Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 26-09-2011) 24-10-2011, n. 38157 Lettura di atti, documenti, deposizioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con sentenza del 9 aprile 2010 la Corte d’appello di Ancona, in parziale riforma della sentenza di primo grado:

– dichiarava non doversi procedere contro l’imprenditore C. R. e contro i dipendenti dell’ANAS delle Marche B. G. ingegnere capo, S.F. direttore dei lavori, M.G. e M.R. geometri contabilizzatori in ordine ai reati continuati di: corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio (capi B e C), falsità ideologica in atto pubblico (capi D e L) e truffa aggravata ex art. 640 cpv. c.p., n. 1 (così riqualificata l’originaria imputazione di peculato di cui ai capi E e I), commessi nell’anno (OMISSIS), perchè estinti per prescrizione;

– confermava il proscioglimento per prescrizione dei medesimi dai reati di corruzione (capo A), abuso d’ufficio (capo G), falsità ideologica (capi F e H), commessi nell’anno (OMISSIS);

– confermava infine le condanne in solido dei medesimi al risarcimento dei danni e al pagamento delle provvisionali in favore delle parti civili ANAS e Comune di Jesi.

In sintesi, C.R., aggiudicatario di tre appalti per manutenzione stradale indetti dall’ANAS, era accusato di avere stretto con i funzionari dell’ANAS incaricati della vigilanza sui lavori un accordo corruttivo, in base al quale i funzionari ANAS gli consentivano di lucrare un illecito profitto, attestando falsamente l’esecuzione di lavori e la fornitura di materiali in realtà non effettuate, ricevendo quale compenso somme di denaro rapportate al grado gerarchico ricoperto. C., inoltre, quale aggiudicatario di un appalto affidatogli dal Comune di Jesi, era accusato di truffa per avere conseguito un ingiusto profitto corrispondente a materiale bituminoso in realtà non fornito.

Il procedimento era nato sulle rivelazioni di G.G., collaboratore di fiducia di C., e – secondo i giudici di merito – aveva trovato riscontro nella consulenza tecnica disposta dal pubblico ministero e nella perizia assunta nell’incidente probatorio, dalle quali risultava :

– che il direttore dei lavori S., sotto forma di ordine di servizio, aveva illegittimamente disposto una variante, la quale, per le corsie di marcia normale, in luogo dello strato di collegamento retribuito a misura, autorizzava la realizzazione di uno strato di conglomerato bituminoso per risagomatura retribuito a peso, con il risultato che il compenso per l’appaltatore sarebbe stato liquidato in base alla quantità di materiale fornito;

– che, nelle gare ANAS nn. 50 e 51 aventi per oggetto il rifacimento della pavimentazione di un tratto della S.S. di (OMISSIS), non era stato eseguito il lavoro di stabilizzazione a cemento della fondazione stradale delle corsie di marcia normale e, inoltre, lo spessore medio dello strato bituminoso risultava notevolmente inferiore alla quantità contabilizzata, che era stata "gonfiata" sulla scorta di false bolle di accompagnamento;

– che, nella gara ANAS n. 125 avente per oggetto la riparazione di un tratto della predetta S.S. franato, le strutture in ferro messe in opera per costruire il muro di contenimento di cemento armato erano notevolmente sottodimensionate rispetto alle previsioni contrattuali e, inoltre, la pavimentazione stradale presentava gli stessi vizi rilevati nell’esecuzione dei lavori dei precedenti appalti;

– che, nella gara del Comune di Jesi per la pavimentazione di alcune strade urbane, era stata contabilizzata un’eccedenza di circa L. 120 milioni di conglomerato bituminoso rispetto alla quantità effettivamente messa in opera.

Contro la sentenza presentavano ricorso l’imprenditore C. e i dipendenti dell’ANAS. I motivi comuni saranno di seguito trattati congiuntamente.

