T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 21-11-2011, n. 9110

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato all’Amministrazione comunale in data 17 marzo 2005 e depositato il successivo 24 marzo 2005 espone il ricorrente di essere proprietario di un immobile sito nel territorio del Comune convenuto e che il precedente proprietario, in sede di compravendita, dichiarava di avere realizzato il fabbricato in assenza di titoli abilitativi e perciò di averne presentato la relativa domanda di sanatoria ai sensi della legge 24 novembre 2003, n. 326 in data 20 febbraio 2004 oltre ad avere richiesto il parere per i vincoli esistenti in data 1° luglio 2004.

L’interessato rappresenta altresì che, al momento dell’acquisto, sul terreno di pertinenza dell’abitazione, insisteva già da molti anni una serra in struttura metallica portante e ricoperta di materiale plastico, sicchè egli in data 9 novembre 2004 comunicava al Comune la sostituzione della copertura, vedendosi tuttavia recapitare l’ingiunzione al momento gravata.

Espone di avere presentato in data 31 gennaio 2005 una ulteriore domanda di sanatoria ex art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, ma che il Comune, previa disamina della stessa, gli comunicava la necessità di acquisire il parere della Regione Lazio – Tutela ambientale e del Parco Naturale "Complesso locale di Bracciano – Martignano". Rappresenta infine che sulla vicenda è pendente presso il Tribunale di Civitavecchia procedimento penale.

Avverso l’ingiunzione l’interessato deduce:

1. Eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto dei presupposti e carenza di istruttoria.

2. Violazione e falsa applicazione degli articoli 27 e 32 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380; eccesso di potere sotto vari profili.

3. Ancora eccesso di potere: errore nell’identificazione dell’autore del preteso abuso.

4. Violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380; eccesso di potere: contraddittorietà tra più atti.

5. Violazione e falsa applicazione degli articoli 6, 7 e 8 della legge n. 241 del 1990; eccesso di potere sotto vari profili.

Conclude per l’accoglimento dell’istanza cautelare e del ricorso.

In assenza di costituzione dell’amministrazione resistente alla Camera di Consiglio del 19 aprile 2005 l’istanza cautelare è stata accolta nei limiti.

Pervenuto il ricorso alla pubblica udienza del 18 marzo 2010 il Collegio non lo ha ancora ritenuto pronto per la decisione ed ha disposto un’istruttoria, reiterata alla pubblica del 17 febbraio 2011.

Eseguiti gli incombenti il ricorso infine è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 6 ottobre 2011.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato e va pertanto respinto.

Con esso l’interessato, proprietario di un immobile con annesso terreno di pertinenza, grava l’ordinanza con la quale il Comune di Trevignano Romano gli ha ingiunto la demolizione di una "tettoia delle dimensioni di m. 54,00 x m. 12,50 per un altezza alla gronda di m. 3,00 aperta su ogni lato ed avente struttura portante metallica e copertura in lamiera zincata" eseguita in assenza di titolo autorizzativo, in zona vincolata per insistere l’area nel complesso del Parco del Lago di Bracciano.

2. In fatto occorre premettere che il ricorrente, dopo l’acquisto del fondo così come comprendente la serra della cui copertura si discute, avvenuta nel luglio 2004, in data 9 novembre 2004 comunicava al Comune di Trevignano Romano di voler provvedere alla "sostituzione dell’originaria copertura in materiale plastico con dei pannelli di lamiera grecata verniciata di colore grigio, mantenendo la precedente struttura metallica portante".

Tale comunicazione non trovava ostacolo nel Comune, che soltanto un mese dopo, con l’ordinanza impugnata, manifestava il proprio dissenso sulla sostituzione del tetto della struttura, pur ferme restandone le dimensioni.

Una volta ricevuta l’ingiunzione di demolizione, avuta contezza della motivazione, il ricorrente si attivava richiedendo al Comune in data 31 gennaio 2005 l’accertamento di conformità ex art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, alla Regione Lazio il parere di compatibilità paesaggistica ed all’Ente Parco il nulla osta di competenza, per il rifacimento della copertura della detta struttura.

