Cass. civ. Sez. II, Sent., 10-04-2012, n. 5691 Ricognizione di debito e promessa di pagamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- A.R. proponeva opposizione avverso il decreto con cui il Tribunale di Torino sez. distaccata di Susa gli aveva ingiunto di pagare a favore di P.G. la somma di Euro 82.633,12 in forza di ricognizione di debito sottoscritta il 28 marzo 2001 dallo stesso A. per il maggior importo di L. 260.000.000.

Deduceva di avere sottoscritto la scrittura de qua nella veste di rappresentante legale della società Ainardi Costruzioni s.r.l. al fine di regolare i rapporti intercorsi con il P. per lavori edili dal medesimo svolti quale titolare della omonima ditta.

L’opposto chiedeva il rigetto dell’opposizione, deducendo che la somma in questione era riferibile a un prestito dal medesimo effettuato alla persona dell’ A..

Con sentenza del 15 gennaio 2007 il Tribunale rigettava l’opposizione.

Con sentenza dep. il 15 settembre 2009 la Corte di appello di Torino, in riforma della decisione impugnata dall’opponente, accoglieva l’opposizione revocando il decreto.

I Giudici di appello per quel che interessa nella presente sede ritenevano che la ricognizione di debito di cui alla scrittura de qua era riferibile a un debito della società Ainardi Costruzioni s.r.l. di cui all’epoca l’ A. era rappresentante legale e non al medesimo in proprio.

Nell’esaminare il contenuto della predetta scrittura, nella quale erano indicate le scadenze delle rate in cui doveva avvenire la restituzione del debito e le annotazioni a penna degli importi pagati, la sentenza riteneva che in relazione alla prima rata di L. 20 milioni da pagarsi entro il 31 marzo (in relazione alla quale vi era l’annotazione "pagato") vi era corrispondenza di importo e di epoca con la fattura n. (OMISSIS) emessa dalla ditta Edil LOR di G. P. in data (OMISSIS) emessa nei confronti della società Ainardi Costruzioni s.r.l. e pagata con assegno bancario del (OMISSIS); analogamente era a dirsi per la scadenza del 15-4-12001 relativa all’importo di L. 100.000.000, per il quale vi era l’annotazione a penna di "Acconto 80 di cui 30 + 3 Fatt.", laddove effettivamente risultava emessa sempre dalla ditta Edil LOR di P.G. nei confronti della predetta società la fattura n. (OMISSIS) di 30 milioni + IVA (pari al 101)e pagata con assegno del (OMISSIS) di L. 33 milioni.

Tenuto conto di tali risultanze e della circostanza che il P. aveva ammesso di avere ricevuto L. 100 milioni dei L. 260.00.000, i Giudici ritenevano fornita la prova indiziaria che il rapporto in questione era riferibile alla società tanto più che era risultata l’esistenza di continuativi e risalenti rapporti di lavoro fra le parti, mentre era oggettivamente improbabile che il P. avesse concesso un prestito di L. 260.000.000 pur essendo all’epoca creditore quanto meno di L. 20.000.000,di cui alle fatture del (OMISSIS).

2. – Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il P. sulla base di quattro motivi. Resiste con controricorso l’intimato. Le parti hanno depositato memoria illustrativa.

Motivi della decisione

1.1. – Il primo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 1324, 1388, 1988, 2729 cod. civ. e dell’art. 183 cod. proc. civ., deduce che erroneamente la sentenza impugnata aveva ritenuto l’obbligazione di cui alla scrittura de qua riferibile alla società Ainardi Costruzioni s.r.l. quando non vi era stata la necessaria contemplatio domini, posto che il sottoscrittore non aveva dichiarato di agire per la società. 1.2. -Il motivo è infondato.

Le limitazioni sancite dall’art. 2722 cod. civ. per la prova dei patti aggiunti o contrari ad un documento riguardano gli atti aventi contenuto convenzionale e non anche quello che, come la promessa di pagamento o la ricognizione di debito, provenendo da una sola parte, contiene una dichiarazione unilaterale, con la conseguenza che è al riguardo è ammissibile anche la prova per presunzioni (Cass. 8712/1998).

2.1.- Il secondo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 1988, 2702 cod. civ., degli artt. 214 e 125 cod. proc. civ., censura la sentenza impugnata laddove – non avendo l’ A. disconosciuto la sottoscrizione dell’atto di riconoscimento del debito dal medesimo apposta – avrebbe dovuto imputare il debito alla persona dell’ A. e non a un soggetto terzo non menzionato nell’atto e che non potrebbe essere vincolato da tale riconoscimento.

2.2.- Il motivo va disatteso.

Ai sensi dell’art. 2702 cod. civ. la scrittura privata fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza da parte di chi l’ha sottoscritta delle dichiarazioni ivi contenute.