2.1 I ricorrenti B., C., M.G. e M.R. denunciano il vizio di mancata assunzione di prova decisiva.

Premesso che il recente sbancamento di un tratto di strada oggetto dei lavori appaltati ha rivelato l’esistenza della stabilizzazione a cemento negata dai periti, i ricorrenti lamentano che la Corte territoriale abbia respinto la richiesta di acquisire nuove prove – che, si sostiene, avrebbero sicuramente condotto a un esito differente del giudizio – rappresentate dalle consulenze tecniche redatte dagli ingegneri Be. (per conto di M.R.) e Me. (per conto di B.), che avevano ispezionato e testato la porzione di fondazione stradale venuta alla luce a seguito dello sbancamento e dall’assunzione di una nuova perizia.

Con memoria depositata in termine la difesa di M.R. insiste sull’importanza decisiva della nuova prova, rimarcando che la consulenza dell’ing. Be., accertato che la stabilizzazione a cemento recentemente scoperta risale al tempo dei lavori eseguiti dall’impresa C., dimostrerebbe incontrovertibilmente l’infondatezza dell’accusa di avere omesso la ridetta lavorazione.

Con memoria depositata il 21 settembre scorso la difesa di B. illustra lo stesso motivo e deduce altresì l’inosservanza della disposizione dell’art. 603 c.p.p., comma 2. 2.2. Il predetto motivo di ricorso è infondato.

Prima di entrare in medias res, è opportuno rammentare – e ciò vale anche per i successivi motivi che investono sempre il tema della prova – che la giurisprudenza di legittimità è concorde nell’affermare che la sussistenza di una causa di nullità di ordine generale non è rilevabile nel giudizio di legittimità quando già risulti una causa di estinzione del reato, giacchè l’inevitabile rinvio al giudice di merito è incompatibile con il principio – stabilito dall’art. 129 c.p.p., comma 1, al fine di soddisfare l’interesse alla sollecita definizione del processo – della declaratoria immediata di determinate cause di proscioglimento.

Sono fatte salve, tuttavia, le situazioni in cui, essendo stata pronunciata condanna al risarcimento dei danni cagionati dal reato, il giudice, nel dichiarare il reato estinto per amnistia o prescrizione, deve, a norma dell’art. 578 c.p.p., decidere sull’impugnazione ai soli effetti delle disposizioni della sentenza che concernono gli interessi civili. In tali casi la cognizione di giudice penale, sia pure ai soli effetti civili, rimane integra, perchè il giudice dell’impugnazione deve verificare l’esistenza di tutti gli elementi della fattispecie penale al fine di confermare o meno il fondamento della condanna alla restituzione o al risarcimento pronunciata nel precedente giudizio.

Nel presente processo, essendo stata in primo grado pronunciata condanna al risarcimento del danno, è dunque necessario, nonostante la sopravvenuta estinzione dei reati per prescrizione, esaminare le questioni attinenti alla prova, essendo esse palesemente rilevanti per la decisione sulla responsabilità civile.

Orbene la sentenza impugnata, sia pure esordendo con un’affermazione che richiama impropriamente il criterio di valutazione fissato dall’art. 603 c.p.p., comma 3, per la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale disposta d’ufficio ("la Corte ritiene non assolutamente indispensabile ai fini della decisione…"), fornisce tuttavia, a sostegno del rigetto della richiesta di nuove prove, una giustificazione idonea a sventare la censura di mancata assunzione di prova decisiva.

Osserva infatti la sentenza che l’accertamento effettuato dai consulenti di parte, essendo limitato a un piccolo segmento stradale, non poteva inficiare le conclusioni cui erano pervenuti i periti d’ufficio sulla base di accertamenti compiuti lungo l’intero tratto stradale interessato dai lavori appaltati.