In ordine alla istanza di accertamento di conformità ex art. 36/d.P.R. n. 380 il Comune si pronunciava interlocutoriamente con nota a prot. 2695 del 5 marzo 2005, rappresentando all’interessato che avrebbe dovuto prima ottenere il parere della Regione Lazio – Tutela Ambientale e quello dell’Ente Parco Naturale Bracciano – Martignano.

Con provvedimento del 22 marzo 2005 quest’ultimo esprimeva diniego al rilascio del nulla osta a favore del ricorrente "per la sanatoria di una tettoia realizzata su terreno sito nel Comune di Trevignano Romano, Loc. La Possessione, distinto al catasto foglio n. 10 particella n. 852 ricadente in zona B del Parco".

Tale provvedimento veniva impugnato dall’interessato con ricorso a n. 5284/2005 trattato in altra sezione, e con il quale venivano gravati il detto provvedimento di diniego del nulla osta e con motivi aggiunti altro provvedimento di diniego pronunciato dall’Ente Parco in data 17 agosto 2005. La sezione competente accoglieva la istanza cautelare motivando esplicitamente che per la "copertura di un capannone" "la stessa difesa dell’Ente Parco nella memoria del 13122005, riconosce non sussistere l’obbligo di richiedere il nullaosta".

Riguardo al parere di compatibilità paesaggistica, richiesto dal ricorrente alla Regione Lazio ai sensi dell’art. 1, comma 39 della legge 15 dicembre 2004, n. 308, con una delle istanze del 31 gennaio 2005, all’esito dell’istruttoria disposta invece nel ricorso in esame, è risultato dalla nota comunale in data 28 luglio 2010 che a tutt’oggi esso non risulta pervenuto.

3. Ciò premesso, va rilevato che il ricorso non è fondato e vanno esaminate per prime la seconda e la quarta censura che appaiono dirimenti.

3.1 In particolare il ricorrente sostiene che l’art. 27 del d.P.R. n. 380 del 2001 stabilisce una graduazione dei provvedimenti che l’amministrazione può adottare a fronte di un ritenuto abuso; e cioè dapprima l’ordine di sospensione dei lavori e solo successivamente la demolizione, qualora il soggetto gravato non abbia ottemperato, ad esempio adottando gli opportuni accorgimenti per rendere l’opera conforme agli strumenti urbanistici, mentre egli ha presentato una domanda di accertamento di conformità, allo stato ancora pendente.

Come chiarito dalla sezione in altre analoghe circostanze "l’art. 27 del d.P.R. n. 380 del 2001 riconosce all’Amministrazione Comunale un generale potere di vigilanza e controllo su tutte le attività urbanisticoedilizie del territorio,… e impone l’obbligo, per il dirigente, di adottare immediatamente provvedimenti definitivi, al fine di ripristinare la legalità violata dall’intervento edilizio realizzato, mediante l’esercizio di un poteredovere del tutto vincolato dell’organo comunale, senza margini di discrezionalità, diretto a reprimere gli abusi edilizi accertati." (TAR Lazio, sez. I quater, 24 gennaio 2011, n. 693 e la giurisprudenza ivi citata: TAR Campania, sezione IV, 9 aprile 2010, n. 1884), di tal che, a fronte di abusi edilizi, la circostanza che la sospensione sia contestuale alla demolizione non inficia quest’ultimo provvedimento.

Al riguardo ed in ordine al potere speso dall’Amministrazione comunale con l’ordinanza di sospensione viene pure osservato che "nessuna norma prevede che la demolizione debba essere necessariamente preceduta dall’ordine di sospensione dei lavori. Ed, infatti, la sospensione dei lavori attiene ad un potere cautelare e, quindi, ontologicamente diverso da quello cui inerisce la misura ripristinatoria che ha natura vincolata e, quindi, necessitata (TAR Lazio, sezione I quater, 8 giugno 2011, n. 5082).

3.2 Con la quarta censura il ricorrente rileva che pur avendo chiesto la sanatoria edilizia per le opere realizzate, tuttavia, il Comune, invece di pronunciarsi su di essa e pur attivandosi sulla detta istanza, ha avviato un altro procedimento, quello sanzionatorio, mentre il primo potrebbe concludersi del tutto favorevolmente per l’interessato.

