Cons. Stato Sez. IV, Sent., 22-11-2011, n. 6151 Interesse a ricorrere

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza in epigrafe impugnata il Tribunale amministrativo regionale del Lazio – Sede di Roma – ha accolto il ricorso proposto dall’ odierno appellato S.I.VE.M.P. – Sindacato Veterinari Medicina Pubblica- volto ad ottenere l’annullamento della la lettera circolare ricevuta dalla Regione Marche in data 27 ottobre 1994, con cui il Dipartimento della Funzione Pubblica aveva escluso in via di interpretazione dell’ art. 110, del d.P.R. 28 novembre 1990 n. 384 l’applicazione dell’indennità prevista al 5° comma, della stessa norma, anche nei confronti dei medici veterinari di posizione dirigenziale.

Il Tribunale amministrativo ha accolto il ricorso avendo ritenuto che dalla interpretazione della citata norma potesse non discendere la esclusione dalla percezione della istituita indennità per il solo personale medico veterinario: ciò perché la predetta disposizione non operava differenziazioni tra le categorie dei medici e dei veterinari quanto alla indennità di dirigenza medica (seppur disciplinando l’entità delle indennità corrisposte al personale medico e veterinario, indicandosi, al primo comma, in modo distinto per le due categorie i valori annui lordi delle indennità già previste dal d.P.R. 20 maggio 1987 n. 270).

Sotto altro profilo, secondo il primo giudice, neppure la scelta di un uso letterale del solo termine "medico" portava di per se ad escludere che l’indennità di dirigenza medica fosse corrisposta anche ai dirigenti veterinari.

L’amministrazione rimasta soccombente ha impugnato la detta decisione criticandola sotto numerosi angoli prospettici e chiedendone la riforma.

In particolare essa ha sostenuto che era inesatto affermare che l’art. 110 comma 5 del d.P.R. 28 novembre 1990 n. 384 non operava alcuna differenziazione tra la categoria dei medici e quella dei veterinari con riferimento alla indennità ivi contemplata.

Al contrario, la circostanza che il comma 5 facesse unicamente riferimento al personale medico, nel corpo di una disposizione che ricomprendeva sia il personale medico che quello veterinario comprovava che la predetta disposizione di cui al comma 5 non potesse applicarsi anche al personale veterinario.

Appariva inoltre decisivo il riferimento contenuto al citato comma 5 " al personale di posizione funzionale apicale medico cui non è corrisposta l’indennità differenziata primariale": tale inciso rendeva evidente che l’indennità poteva essere corrisposta al (solo) personale medico, non essendo applicabile la definizione "primariale" al personale espletante attività veterinaria. Ulteriore conferma della inesattezza della impugnata pronuncia si doveva rinvenire nell’art. 96 del decreto del Presidente della Repubblica 20 maggio 1987, n. 270.

Con una articolata memoria il sindacato appellato ha fatto presente che la giurisprudenza amministrativa e contabile si era costantemente uniformata ai principi contenuti nell’impugnata decisione che meritava integrale conferma.

L’appellante amministrazione – che non aveva chiesto la sospensione cautelare della esecutività dell’impugnata decisione – aveva presentato domanda di fissazione di udienza soltanto successivamente all’avviso della perenzione ultraquinquennale.

Essa aveva corrisposto le somme dovute; tutte le Asl italiane avevano effettuato il pagamento dell’indennità di dirigenza medica in favore dei veterinari; l’indennità per cui è causa era stata medio tempore sostituita da altra indennità (denominata "di specificità medica") in ordine alla quale nessuna contestazione era insorta.

Ne conseguiva che l’amministrazione aveva certamente perso interesse alla decisione dell’impugnazione che, comunque, in quanto infondata meritava di essere disattesa.

Alla odierna pubblica udienza del 4 novembre 2011 la causa è stata posta in decisione.

Motivi della decisione

1.L’appello è infondato va respinto.

2.La prima questione da affrontare riposa nella proposta eccezione di sopravvenuta carenza di interesse alla decisione dell’odierno appello in capo all’appellante amministrazione.

2.1. Ritiene il Collegio che essa sia infondata.

Come è noto, per pacifica giurisprudenza l’interesse al ricorso, in quanto condizione dell’azione, deve sussistere sia al momento della proposizione del gravame, che al momento della decisione, con conseguente attribuzione al giudice amministrativo del potere di verificare la persistenza della predetta condizione in relazione a ciascuno di tali momenti (cfr. C.d.S., Sez. VI, n. 475/92).

Di converso, costituisce jus receptum il principio per cui "il requisito dell’attualità dell’interesse non sussiste quando il pregiudizio derivante dall’atto amministrativo è meramente eventuale, e cioè quando l’emanazione del provvedimento non sia di per sé in grado di arrecare una lesione nella sfera giuridica del soggetto né sia certo che una siffatta lesione comunque si realizzerà in un secondo tempo; pertanto, è inammissibile il ricorso che tende ad ottenere una pronuncia di principio, che possa essere fatta valere in un futuro giudizio con riferimento a successivi comportamenti dell’amministrazione, atteso che la tutela di un interesse strumentale deve aderire in modo rigoroso all’oggetto del giudizio, con carattere diretto ed attuale. (Consiglio Stato, sez. IV, 19 giugno 2006, n. 3656)

Nel caso devoluto alla odierna cognizione della Sezione (e tanto più in assenza di dichiarazione di sopravvenuta carenza di interesse alla decisione del ricorso in appello formulata dall’appellante amministrazione) non ricorrono le suindicate condizioni di improcedibilità posto che l’appellante amministrazione, in ipotesi di accoglimento dell’appello, avrebbe diritto alla ripetizione delle somme illegittimamente erogate.