Tale osservazione, logicamente argomentata, dimostra la non decisività delle nuove prove sollecitate dalla difesa, giacchè dalla lettura della sentenza di primo grado – a cui quella d’appello rinvia in toto – risulta che i periti d’ufficio effettuarono un centinaio di carotaggi (per l’esattezza: 62 prelievi dal cassonetto stradale del tratto di cui alla gara n. 50 e 44 prelievi dal cassonetto del tratto di cui alla gara n. 51), nessuno dei quali rivelò l’esistenza della c.d. stabilizzazione a cemento, mentre i consulenti di parte hanno evidenziato l’effettuazione della lavorazione in discorso solamente nella ristretta porzione di sede stradale messa a nudo dai recenti lavori di costruzione di uno svincolo. Un accertamento positivo contro un centinaio di accertamenti negativi significa che solamente l’1% dei lavori di consolidamento a cemento contrattualmente previsti nel capitolato sarebbe stato eseguito. La nuova evidenza probatoria, per la sua limitatissima portata, è pertanto palesemente inidonea a mettere in discussione le conclusioni della perizia d’ufficio e, di riflesso, il giudizio sulla ritenuta commissione dei reati contestati. Le nuove prove non possiedono dunque il requisito della decisività e, pertanto, non è censurabile ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d) la loro mancata assunzione.

Si osserva, infine, che la doglianza formulata dalla difesa del ricorrente B. sull’inosservanza della disposizione dell’art. 603 c.p.p., comma 2, è inammissibile, perchè costituisce motivo nuovo non tempestivamente dedotto.

3.1 I ricorrenti C., M.G. e M. R. denunciano l’inosservanza delle norme stabilite a pena di nullità dall’artt. 468 c.p.p., comma 5, art. 178 c.p.p., lett. c) e art. 511 c.p.p., comma 3.

Premesso che il giudice di primo grado indicò come utilizzabile per la decisione la perizia assunta nell’incidente probatorio e inserita nel fascicolo per il dibattimento senza che fossero stati citati ed esaminati i periti, i ricorrenti lamentano che la Corte territoriale abbia ritenuto tardiva la relativa eccezione di nullità in quanto sollevata soltanto con l’appello e sostengono, in primo luogo, che trattandosi di nullità a regime intermedio il giudice aveva il dovere di rilevarla d’ufficio e, in secondo luogo, che il termine corretto per la deducibilità a iniziativa di parte è quello previsto dall’art. 180 c.p.p..

3.2 Anche l’anzidetto motivo di ricorso, imperniato sulla nullità della perizia, è infondato.

E’ pacifico, in virtù della chiara disposizione dettata dall’art. 511 c.p.p., comma 3, in applicazione del principio del contraddittorio nella formazione della prova, che l’acquisizione nel giudizio dibattimentale della relazione peritale, da effettuarsi mediante lettura o mediante specifica indicazione di utilizzabilità, deve essere preceduta dall’esame del perito.

E1 pacifico altresì che l’inosservanza della citata disposizione, incidendo sull’esercizio del diritto di difesa, determina una nullità che ricade tra quelle di ordine generale a regime intermedio previste dall’art. 178 c.p.p., lett. c), (Cass., Sez. 1, 19.3.2004 n. 20927, D’Anna, rv 228981).

Il regime di rilevabilità (d’ufficio) e di deducibilità (su eccezione di parte) delle nullità di ordine generale è disciplinato dagli artt. 180 e 182 c.p.p., e dalla lettura combinata delle rispettive disposizioni si ricava che le nullità verificatesi nel giudizio "non possono essere più rilevate nè dedotte dopo la deliberazione della sentenza del grado successivo", con l’aggiunta, però, che "quando la parte vi assiste, la nullità di un atto deve essere eccepita prima del suo compimento ovvero, se ciò non è possibile, immediatamente dopo".

