoga a quella di numerosi altri immobili nella zona, occorre osservare che se ad essa si volesse sottendere una disparità di trattamento rispetto a identiche situazioni è da rilevare che, per giurisprudenza costante sull’argomento essendo i provvedimenti sanzionatori in materia di edilizia atti vincolati, per essi non sono configurabili situazioni di disparità di trattamento nei confronti di altri soggetti, (cfr. TAR Lazio, sezione I quater, 21 giugno 2011, n. 5487), sempre fermo restando che tale aspetto appare comunque genericamente dedotto.

6. Con i motivi aggiunti la ricorrente riproduce la censura esaminata per prima alle cui contestazioni occorre dunque fare riferimento.

Con la seconda doglianza osserva che non è stato indicato il termine e l’autorità cui ricorrere, ma al riguardo occorre osservare che tale censura formale non può essere accolta, alla stregua dell’art. 21 octies della legge 7 agosto 1990, n. 241 che non consente al giudice di annullare il provvedimento per vizi formali, laddove il ricorrente non dimostri che il suo contenuto avrebbe potuto essere diverso (TAR Lazio, sezione I quater, 11 gennaio 2011, n. 123 e la citata: TAR Puglia, Bari, sezione III, 10 giugno 2010, n. 2406) mentre per le superiori considerazioni tale prova non appare, nel caso, raggiunta.

Né può essere condivisa l’ultima censura proposta con la quale l’interessata fa valere che l’Amministrazione non ha predisposto le necessarie misurazioni a delimitazione tra la particella 239 di sua proprietà e la particella 2444 di demanio marittimo, tanto più necessarie in quanto l’avanzamento del mare ha determinato un restringimento dell’arenile stesso su tutta la zona di Torvajanica. Il difetto di istruttoria è tanto più grave se si tiene conto che in data 14 giugno 2011 la ricorrente ha presentato al Comune di Pomezia – Ufficio demanio marittimo istanza di sdemanializzazione marittima del Foglio 25 particella 2444 relativamente alla superficie di detta particella ove insiste l’area di pertinenza della proprietà privata della stessa.

A parte che, come osservato del tutto condivisibilmente dal Comune, la circostanza che la ricorrente abbia presentato istanza di sdemanializzazione di parte dell’area demaniale confinante con la sua proprietà dimostra che è ben consapevole della demanialità della stessa e che, quindi, non è di sua proprietà, sicché non può ora dolersi di un indimostrato difetto di istruttoria, va rilevato che, come chiarito in altre analoghe occasioni, è chi asserisce di essere proprietario di un suolo ad avere "l’onere di dare la prova del suo titolo di acquisto (contratto di compravendita, eredità, donazione) e del titolo di acquisto dei precedenti titolari fino ad arrivare a quello originario, secondo il criterio della cosiddetta probatio diabolica" e "non è concepibile neppure un’inversione dell’onere della prova a carico dell’Amministrazione comunale che, secondo le tesi di parte ricorrente, non avrebbe dimostrato la demanialità dell’area" (per l’analoga fattispecie: TAR Calabria, Catanzaro, 3 maggio 2006, n. 460) o non avrebbe predisposto le opportune misurazioni resesi necessarie per il fenomeno della erosione delle coste italiane, con conseguente reiezione anche di questa ultima censura.

7. Per le superiori considerazioni il ricorso principale ed i motivi aggiunti vanno respinti.

8. Sussistono tuttavia giusti motivi per la compensazione delle spese di giudizio ed onorari tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge in ogni sua parte.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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