Il mancato disconoscimento della scrittura da parte del sottoscrittore comporta l’attribuzione al medesimo della paternità delle dichiarazioni nel senso che stabilisce un collegamento certo fra queste e il soggetto dalle quali provengono.

Nella specie, in cui non è contestato che sia stato l’ A. a sottoscrivere la dichiarazione di ricognizione di debito, si discute se il medesimo l’abbia sottoscritta in proprio o quale rappresentante legale della società tale questione verte piuttosto sul contenuto della scrittura ovvero sul significato da attribuire alla dichiarazione resa dall’ A. per cui appare fuori luogo invocare l’efficacia della scrittura di cui alla norma citata.

3.1. – Il terzo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 1324, 1362, 1366, 1367, 1988, 2697 e 2729 cod. civ. nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo della controversia, censura l’interpretazione della scrittura, posto che la sentenza, ignorando i principi "in claris non fit interpretatio" e di buona fede, aveva ignorato che in essa non era menzionata la società nè che l’ A. aveva agito quale rappresentante legale di essa; i Giudici non avevano considerato il comportamento stragiudiziale tenuto dall’ A. il quale, nonostante la richiesta di pagamento inviata dal legale del P., non aveva contestato che si trattasse di un debito proprio; del resto nel corso del giudizio inizialmente la difesa dell’ A. si era incentrata sulla sfida a dimostrare il contratto di mutuo.

In forza dell’art. 1367 cod. civ. nel dubbio il contratto o l’atto unilaterale deve interpretarsi nel senso in cui possa avere un qualche effetto: il che nella specie non si produrrebbe ove si ammettesse il riconoscimento di debito da parte di un terzo.

3.2.- Il motivo è infondato.

Occorre premettere che l’obbligo di buona fede oggettiva o di correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico, espressione di un generale principio di solidarietà sociale, che, nell’ambito contrattuale, implica un obbligo di reciproca lealtà di condotta che deve presiedere sia all’esecuzione del contratto che alla sua formazione ed interpretazione, accompagnandolo, in definitiva, in ogni sua fase.

Certamente la sentenza si è attenuta a tale principio laddove – proprio in considerazione del dovere di lealtà che deve informare la condotta dei contraenti – ha ricostruito i rapporti effettivamente intercorsi fra le parti – evidentemente non improntati a rigore formale attese le relazioni di lavoro risalenti nel tempo che giustificavano, anche perchè le parti non sono esperte di diritto, l’adozione di espressioni giuridicamente non ortodosse – in modo da risalire all’individuazione dell’effettivo soggetto obbligato e che – come tale – aveva sottoscritto la ricognizione di debito.

Nel procedere a tale operazione ermeneutica i Giudici hanno tenuto conto del tenore letterale della scrittura ma – in considerazione del carattere tutt’altro che chiaro del testo, che non faceva riferimento alla causale del rapporto, nè erano precisati gli importi e le modalità degli acconti versati, che peraltro erano indicati seppure in modo assolutamente generico – hanno correttamente tenuto conto, ai sensi del art. 1362 cod. civ., del criterio sussidiario del comportamento anteriore e successivo tenuto dalle parti.

Avendo i Giudici ricostruito la effettiva volontà negoziale individuando il soggetto e l’oggetto della ricognizione di debito, appare fuori luogo il richiamo all’art. 1367 citato.

4.1.- Il quarto motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 1334, 1362, 1370, 1988, 2697 e 2729 cod. civ. nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo della controversia, censura la sentenza laddove aveva fatto riferimento alla mancanza di prova da parte dell’opposto del mutuo:

ai sensi dell’art. 1988 cod. civ., era controparte a dovere offrire la prova contraria alla presunzione dell’esistenza del rapporto fondamentale.

Erroneamente la Corte aveva stabilito un collegamento fra il pagamento della rata di L. 20 milioni menzionato nella scrittura, che secondo la stessa sentenza sarebbe stata stipulata fra il 28 marzo e il 31 marzo 2001, e la fattura n. (OMISSIS) che risultava pagata il (OMISSIS).

Ancora più ambiguo era il collegamento con la fattura n. (OMISSIS) di L. 33 milioni, atteso che l’importo al quale si faceva riferimento era di L. 100 milioni mentre non coincidevano la scadenza della relativa rata e le date di emissione e di pagamento della fattura; la sentenza aveva poi interpretato la dicitura "fatt." in modo diverso dall’interpretazione autentica data dall’ A. il quale aveva chiarito che essa doveva intendersi "tre fatture"; non aveva considerato le contraddittorie dichiarazioni dell’ A..