Ricostruita, per quanto interessa la fattispecie concreta, la normativa vigente, e rammentato che le parti, pur assistendo alla dichiarazione di utilizzabilità della perizia pronunciata dal tribunale al termine dell’istruzione dibattimentale, non ne eccepirono subito la nullità, e che il giudice d’appello (per il quale valeva il termine più ampio previsto dall’art. 180 c.p.p.) non ha ritenuto di rilevarla d’ufficio, si deve concludere che l’eccezione di nullità, formulata soltanto nell’atto d’appello, è stata dedotta tardivamente, dopo il decorso del termine stabilito a pena di decadenza dall’art. 182 c.p.p., comma 2, primo periodo, e, quindi, l’atto impugnato, sebbene viziato, in applicazione del principio di conservazione, è divenuto intangibile.

4.1 Tutti i ricorrenti denunciano mancanza di motivazione sulla ritenuta sussistenza dei reati contestati e lamentano che la Corte territoriale si è limitata a rinviare per relationem alla sentenza di primo grado, senza farsi carico di esaminare le specifiche censure formulate nei motivi d’appello per contestare: a) la ritenuta attendibilità soggettiva e oggettiva delle dichiarazioni accusatorie di G.; b) la ritenuta affidabilità dei pareri espressi dai consulenti tecnici nominati dal pubblico ministero, che hanno compiuto gli accertamenti "su base esclusivamente documentale senza alcun sopralluogo o esame particolare"; c) la ritenuta validità dei risultati della perizia assunta nell’incidente probatorio, che è giunta a negare che fosse stata effettuata la stabilizzazione a cemento, utilizzando il metodo – nient’affatto scientifico – dell’analisi granulometrica dei carotaggi. Concludono pertanto chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata comprese le statuizioni civili, con l’assoluzione da tutti i reati per insussistenza del fatto.

4.2 L’anzidetto motivo di ricorso è infondato.

E’ ben vero che la sentenza impugnata non risponde alle numerose censure sollevate con i motivi d’appello, ma si limita a richiamare per relationem le motivazioni del giudice di primo grado.

Tuttavia si deve osservare che la sentenza emessa dal Tribunale, essendo corredata da un’esaustiva motivazione, contiene adeguata confutazione delle anzidette censure che, oggi riproposte, si risolvono nella perorazione di una diversa interpretazione delle risultanze probatorie, sollecitando un sindacato di merito che non può avere ingresso nel giudizio di legittimità.

Infatti il giudice di primo grado ha ritenuto attendibili le dichiarazioni accusatorie di G. dopo avere sottoposto, alla stregua dei canoni elaborati dalla copiosa giurisprudenza di legittimità, ad approfondita disamina: a) la personalità del chiamante in correità; b) le caratteristiche di costanza, coerenza e specificità delle rivelazioni; c) i riscontri oggettivi di conferma.

Al riguardo merita solamente rilevare che non hanno fondamento i motivi di ricorso che lamentano l’omessa o erronea valutazione:

– della sentenza di non luogo a procedere emessa il 22.2.2005 dal giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Ancona nei confronti di D.P. e D.G.B., accusati da G. di corruzione, sentenza che metterebbe in crisi la ritenuta attendibilità soggettiva del chiamante;

– del foglio intestato a C.P. e recante l’annotazione delle somme che sarebbero state pagate ai dipendenti ANAS, foglio che, non essendo menzionato nel verbale di perquisizione e sequestro datato 7.6.2000, non potrebbe essere utilizzato come riscontro delle dichiarazioni rese da G., essendo incerta la sua provenienza;

– del predetto foglio che, non essendo stato manoscritto da C., non potrebbe comunque fungere da riscontro.

In effetti le risposte date dal Tribunale sono ineccepibili per le seguenti ragioni:

– la sentenza di non luogo a procedere emessa all’esito dell’udienza preliminare non può essere ricompresa tra le sentenze acquisibili al dibattimento a norma dell’art. 238 bis, perchè, essendo revocabile a richiesta del pubblico ministero in caso di sopravvenienza o scoperta di nuove prove, non contiene un accertamento definitivo;

– il manoscritto, come dimostrano i verbali redatti dalla polizia giudiziaria, fu rinvenuto in possesso di C. durante la perquisizione domiciliare del 7.6.2000 e catalogato nel verbale di sequestro sotto la voce "documentazione varia"; successivamente, il 4 luglio 2000, aperto e controllato il plico della "documentazione varia", fu esattamente elencato sotto la denominazione di "foglio su carta intestata " C.P.", che riporta in forma manoscritta, verso e recto, nomi e cifre";

– il foglio in discorso, rinvenuto tra le carte dell’imputato pur se da lui non compilato, assume un indubbio significato indiziario, posto che la sua conservazione indica che serviva a ricostruire la contabilità dei lavori.

