Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 06-04-2012, n. 5581 Controversie di lavoro

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 20.5/8.7.2009 la Corte di appello di Napoli confermava la decisione di primo grado che aveva rigettato la domanda proposta da D.P.A. per la condanna della Tirrenia di Navigazione spa al risarcimento del danno per mancata contribuzione ex art. 2116 c.c..

Osservava la Corte territoriale che il lavoratore non aveva chiesto il risarcimento del danno da perdita della pensione, tanto che non aveva dedotto, nè dimostrato di non poter aspirare al trattamento pensionistico per effetto dell’inadempimento del datore di lavoro, ma aveva piuttosto agito per il risarcimento del danno da irregolarità contributiva; richiesta, tuttavia, che ben avrebbe potuto formularsi in seno al ricorso proposto nel marzo del 1990 ai fini del risarcimento dei danni conseguenti alla illegittima cancellazione dal turno particolare e ormai preclusa dal relativo giudicato. Per la cassazione della sentenza propone ricorso D.P.A. con due motivi. Resiste con controricorso, illustrato con memoria, la Tirrenia di Navigazione spa., la quale ha anche proposto ricorso incidentale condizionato.

Motivi della decisione

1. I ricorsi vanno preliminarmente riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

2. Con il primo motivo del ricorso principale, svolto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione agli artt. 2907 e 2935 c.c., il ricorrente denuncia violazione di legge osservando che, alla data del precedente ricorso, i contributi previdenziali non erano prescritti, per cui non era proponibile alcuna azione risarcitoria, sicchè inconferente appariva il riferimento ad un intervenuto giudicato.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5) osservando come la domanda di risarcimento avrebbe potuto proporsi solo per effetto del giudicato intervenuto sul(la illegittimità del) licenziamento e sulla conseguente condanna al pagamento delle retribuzioni medio tempore maturate; giudicato formatosi solo nel 1997 sulla sentenza del Tribunale di Napoli del 29.10.1996. 3. I motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto incentrati sulla esistenza di un pregresso e vincolante giudicato, e sono meritevoli di accoglimento nei sensi di cui in motivazione.

4. Ha accertato, in punto di fatto, la Corte territoriale che, su precedente ricorso del 29.3.1990, il Pretore di Napoli, dichiarata l’illegittimità del provvedimento di cancellazione del dipendente dal turno particolare, aveva condannato la società Tirrenia al risarcimento del relativo danno, determinandolo in misura pari alle retribuzioni maturate e non percepite fino al luglio 1989, e che su tale sentenza si è formato il giudicato.

Il ricorrente ha, quindi, con ulteriore domanda, richiesto la condanna della Tirrenia, in via principale, al versamento dei contributi assicurativi per il periodo dicembre 1982/luglio 1989 e, in subordine, al risarcimento del danno ex art. 2116 c.c., comma 2.

Ad avviso della Corte partenopea quest’ultima domanda, da qualificarsi, in difetto di prova delle condizioni per l’accesso al trattamento pensionistico, come domanda di risarcimento del danno da irregolarità contributiva, sarebbe preclusa dal giudicato formatosi sulla prima domanda di risarcimento, in virtù del principio che il giudicato copre il dedotto e il deducibile.

Non si può, tuttavia, non osservare che se è vero che il giudicato copre il dedotto ed il deducibile, e, quindi, sia le ragioni fatte valere in modo espresso nel giudizio esaurito, sulle quali risulta formato il giudicato esplicito, sia le altre ragioni che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono, tuttavia, i precedenti logici necessari della pronuncia (cd. giudicato implicito), è indubbio che tale principio resta circoscritto entro i limiti della controversia svoltasi fra le parti, per come in concreto segnati dal petitum e dalla causa petendi della stessa, ed implica che fra la questione decisa in modo espresso e quella che si vuole essere stata risolta implicitamente sussista un rapporto di dipendenza indissolubile, tale da determinare l’assoluta inutilità di una decisione sulla seconda questione, e che la questione decisa in modo espresso non sia stata impugnata (cfr. da ultimo Cass. n. 22416/2011; v. anche SU n. 6632/2003).

Ne deriva, quindi, che nessuna preclusione può derivare dalla proposizione di azioni diverse quanto ai presupposti di identificazione, ossia quando siano dirette le domande al conseguimento di un bene giuridico distinto o si fondino le stesse su autonomi fatti giustificativi, tali da implicare un diverso tema di indagine e di decisione.

Tale principio deve affermarsi pure nel caso in esame, fondandosi la domanda di risarcimento del danno da mancata retribuzione sulla violazione dell’obbligazione retributiva connessa alla continuità giuridica del rapporto di lavoro, e quella da mancata contribuzione sulla violazione dell’obbligazione previdenziale conseguente all’esistenza del rapporto di lavoro.

Anche a ritenere, quindi, che le domande in prosieguo di tempo proposte fossero unificate da una comune istanza risarcitoria, non pare dubbio che le stesse restassero, comunque, del tutto differenziate quanto ai relativi fatti giustificativi ed imponevano, pertanto, distinti accertamenti fattuali e giuridici.

E’ necessario, perciò, escludere l’inammissibilità della domanda risarcitoria proposta dal ricorrente per la preclusione derivante da precedente giudicato.

Il primo motivo del ricorso è fondato anche nella parte concernente la prescrizione, asserita nella sentenza impugnata, dell’azione risarcitoria ex art. 2116 c.c., c.p.v..

La possibilità di questa azione si ha solo quando, prescritto in cinque anni il credito dell’ente previdenziale assicuratore, il lavoratore non possa più agire contro il datore di lavoro per la regolarizzazione della contribuzione. E’ perciò errata la decisione impugnata, secondo cui il lavoratore poteva esercitare l’azione risarcitoria già nel 1990, quando non erano ancora trascorsi cinque anni dall’ultimo debito retributivo e dal connesso obbligo di contribuzione.

4. Meritevole di accoglimento è anche il ricorso incidentale condizionato, con il quale la società Tirrenia lamenta l’illegittimità della dichiarazione di inammissibilità dell’appello incidentale proposto nel precedente grado del giudizio.

E’, al riguardo, da rilevare che, con l’appello incidentale, la società ricorrente aveva censurato la sentenza del primo giudice nella parte in cui aveva statuito che "dalla data della cancellazione sino alla reiscrizione nelle liste speciali si (fosse) determinata la continuità giuridica del vincolo anche sotto il profilo dell’obbligo contributivo", affermando, fra l’altro, che non trovasse nel caso applicazione la tutela reintegratoria prevista dall’art. 18 dello Statuto, con conseguente esclusione della "continuità giuridica" del vincolo contrattuale sotto ogni aspetto.

Tale censura, sorretta dall’interesse a conseguire una statuizione giusto di segno contrario rispetto a quella fatta propria dal giudice di primo grado e, comunque, a contrastare la azione di risarcimento del danno ex art. 2116 c.c., per l’assenza di alcun obbligo contributivo del datore di lavoro, avrebbe dovuto ritenersi, pertanto, a fronte dell’esito dell’appello principale, assorbita e non anche inammissibile. Vedrà il giudice di rinvio se questa definizione debba essere tenuta ferma.

5. Entrambi i ricorsi vanno, quindi, accolti, la sentenza cassata e la causa rimessa ad altro giudice di pari grado, il quale provvederà a nuovo esame, regolando anche le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li accoglie, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 22 febbraio 2012.

Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2012

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