Anche per tale doglianza non può non farsi riferimento alla giurisprudenza cui aderisce la sezione e stante la quale dalla presentazione della domanda di accertamento di conformità ex art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 non possono trarsi le stesse conseguenze che derivano da quella di condono disciplinato nel corso degli anni dalle leggi 28 febbraio 1985, n. 47, o 23 dicembre 1994, n. 724 o ex art. 32 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito nella legge 24 novembre 2003, n. 326, in quanto il procedimento di accertamento di conformità ex art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001 ha finalità e modalità diverse da quello di condono "atteso che l’uno (condono edilizio) concerne il perdono ex lege per la realizzazione sine titulo abilitativo di un manufatto in contrasto con le prescrizioni urbanistiche (violazione sostanziale) l’altro (sanatoria ex art. 13 legge 47/85 oggi art. 36 DPR n. 380/2001) l’accertamento ex post della conformità dell’intervento edilizio realizzato senza preventivo titolo abilitativo agli strumenti urbanistici (violazione formale), sicchè non può trarsi per esso la medesima necessitata conclusione della sospensione del procedimento sanzionatorio, come sotteso al ricorso", (TAR Lazio, sezione I quater, 11 gennaio 2011, n. 124 e TAR Lazio, sezione I quater, 22 dicembre 2010, n. 38207 con la giurisprudenza ivi citata: TAR Campania, Napoli, sezione VI, 3 settembre 2010, n. 17282).

Né l’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001 che disciplina l’accertamento di conformità contiene, in analogia a quanto è stabilito dalle norme sui condoni, il riferimento ai Capi IV e V della legge n. 47 del 1985 come è recato, invece, dall’art. 32, comma 25 della legge n. 326 del 2003, che quindi richiamando l’art. 44 della L. n. 47 – contenuto nel Capo IV – il quale dispone, appunto, la sospensione dei procedimenti amministrativi sanzionatori in presenza della domanda di condono, ne consente l’applicazione anche ai procedimenti di condono più recenti, sicché a maggior ragione la censura non può essere condivisa.

3.3. Né può essere condivisa quella di mancato avvio del procedimento proposta per ultima, atteso che l’ordinanza di demolizione è un provvedimento vincolato, sicché per essa non sono predicabili utili apporti degli interessati al procedimento, non potendo l’amministrazione adottare un provvedimento diverso in presenza di abusi, come quello in esame di rimozione e sostituzione della copertura della serra realizzata senza idoneo titolo abilitativo (cfr. TAR Lazio, sezione I quater, 10 dicembre 2010, n. 36046 e la giurisprudenza ivi citata).

3.4 Nella considerazione che le censure esaminate sopra rendono quasi superfluo l’esame delle altre, va conclusivamente osservato che anche la prima di esse, con la quale l’interessato lamenta che con l’ordinanza in questione viene contestata non la sola realizzazione della tettoia della serra, ma anche l’edificazione dell’intera struttura, mentre questa era preesistente da anni ed è stata acquistata dal ricorrente soltanto nel luglio 2004, appare smentita dal tenore letterale del provvedimento, con il quale il Comune di Trevignano colpisce letteralmente la "realizzazione di una tettoia….", per come sopra riportato e per come si ricava pure dal parere dell’Ente Parco nella memoria resa nel giudizio relativo al diniego di nulla osta in sanatoria – cui sopra accennato – e nel quale l’Ente "riconosce non sussistere l’obbligo di richiedere il nullaosta".

E pure non condivisibile appare la doglianza di mancata esatta identificazione del responsabile dell’abuso che qualora l’ordinanza sia riferita all’intera struttura, sarebbe stato il precedente proprietario, dal momento che per giurisprudenza costante l’ingiunzione di demolizione può essere legittimamente adottata anche nei confronti dell’attuale proprietario dell’immobile salvo la possibilità per quest’ultimo di rivalersi sul terzo realizzatore dell’abuso, (TAR Umbria, 7 dicembre 2010, n. 521) qualora l’opera sia abusiva e l’attuale proprietario non ne sia responsabile.

4. Per le superiori considerazioni il ricorso va pertanto respinto.

5. Non vi è luogo a provvedere sulle spese non essendosi costituita l’Amministrazione comunale.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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