Non hanno pregio le critiche rivolte all’esito degli accertamenti compiuti dai consulenti tecnici nominati dal pubblico ministero e dai periti nominati nell’incidente probatorio. I primi, incaricati di verificare la corrispondenza tra le opere eseguite e i materiali contabilizzati e liquidati, attraverso l’esame di fatture e documenti di trasporto rinvenuti presso le ditte fornitrici, hanno accertato:

– per le gare ANAS n. 50 e n. 51, che erano stati contabilizzati, rispettivamente, 182 e 101 viaggi per trasporto di conglomerato bituminoso non documentati;

– per la gara ANAS n. 151, che la quantità di ferro effettivamente fornito era sensibilmente inferiore a quella contabilizzata.

E’ importante rilevare – come giustamente sottolineano i giudici di merito – che i predetti risultati coincidono con quelli raggiunti dai periti, i quali, mediante sopralluoghi e misurazioni in sito, hanno accertato che lo spessore dello strato di conglomerato bituminoso era inferiore a quello contabilizzato e che la stessa cosa valeva per il diametro di barre, staffoni e ferri impiegati per la costruzione del muro di contenimento oggetto della gara n. 151.

Neppure hanno pregio le deduzioni difensive che contestano il valore scientifico delle conclusioni della perizia sulla mancata esecuzione dei lavori di stabilizzazione a cemento della fondazione stradale, censurando che i periti si siano limitati a individuare i vari strati dei carotaggi "con un semplice esame visivo", senza procedere a più affidabili analisi di laboratorio.

A questo riguardo i giudici di merito hanno enunciato un sillogismo logicamente perfetto. Premesso che la lavorazione in discorso ha la funzione di conferire stabilità al fondo stradale per uno spessore di cm. 30 mescolando il materiale esistente con cemento nella proporzione del 3-5% così da realizzare "una vera e propria azione legante, apportatrice di coesione alla miscela", la constatazione, ripetuta per un centinaio di volte in punti diversi del tratto di strada interessato dai lavori, che al livello dello strato di fondazione esisteva materiale incoerente ("terra sciolta", dicono icasticamente i periti) porta alla ineludibile conclusione che la stabilizzazione a cemento non era stata eseguita.

Aggiungasi che i consulenti degli imputati assistettero ai carotaggi finalizzati a quell’accertamento senza sollevare obiezione alcuna, per cui le critiche successivamente formulate, riecheggiate nei motivi di ricorso, appaiono pretestuose.

5.1 C. inoltre denuncia:

1. mancata assunzione di prova decisiva, atteso che la Corte territoriale ha illogicamente respinto la richiesta di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale al fine di acquisire una lettera autografa inviata da G. al coindagato D.P.N., in cui chiedeva il pagamento di una somma di denaro "manifestando larvatamente la disponibilità ad alleggerirne la posizione processuale";

2. inosservanza della norme stabilite a pena di nullità dall’art. 521 c.p.p. e art. 129 c.p.p., comma 2, perchè i giudici del merito hanno dichiarato estinti per prescrizione i reati di falsità ideologica in atto pubblico (capi F, D, L) e di abuso d’ufficio (capo G) in difetto di una contestazione formale di concorso come ex traneus nel reato proprio, erroneamente affermando che la correità era "presupposta").