In ogni caso, posto che l’eventuale estinzione del debito di cui alle menzionate fatture sarebbe stata parziale, non era stata dimostrata la identità fra il debito oggetto di riconoscimento e quello oggetto di estinzione.

4.2.- Il motivo è infondato.

La sentenza ha ritenuto fornita dall’opponente la prova della riferibilità del credito alla società Ainardi Costruzioni s.r.l. e non alla persona fisica dell’ A. attraverso la valutazione di una serie di presunzioni che ha considerato gravi e concordanti con motivazione immune dai vizi denunciati. In particolare, i Giudici hanno evidenziato la prossimità delle date fra le scadenze, per le quali erano state annotate sulla scrittura dei pagamenti, e le fatture emesse dalla ditta del P. (per un importo complessivo di L. 100.000.000) nonchè dell’ammissione da parte del medesimo dell’avvenuto pagamento di una somma pari a tale importo relativamente al debito di L. 260.000.000.

La data del 31 marzo 2001 era quella indicata quale prima scadenza e non certo quella attestante il pagamento di L. 20.000.000 avvenuta nell’immediatezza di tale scadenza e ritenuta verosimilmente ad essa attribuibile così come è stato considerato per la scadenza del 15 aprile (relativa all’importo di L. 100.000.000) e del pagamento della somma di L. 30.000.000 oltre 3.000.000 per IVA di cui alla fattura n. (OMISSIS) e pagata il (OMISSIS): il giudizio circa la riferibilità dei pagamenti di cui alle menzionate fatture alle annotazioni apposte sulla scrittura ha a oggetto un accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimità così come è riservato al giudice di merito anche la valutazione del valore probatorio delle dichiarazioni rese dalla parte, dovendo qui ricordarsi che è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale la sentenza impugnata venga censurata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, qualora esso intenda a fare valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, prospetti un preteso migliore e più appagante coordinamento dei dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito di discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della disposizione citata. In caso contrario, infatti, tale motivo di ricorso si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e perciò in una richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione (Cass. 67394/2010).

Alla stregua dell’accertamento compiuto circa gli avvenuti pagamenti di alcune rate e della riferibilità di queste a un obbligazione della società, la sentenza ha logicamente desunto che l’intero debito oggetto della ricognizione indicato nella complessiva somma di L. 260.000.000 – del quale era stata pattuita dalle parti la rateizzazione secondo le varie scadenze – dovesse essere riferibile alla società.

La deduzione circa la violazione dell’onere della prova invocata dal ricorrente è infondata, dovendo qui innanzitutto chiarirsi che l’opponente ha sostenuto e dimostrato secondo la valutazione compiuta dai Giudici di merito, di non essere il soggetto che, in base alla scrittura de qua, aveva riconosciuto il debito, sicchè innanzitutto è fuori luogo il richiamo all’onere della prova stabilito a carico del promittente dall’art. 1988 cod. civ. circa la inesistenza o la invalidità del rapporto fondamentale, posto che nella specie in discussione era se l’ A. – persona fisica – fosse o meno il soggetto promittente atteso che era contestato (ed è stato accertato) che la ricognizione del debito era riferibile alla società Ainardi Costruzioni s.r.l., cioè a un soggetto diverso da quello evocato in giudizio.

D’altra parte, secondo il consolidato orientamento della S. C., in tema di promessa di pagamento e ricognizione di debito, una volta che il debitore abbia fornito la prova dell’inesistenza o dell’estinzione del debito relativo al rapporto fondamentale indicato dal creditore (ovvero dallo stesso debitore, essendone il creditore esentato e non essendo la promessa titolata), spetta a chi si afferma comunque creditore l’indicazione di un diverso rapporto sottostante che giustifichi il credito, in quanto il principio dell’astrazione processuale della causa, posto dall’art. 1988 cod. civ., che esonera colui a favore del quale la promessa o la ricognizione è fatta dall’onere di provare il rapporto fondamentale, non può intendersi nel senso che al debitore compete l’impossibile prova dell’assenza di qualsiasi altra ipotetica ragione di debito, ulteriore rispetto a quella di cui abbia dimostrato l’insussistenza (Cass. 5245/2006).

Nella specie, in cui l’opposto aveva fatto riferimento alla esistenza di un mutuo, i Giudici hanno escluso che il P. avesse fornito la relativa prova.

Fuori luogo è il richiamo dell’art. 1370 cod. civ. dal momento che non risultano accertati i presupposti previsti da tale norma (clausole inserite nelle condizioni generali di contratto o in moduli o formulari predisposti da uno dei contraenti).

Il ricorso va rigettato.

Le spese della presente fase vanno poste a carico del ricorrente, risultato soccombente.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento in favore del resistente delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 5.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.500,00 per onorari di avvocato oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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