Cass. civ. Sez. II, Sent., 10-04-2012, n. 5695 Caparra

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

P.G. e C.M., premesso di aver stipulato con la Società Semplice Anna di Russo e Cusano in data 18-10-2001 un preliminare di compravendita relativo ad un immobile sito in (OMISSIS), per un prezzo di L. 2.000.000.000, di cui L. 20.000.000 versate a titolo di caparra confirmatoria e la somma di L. 480.000.000 quale ulteriore caparra, con saldo alla stipula dell’atto notarile da effettuarsi entro e non oltre il 10-1- 2002, e che la promittente venditrice si era ingiustificatamente rifiutata successivamente di stipulare il contratto definitivo, con atto di citazione del 16-4-2002 convenivano in giudizio la suddetta società dinanzi al Tribunale di Torino intendendo recedere dai menzionato contratto preliminare per inadempimento di quest’ultima, della quale chiedevano la condanna al pagamento di L. 1.000.000.000 a titolo del doppio della caparra ricevuta, nonchè al risarcimento del danno nella misura predeterminata a titolo di clausola penale.

Si costituiva in giudizio la convenuta rilevando che il termine fissato per la stipula del definitivo era scaduto, e che parte acquirente non aveva effettuato la sua prestazione di pagamento del saldo del prezzo; chiedeva quindi dichiararsi risolto di diritto il contratto preliminare con il riconoscimento del proprio diritto al trattenimento della caparra versata a titolo di risarcimento del danno.

Con sentenza del 30-6-2005 il Tribunale adito dichiarava la convenuta inadempiente agli obblighi assunti con il preliminare e la condannava alla restituzione di Euro 516.456,90 a titolo del doppio della caparra ed al pagamento di Euro 10.000,00 a titolo di penale.

Proposto gravame da parte della società Anna cui resistevano la P. ed il C. che proponevano altresì appello incidentale la Corte di Appello di Torino con sentenza del 10-8-2009, in parziale accoglimento dell’appello principale, ha dichiarato il pari e concorrente inadempimento delle parti al preliminare del 18-10- 2001, conseguentemente ha condannato l’appellante principale a restituire alle controparti la somma di Euro 258.228,45 ricevuta a titolo di caparra con gli interessi legali dalla domanda al saldo, ed ha dichiarato assorbito l’appello incidentale.

Per la cassazione di tale sentenza la Società Semplice Anna di Russo e Cusano ha proposto un ricorso articolato in un unico motivo seguito successivamente da una memoria cui la P. ed il C. hanno resistito con controricorso formulando altresì un ricorso incidentale basato su di un unico motivo.

Motivi della decisione

Preliminarmente deve procedersi alla riunione dei ricorsi in quanto proposti contro la medesima sentenza.

Deve anzitutto rilevarsi l’inammissibilità del ricorso incidentale.

Come invero eccepito nella memoria dalla ricorrente principale, il controricorso incidentale è stato notificato il 19-11-2010 presso il procuratore domiciliatario avvocato Renato Paparo in Torino, via Bertolotti 7, ovvero presso il domicilio eletto dalla Società Semplice Anna nel giudizio di secondo grado (vedi intestazione della sentenza impugnata), e non invece nel domicilio eletto nel presente giudizio dalla stessa società in Roma, via di San Giacomo 22, presso l’avvocato Alessandra Flauti; tale notifica deve essere ritenuta nulla (e non quindi inesistente), considerato che essa, pur essendo stato eseguita in violazione delle prescrizioni di legge, non è stato effettuata in luogo privo di qualsiasi riferimento con il destinatario della notifica stessa, atteso che il controricorso è stato comunque notificato presso il domicilio legale dell’avvocato difensore della ricorrente principale avvocato Renato Paparo;

occorrerebbe pertanto disporre il rinnovo della notificazione del ricorso incidentale; tuttavia il Collegio ritiene superfluo procedere in tal senso, atteso che il ricorso incidentale, come ora sarà evidenziato, si presenta manifestamente infondato; in proposito si ritiene invero di dover aderire all’orientamento giurisprudenziale maturato di recente secondo cui ne giudizio di cassazione il rispetto del principio di ragionevole durata del processo impone, in presenza di una evidente ragione di inammissibilità o di infondatezza del ricorso, di definire con immediatezza il giudizio senza la preventiva integrazione del contraddittorio, che si risolverebbe in una attività superflua ed ininfluente sull’esito del giudizio (Cass. S.U. 22-3-2010 n. 6826; Cass. 8-2-2010 n. 2723).