3. mancanza di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità per i reati di truffa di cui ai capi I e P, atteso che le risultanze del sequestro eseguito il 7.6.2000 nei confronti di D.P.N. proverebbero che quest’ultimo era l’effettivo titolare dell’impresa Eurostrade (aggiudicataria della gara ANAS n. 51 e dell’appalto del Comune di Jesi) nonchè effettivo percettore dei compensi pagati;

4. erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione in ordine ai reati di falsità ideologica in atto pubblico, perchè la prova del concorso dell’extraneus nel reato proprio non può derivare dal mero rilievo che lo stesso ha beneficiato delle false attestazioni, ma deve trovare fondamento in un contributo concreto, morale o materiale, dato alla commissione del reato;

5. erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione in ordine ai reati di truffa aggravata originariamente qualificati come peculato (capi E, I), perchè, una volta individuato il raggiro nelle false attestazioni compiute dai funzionari dell’ANAS, doveva derivarne l’assoluzione del ricorrente che a quelle falsificazioni non aveva concorso;

6. illegittimità della condanna al pagamento della provvisionale, atteso che il suo importo è stato determinato sulla scorta del danno accertato da una sentenza pronunciata dalla Corte dei Conti all’esito di un giudizio a cui l’imputato non aveva partecipato.

5.2 I suesposti motivi formulati da C. sono infondati per le seguenti ragioni.

Il primo, perchè è azzardato affermare che la lettera citata, confrontata con le copiose e solide argomentazioni spesi in sentenza per avvalorare l’attendibilità delle dichiarazioni accusatorie rese da G., sia decisiva, cioè tale che, se acquisita, avrebbe potuto determinare una diversa decisione.

Il secondo, perchè, sotto l’etichetta impropria di violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, denuncia una piccola, irrilevante lacuna nei citati capi d’imputazione, che, pur contestando cumulativamente a Campanile e ai dipendenti ANAS di avere agito "In concorso tra di loro", non specificano espressamente la sua qualità di extraneus, qualità che, però, risulta chiaramente dalla lettura complessiva dell’intero libello d’accusa.

Il terzo, perchè la sentenza di primo grado ha fornito piena giustificazione dell’attribuzione a C. della titolarità sostanziale dell’impresa "Eurostrade", indicando gli elementi di prova nelle dichiarazioni di G., riscontrate dal rinvenimento sull’autovettura in uso a lui e a C. del carteggio riferibile a tutte le imprese aggiudicatane dei lavori, nonchè dalle dichiarazioni di F., Z.A. e M. G..

Il quarto, perchè la prova del concreto contributo dato dal ricorrente alla commissione dei reati di falsità ideologica è ampiamente illustrata nella sentenza di primo grado, che dimostra come tutti i reati rubricati germinarono da un progetto criminoso "corale", che vide la partecipazione congiunta dell’imprenditore C. e dei funzionari e tecnici ANAS, che, accordandosi sulla finalità di "rendere remunerativi i lavori" nel senso di trarre un illecito profitto ai danni della pubblica amministrazione, misero a punto procedure ed espedienti per raggiungere, con soddisfazione reciproca, quell’obiettivo criminoso.

Il quinto, perchè, una volta accertato il concorso morale del ricorrente nelle false attestazioni sulle lavorazioni eseguite e sui materiali forniti, diventa incontestabile la responsabilità per i susseguenti reati di truffa aggravata.

Il sesto, perchè, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità (v. ex plurimis, Sezioni Unite 19.12.1990, Capelli, rv 186722), il provvedimento con il quale il giudice di merito assegna alla parte civile una provvisionale non è impugnabile in Cassazione sia per la sua intrinseca discrezionalità sia perchè, per sua natura, è provvisorio ed insuscettibile di passare in giudicato, essendo destinato a essere assorbito dall’effettiva liquidazione dell’integrale risarcimento nella competente sede civile.

