T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 21-11-2011, n. 9083

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I. La Sig.ra R.A. righetto gestisce da anni un complesso turisticoricettivo nel Comune di Santa Marinella (loc. Santa Severa), che comprende locale bar, sala ristoro, locale per la lavorazione dei prodotti e servizi igienici, e stabilimento balneare (per affitto di sedie a sdraio, lettini ed ombrelloni) conosciuto come "I.M.".

Il 27 ottobre 2008 la Sig.ra R. chiedeva al Comune di Santa Marinella il rilascio di una concessione demaniale marittima per l’utilizzo dell’arenile antistante il locale adibito alla ristorazione. Con la stessa istanza la titolare chiedeva anche che la zona di "spiaggia libera" antistante il complesso venisse trasformata in area ad uso esclusivo del complesso.

Ma con nota provvedimentale del 20.11.2008 (prot. n.32271) il Comune rigettava la richiesta rappresentando (si riporta testualmente):

che "l’istanza non può essere accolta poiché – secondo quanto previsto al Capo II della D.G.R. n.1161/01 e specificamente al punto 8 relativo alle Concessioni Demaniali – prima della pubblicazione nel BURL del Decreto del Presidente della Giunta Regionale di approvazione dell’Accordo di Programma relativo ai singoli Piani di Utilizzazione degli Arenili, i Comuni possono svolgere tutte le funzioni precedentemente indicate ad accezione del rilascio di nuove concessioni";

e che "pertanto solo dopo la pubblicazione del suddetto Accordo di programma", l’Amministrazione avrebbe potuto "avviare le procedure per l’assegnazione delle nuove concessioni demaniali marittime".

II. Avverso tale provvedimento la Sig.ra R. proponeva ricorso innanzi a questo TAR, impugnando altresì la Delibera di Giunta Regionale n.1161 del 2001 nella parte in cui preclude ai Comuni di rilasciare nuove concessioni fino all’adozione dell’Accordo di Programma relativo ai Piani di utilizzazione degli arenili.

Con sentenza n.6660 dell’8.7.2009 il TAR del Lazio, Sez. II, ha annullato gli atti impugnati rilevando – tra l’altro – che le misure di salvaguardia devono avere efficacia temporale determinata e non devono impedire l’esame di merito degli interessi privati (mentre nel caso dedotto in giudizio la delibera di GR impugnata operava un rinvio a tempo indeterminato dell’esame della domanda di concessione).

A seguito di tale sentenza la Sig.ra R. invitava il Comune a rilasciarle – in attesa dell’approvazione del Piano di utilizzazione degli arenili – la richiesta concessione demaniale per un periodo di sei anni.

Ma il Comune opponeva diniego al rilascio della concessione.

L’interessata proponeva un nuovo ricorso al TAR chiedendo l’esecuzione giudiziale della sentenza n.6660/2009.

Con sentenza n.49 del 2010 il TAR del Lazio, Sez. II^, ha dichiarato l’obbligo del Comune di dar corso al procedimento instaurato dalla ricorrente, ordinando all’Amministrazione di adottare un provvedimento definitivo entro trenta giorni.

La sentenza veniva notificata il 26.1.2010.

Ma con nota prot. 1962 del 3.2.2010, il Comune rifiutava di rilasciare la richiesta concessione demaniale.

III. L’interessata proponeva pertanto, l’ennesimo ricorso (RG n.2428/2010) chiedendo l’annullamento, per le conseguenti statuizioni, del provvedimento negativo in questione.

Con sentenza n.22068 del 28.4.2010 il TAR ha accolto il ricorso ed ha assegnato al Comune un termine di trenta giorni per dare integrale esecuzione al giudicato "provvedendo al rilascio della concessione demaniale marittima in favore della ricorrente, di cui alla richiesta di questa in data 27 ottobre 2008".

A questo punto il Comune di Santa Marinella ha rilasciato la concessione demaniale marittima n.14 del 21.7.2010, in seguito integrata con la nota di rettifica prot. 17074 del 23.8.2010. Con tali atti il Comune ha concesso all’interessata l’uso dello spazio demaniale antistante il complesso turistico, ma fino al 31.12.2011, anzicchè per sei anni.

L’interessata ha insistito perché il termine di scadenza fosse elevato a sei anni, ma con nota prot. n.20137 del 12.10.2010 l’Amministrazione ha confermato le proprie determinazioni.

IV. Avverso tali provvedimenti la Sig.ra R. ha proposto il ricorso in esame, con cui lamenta l’inottemperanza al giudicato e chiede che la sentenza venga giudizialmente eseguita.

Ritualmente costituitasi, l’Amministrazione comunale ha eccepito l’inammissibilità e l’infondatezza delle domande della ricorrente, e ha chiesto il rigetto del ricorso con vittoria di spese.

Con ulteriore memoria la ricorrente ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

Infine, all’udienza camerale fissata per la discussione del ricorso, la causa è stata posta in decisione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato.

1.1. L’eccezione preliminare sollevata dall’Amministrazione resistente, secondo cui il ricorso sarebbe inammissibile in quanto cumulativamente volto a richiedere sia l’esecuzione della sentenza che l’annullamento del provvedimento adottato in asserita ottemperanza al giudicato, non può essere condivisa.

L’art.114 del c.p.a. stabilisce che nel caso di accoglimento del ricorso in ottemperanza, il Giudice "dichiara nulli gli eventuali atti in violazione o elusione del giudicato".

Sicchè il fatto che le due domande – quella volta ad ottenere l’esecuzione della sentenza e quella volta ad aggredire i provvedimenti sopravvenuti che impediscono la corretta ottemperanza al giudicato – si sovrappongano ed interferiscano reciprocamente, appare del tutto normale.

1.2. Nel merito la domanda non merita accoglimento.

Nessuna delle sentenze delle quali la ricorrente chiede l’esecuzione in via giudiziale, ha statuito che la concessione dovesse (e debba) essere rilasciata per sei anni.

La tesi della ricorrente secondo la quale l’obbligo di rilascio della concessione per un periodo non inferiore ai sei anni discende direttamente dalla legge (ragion per cui non occorreva che le sentenze lo specificassero, mentre era obbligo dell’Amministrazione conformarsi al giudicato nel rispetto delle norme di legge che regolano il settore), non può essere condivisa.

Tale tesi si basa su un’argomentazione astrattamente valida, ma che non si attaglia alla fattispecie.

Quest’ultima non riguarda, infatti – e come riconosciuto dalla stessa ricorrente – una "nuova" concessione, ma la "estensione" (o l’"ampliamento") di una concessione già esistente ed operante da tempo.

Se in sede di semplice rinnovazione (o di "estensione" o "ampliamento", o di "proroga") di una concessione già rilasciata, il termine di scadenza riprendesse a decorrere ex novo, il bene demaniale concesso potrebbe essere sottratto sine die al mercato (ed al miglior offerente), con evidente violazione della normativa sulla concorrenza e sull’evidenza pubblica delle procedure di affidamento.

Deve pertanto ritenersi che con l’adozione del provvedimento concessorio contestato dalla ricorrente, l’Amministrazione abbia in effetti dato corretta ed integrale esecuzione alle sentenze indicate in epigrafe.

2. In considerazione delle superiori osservazioni, il ricorso va respinto.

Si ravvisano sufficienti ragioni per compensare le spese fra le parti costituite.

P.Q.M.

Respinge il ricorso.

Compensa le spese fra le parti costituite

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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