Esaminando quindi il ricorso incidentale, si osserva che con l’unico motivo articolato la P. ed il C., deducendo violazione dell’art. 1362 c.c. e vizio di motivazione, censurano la sentenza impugnata per non aver rilevato che il rogito notarile di vendita non era stato stipulato esclusivamente per l’inadempimento della promittente venditrice, che aveva preteso di indicare nell’atto pubblico un prezzo pari a circa un decimo di quello reale, e soprattutto non aveva provveduto alfa cancellazione delle due ipoteche iscritte sull’immobile per cui è causa; essi poi sostengono che la Corte territoriale non ha considerato l’appello incidentale con il quale si era dedotto che le parti nel preliminare avevano previsto, oltre una caparra confirmatoria, una clausola penale di pari importo precisando che "tutti i pagamenti effettuati fino a tale data debbano computarsi a titolo di penale ai sensi dell’art. 1382 c.c."; era chiaro quindi che i contraenti avevano inteso predeterminare l’importo dell’eventuale risarcimento del danno in caso di inadempimento di una delle parti in Euro 258.228,45.

La censura è manifestamente infondata.

La Corte territoriale ha ritenuto irrilevante il problema relativo al contrasto insorto tra i contraenti in ordine al prezzo da dichiarare nell’atto di compravendita; infatti alla data fissata per la stipula (15-1-2002) i promissari acquirenti avrebbero dovuto versare il prezzo effettivo ed avrebbero potuto legittimamente pretendere che nel rogito fosse indicato tale prezzo; pertanto, qualora la promittente venditrice si fosse rifiutata al riguardo, la P. ed il C. avrebbero potuto e dovuto attivare gli appositi rimedi giuridici del caso, quali una diffida ad adempiere, o l’offerta di pagamento, o la domanda ex art. 2932 c.c..

Il giudice di appello ha invece rilevato come dato pacifico che i promissari acquirenti alla data fissata per il rogito non avevano la disponibilità del denaro dovuto a titolo di saldo prezzo; orbene tale decisiva statuizione della sentenza impugnata non è stata censurata dai ricorrenti incidentali, cosicchè correttamente è stata affermata la loro inadempienza al fondamentale obbligo di pagamento della residua e rilevante somma da essi dovuta per tale causale.

La sentenza impugnata poi logicamente, a seguito del ritenuto inadempimento di entrambi i contraenti agli obblighi assunti, ha condannato la promittente venditrice a restituire la somma ricevuta a titolo di caparra senza nulla statuire in ordine alla penale; invero l’operatività dell’istituto della penale presuppone l’inadempimento di uno solo dei contraenti, limitando il risarcimento del danno da questi dovuto all’altro contraente adempiente alla prestazione contrattualmente determinata, mentre in caso di inadempimenti reciproci, come nella fattispecie, sorgono soltanto effetti restitutori delle prestazioni fino a quel momento eseguite dalle parti.

Venendo quindi all’esame del ricorso principale, si rileva che con l’unico motivo formulato la società Anna, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 1176, 1183, 1218 e 1453 c.c. nonchè vizio di motivazione, sostiene che erroneamente la sentenza impugnata, dopo aver correttamente affermato che i promissari acquirenti si erano resi inadempienti non avendo la disponibilità del denaro necessario per corrispondere il saldo del prezzo alla data fissata per il rogito notarile, ha ritenuto sussistente l’inadempimento agli obblighi assunti da parte anche della promittente venditrice, posto che alla data del 15-1-2002 di convocazione delle controparti davanti al notaio l’immobile oggetto del preliminare era ancora gravato da due ipoteche iscritte dalla Cassa di Risparmio di Torino; premesso infatti che il preliminare non indicava un termine certo e determinato per l’adempimento della suddetta obbligazione, l’esponente comunque non era affatto in mora, avendo non solo estinto fin dal 19-10-2001 il debito garantito dall’ipoteca, ma avendo conferito espresso mandato al notaio Morano (scelto dai promissari acquirenti per la stipula del rogito) di provvedere alla cancellazione dell’ipoteca; nè d’altra parte le controparti avevano mai chiesto alla promittente venditrice di provvedere alla cancellazione dell’ipoteca per una data anteriore a quella prevista per la stipula del contratto definitivo.