6. S.F., inoltre denuncia:

1. inutilizzabilità della perizia in applicazione dell’art. 407 c.p.p., comma 3, perchè sarebbe stata espletata dopo la scadenza del termine di durata massima delle indagini preliminari;

2. illegittimità dell’ordinanza con cui il giudice di primo grado al termine dell’istruzione dibattimentale dichiarò utilizzabile per la decisione la perizia; al riguardo deduce che la perizia non poteva essere dichiarata tale: a) perchè il giudice per le indagini preliminari, nel corso dell’incidente probatorio (udienza del 6.5.2004), rilevata l’omessa notificazione a uno dei difensori dell’indagato sia della richiesta di incidente probatorio sia dell’avviso di conferimento dell’incarico peritale, aveva dichiarato la nullità dell’incidente probatorio; b) perchè detta nullità, contrariamente all’affermazione contenuta nella sentenza di primo grado e ribadita in quella d’appello, non era stata affatto sanata, posto che difensori e indagato, appena dichiarata la nullità, si erano allontanati dall’aula di udienza senza più partecipare all’assunzione della prova;

3. mancanza di motivazione in ordine al motivo d’appello con cui chiedeva di escludere o ridurre la condanna al pagamento della provvisionale.

6.1 Il primo motivo proposto dal ricorrente S. è infondato.

La clausola di salvezza posta nell’esordio dell’art. 407 c.p.p., comma 1, rende inapplicabili alle prove assunte nell’incidente probatorio sia il termine di durata massima delle indagini preliminari sia la sanzione di inutilizzabilità prevista per gli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del predetto termine.

Infatti l’interruzione dell’acquisizione di prove non rinviabili sarebbe in contraddizione "con la continuità che il legislatore ha assicurato all’attività di indagine, prevedendo che essa possa proseguire anche dopo la richiesta di rinvio a giudizio o dopo il decreto che dispone il giudizio" (v. Corte cost. sentenza n. 77/1994).

6.2 Anche il secondo motivo è infondato.

Come ha correttamente ritenuto il giudice d’appello confermando sul punto la decisione di primo grado, la nullità dichiarata dal giudice per le indagini preliminari che presiedeva l’incidente probatorio è stata sanata, a norma dell’art. 183 c.p.p., comma 1, lett. b), essendosi la parte avvalsa della facoltà al cui esercizio l’atto nullo era preordinato.

Risulta infatti tanto dal verbale 6.5.2004 redatto dall’ausiliario in forma riassuntiva quanto dalla trascrizione di quello formato con la stenotipia (v. pagg. 62, 63 e 98) che l’indagato e i suoi difensori parteciparono all’udienza in cui furono sentiti i periti d’ufficio, perchè, pur essendosi allontanati appena pronunciata l’ordinanza dichiarativa della nullità, bentosto rientrarono nell’aula di udienza e, preso atto che giudice e pubblico ministero manifestavano l’opinione che la ridetta ordinanza non fosse definitiva, assistettero all’assunzione della prova fino al termine dell’udienza.

Sembra superfluo rilevare che indagato e difensori assistettero alla formazione della prova non da meri spettatori, ma nei rispettivi ruoli processuali, nel pieno esercizio dei corrispondenti diritti.

Pertanto il giudice di primo grado ha correttamente dichiarato l’utilizzabilità della perizia anche nei confronti di S..

6.3 Il terzo motivo è inammissibile, perchè, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità (v. ex plurimis, Sezioni Unite 19.12.1990, Capelli, rv 186722), il provvedimento con il quale il giudice di merito assegna alla parte civile una provvisionale non è impugnabile in Cassazione sia per la sua intrinseca discrezionalità sia perchè, per sua natura, è provvisorio ed insuscettibile di passare in giudicato, essendo destinato a essere assorbito dall’effettiva liquidazione dell’integrale risarcimento nella competente sede civile.

7. I ricorsi, siccome infondati, devono dunque essere rigettati; ne consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al rimborso, in solido tra loro, di quelle sostenute dalla parte civile comparsa nel presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonchè al rimborso in solido delle spese sostenute dalla parte civile ANAS spa, che liquida complessivamente in Euro tremila oltre gli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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