Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 26-09-2011) 24-10-2011, n. 38230

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il 30 marzo 2010 la Corte d’appello di Torino confermava la sentenza del locale in data 29 settembre 2009 che aveva dichiarato S.I. colpevole del delitto previsto dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5-quater e, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche dichiarate equivalenti alla contestata recidiva, lo aveva condannato alla pena di otto mesi di reclusione.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione personalmente l’imputato, il quale lamenta violazione di legge e vizio della motivazione in relazione agli elementi posti a base dell’affermazione di penale responsabilità.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

1. Il Collegio rileva che, a seguito della sentenza del 28 aprile 2011 della Corte di giustizia Europea, secondo cui gli artt. 15 e 16 della direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio d’Europa del 16 dicembre 2008/115/CE devono essere interpreti nel senso che essi ostano ad una normativa dello Stato membro, come quella oggetto del presente procedimento, che prevede l’irrogazione della pena della reclusione al cittadino di un Paese terzo il cui soggiorno sia irregolare per la sola ragione che questi, in violazione di un ordine di lasciare entro un determinato termine il territorio dello Stato, permane in detto territorio senza giustificato motivo, il giudice nazionale è tenuto a disapplicare le norme incriminatrici di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, commi 5-ter e 5 quater e successive modifiche (Sez. 1, 28 aprile 2011, sentenze nn. 1590, 1594, 1606 del 2011), tenendo altresì nel debito conto il principio "dell’applicazione retroattiva della pena più mite, il quale fa parte delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri". 2. La pronunzia richiamata è stata assunta, come detto, in relazione all’ipotesi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5- ter.

Ritiene tuttavia il Collegio che le conclusioni ivi raggiunte valgano, a fortiori, per il reato previsto dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5-quater, cui si riferisce la sentenza oggetto di ricorso, per le ragioni di seguito indicate.

3. A ragione della decisione, la Corte di giustizia ha osservato:

– che la successione delle fasi della procedura di rimpatrio stabilita dalla direttiva 2008/115 risponde a una esigenza di "gradazione delle misure da prendere per dare esecuzione alla decisione di rimpatrio, gradazione che va dalla misura meno restrittiva per la libertà dell’interessato – la concessione di un termine per la sua partenza volontaria – alla misura che maggiormente limita la sua libertà";

– che in tutte le fasi di detta procedura sussiste l’obbligo di osservare il "principio di proporzionalità";

– che persino il trattenimento, che rappresenta la misura più restrittiva della libertà consentita dalla direttiva, è strettamente regolamentato, quanto a durata e modalità, "allo scopo di assicurare il rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini interessati dei paesi terzi" e di "limitare la privazione della libertà dei cittadini di paesi terzi in situazione di allontanamento coattivo" entro termini ragionevoli e i più brevi possibili (in conformità all’ammonizione già impartita dall’ottavo dei "Venti orientamenti sul rimpatrio forzato" adottati il 4 maggio 2005 dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa;

– che gli Stati membri non possono introdurre, al fine di ovviare all’insuccesso delle misure coercitive adottate per procedere al rimpatrio coattivo conformemente all’art. 8 n. 4 della direttiva, una pena detentiva quale quella prevista dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5-ter, "solo perchè un cittadino di un paese terzo, dopo che gli è stato notificato un ordine di lasciare il territorio di uno Stato membro e che il termine impartito con tale ordine è scaduto, permane in maniera irregolare nel territorio nazionale", dovendo "essi Stati invece, continuare ad adoperarsi per dare esecuzione alla decisione di rimpatrio, che continua a produrre i suoi effetti";

– che una regolamentazione nazionale quale quella oggetto d’esame finisce per ostacolare la stessa applicazione delle misure di cui all’art. 8, n. 1, della direttiva medesima (in base alla quale "Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per eseguire la decisione di rimpatrio qualora non sia stato concesso un periodo per la partenza volontaria a norma dell’art. 7, paragrafo 4, o per mancato adempimento dell’obbligo di rimpatrio entro il periodo per la partenza volontaria concesso a norma dell’art. 7") e ritardare l’esecuzione della decisione di rimpatrio.

4. Avuto riguardo alla condotta incriminata dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5-quater, alla sua struttura – che presuppone l’esistenza anche di una precedente contestazione ai sensi dell’art. 14, comma 5-ter e, mediante il richiamato art. 14, comma 5-bis, risulta inaccettabilmente sostituita dal mero reiterato riferimento alla obiettiva impossibilità di dar corso alla espulsione coattiva o di trattenere lo straniero presso un centro di identificazione ed espulsione, in ipotesi anche a causa dell’inutile decorso dei tempi di permanenza in tale struttura – è indubbio che la fattispecie di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma quater, deve considerarsi non più applicabile nell’ordinamento interno (Sez. 1, 28 aprile 2011, n. 24009). La decisione della Corte di Giustizia, interpretando in maniera autoritativa il diritto dell’Unione con effetto diretto per tutti gli Stati membri e le rispettive giurisdizioni, incide sul sistema normativo impedendo la configurabilità del reato.

5. La nuova formulazione dell’art. 14, comma 5, introdotta con il D.L. 23 giugno 2011, n. 89, non realizza una continuità normativa con la precedente disposizione sia per lo iato temporale intercorrente dalla scadenza del termine di recepimento al momento di entrata in vigore delle nuove disposizioni sia per la diversità dei presupposti sia, infine, per la differente tipologia delle condotte integranti l’illecito delineato.

6. Per tutte le ragioni sin qui esposte s’impone, quindi, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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