La ricorrente principale inoltre esclude, contrariamente all’assunto della Corte territoriale, che la pretesa suddetta inadempienza della promittente venditrice avrebbe precluso alla P. ed al C. di stipulare con la Banca Cariplo un atto di mutuo fondiario, essendo essi conosciuti presso tale banca, e potendo quindi contare sulla piena collaborazione di tale istituto bancario;

invero dalla lettura della bozza del contratto di mutuo risultava che l’erogazione dello stesso era subordinata anche alla cancellazione dell’ipoteca gravante sull’immobile di proprietà dei promissari acquirenti sito in (OMISSIS), anch’esso da assoggettare a nuova ipoteca a garanzia del mutuo che essi avevano richiesto, cancellazione che alla data del rogito del 15-1-2002 non era ancora avvenuta.

La censura è infondata.

Il giudice di appello, premesso che la promittente venditrice nel contratto preliminare si era obbligata ad estinguere e cancellare a sua cura e spese una ipoteca gravante sull’immobile per cui è causa, ha rilevato che, allorchè il 15-1-2002 i promissari acquirenti erano stati convocati dal notaio per la stipula del contratto definitivo, su detto bene risultavano ancora iscritte due ipoteche (anche se in sostanza si trattava di una sola ipoteca che era stata reiscritta per errore) per L. 800.000.000 in favore della Cassa di Risparmio di Torino, e che era ininfluente che il debito garantito era stato estinto, posto che la permanenza di tali iscrizioni non aveva consentito alla Banca Cariplo ed alla P. ed al C. di stipulare il previsto contratto di mutuo fondiario; ha poi aggiunto che il fatto che il notaio avesse dovuto predisporre un atto in cui la Società Semplice Anna figurava come terza datrice di ipoteca costituiva la prova certa e documentale che la vendita non poteva essere effettuata in quanto l’immobile non era libero da iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli.

Tale convincimento è corretto ed immune dai profili di censura sollevati dalla ricorrente principale, che invero non sono idonei a superare l’evidenziato grave inadempimento della promittente venditrice all’obbligo in proposito assunto, considerato in particolare che il rilievo che l’erogazione del mutuo da parte dell’istituto bancario alla P. ed al C. fosse subordinata anche alla cancellazione di un’altra ipoteca gravante su altro immobile di proprietà di costoro, ipoteca non ancora cancellata alla data del rogito, oltre che costituire una circostanza di fatto che non risulta aver costituito oggetto di dibattito processuale nel giudizio di appello, non vale a certamente ad elidere il comportamento inadempiente della promittente venditrice, considerato altresì che nel contratto preliminare stipulato tra le parti era previsto, secondo quanto trascritto nella sentenza impugnata, che "la parte promittente venditrice sin d’ora garantisce, sotto pena della risoluzione di diritto di questa promessa in danno della parte promittente venditrice, la piena ed esclusiva proprietà dell’immobile promesso in vendita e l’inesistenza sullo stesso di ipoteche e trascrizioni tranne ipoteca a favore della Cassa di Risparmio di Torino che parte promittente venditrice si obbliga ad estinguere e cancellare a sua cura e spese e si obbligherà pertanto per i casi di evizione come per legge e molestie del possesso".

Il ricorso principale deve quindi essere rigettato; data l’inammissibilità del ricorso incidentale, non occorre procedere ad alcuna statuizione in ordine alle spese di giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE Riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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