La eccezione proposta dall’appellato sindacato deve pertanto essere disattesa.

3.Nel merito, tuttavia, il gravame è infondato.

3.1. Stabilisce il comma 5 dell’art. 110 del dPR 28 novembre 1990 n. 284 che

"i commi 2 e 3 dell’articolo 92 del decreto del Presidente della Repubblica 20 maggio 1987, n. 270 sono abrogati, mentre sono confermati i commi 7 e 8 dello stesso articolo. Dal 1° dicembre 1990 al personale di posizione funzionale apicale medico cui non è corrisposta l’indennità differenziata primariale è attribuita una indennità di dirigenza medica lorda annua, fissa e ricorrente di L. 3.400.000. Sono altresì, confermati gli articoli 52 e 53 del decreto del Presidente della Repubblica 20 maggio 1987, n. 270. ".

L’incipit del comma 1 della citata disposizione, dispone invece che: "i valori annui lordi delle indennità previste dall’articolo 92 del decreto del Presidente della Repubblica 20 maggio 1987, n. 270, per il personale medico e veterinario sono così stabiliti, al 1° luglio 1990, data di decorrenza del regime".

L’argomento centrale su cui si fonda l’appello è di natura sistematica, e riposa nella circostanza che il comma 5 contempla esclusivamente il personale medico, e non anche quello veterinario, seppure l’articolo 110 disciplini la retribuzione di entrambe le figure professionali.

Ciò deporrebbe per la volontà normativa di escludere i veterinari dalla percezione del beneficio di cui al comma 5 citato.

Inoltre, la difesa erariale dell’amministrazione, nel rammentare che non è rinvenibile nel sistema la figura professionale del "primario veterinario" richiama il disposto di cui all’art. 96 del dPR 20 maggio 1987 n. 270 (la cui rubrica è intestata: "indennità differenziata di responsabilità primariale") laddove si prevede al comma 1 che:"L’indennità differenziata di responsabilità primariale spetta ai medici primari."

3.2. Ad avviso del Collegio nessuno dei due argomenti è decisivo ai fini dell’accoglimento dell’appello.

3.3. Evidenzia il Collegio da un canto, che la circostanza che la norma di cui all’art. 110 citata si riferisca anche ai veterinari può desumersi dalla circostanza che la rubrica dell’art. 110 stesso li contempla espressamente.

Sotto altro profilo, deve rilevarsi che la citata disposizione è inserita in un più ampio contesto normativo (Titolo IV Capo I del dPR 28 novembre 1990 n. 284) chiaramente applicabile ad entrambe le figure professionali.

In particolare, gli artt. 116 e 117 di tale dPR, nel contemplare apposite indennità per il personale medico di posizione funzionale iniziale ed intermedia, risultano espressamente applicabili anche al personale veterinario.

Particolarmente significativo appare, poi, l’art. 116 che, nel trattare del personale medico e veterinario di posizione funzionale intermedia cui viene affidata la responsabilità di un modulo organizzativo o funzionale, prevede esplicitamente che a detto personale venga riconosciuta, in luogo delle indennità proprie della posizione di appartenenza, quelle previste per il personale di posizione funzionale apicale, rideterminando l’indennità di dirigenza medica in lire 3 milioni e 400.000.

3.4. Ai fini dell’accoglimento della tesi contenuta nell’appello non appare decisivo, peraltro, neppure l’argomento testuale fondato sulla non riconducibilità ai veterinari della qualifica "primariale".

4. Al contrario, argomenti contrastanti con la tesi patrocinata dall’appellante amministrazione si rinvengono nella pacifica ratio dell’attribuzione dell’indennità in oggetto, consistente nel correlare un compenso a particolari attribuzioni e responsabilità che incombono ai dirigenti apicali del settore medico (sia sanitari che veterinari) nell’esplicazione delle funzioni, sebbene non di natura primariale, affidate agli stessi.

4.1. Conseguenza della ratio dell’indennità in parola, è quella per cui per "personale medico" si deve intendere, alla stregua di una corretta interpretazione letterale e logicosistematica della disposizione in questione, tanto il personale medico strettamente inteso che quello medicoveterinario, in quanto entrambi appartenenti ad un’unica generica area del personale medico.

4.2. La giurisprudenza amministrativa di primo grado inoltre, irrobustisce tale considerazione facendo riferimento alla circostanza il CCNL per la dirigenza medica e veterinaria del SSN sottoscritto il 5.12.1996 il cui art. 55 disponeva, al terzo comma, che la parte fissa della retribuzione di posizione era costituita, tra l’altro, dalle quote delle indennità previste dall’art. 110 comma 5 secondo capoverso del DPR 384/90. L’art. 70, poi, del citato CCNL, dal canto suo, disponeva che, dal 1° dicembre 1995, per i veterinari di II livello, la componente fissa della retribuzione era incrementata di lire 3.400.000.

Che non si trattasse di un incremento vero e proprio ma del mero assorbimento, nella retribuzione di posizione parte fissa, di un’indennità già da prima spettante ai veterinari, era reso palese in sede di accordo integrativo (cfr. Provv. P.C.M. 17.1.1997) al predetto CCNL, stante la relativa dichiarazione congiunta n. 2, nella quale veniva espressamente affermato che nell’art. 70 comma 6 "la parola "incrementata" doveva essere correttamente intesa in "determinata", essendo, l’importo di L. 3.400.000, già stato ricompreso nella tabella allegato 3". Con ciò volendosi significare, appunto, che non di aumento si trattava ma del semplice riassorbimento di cui si è detto.

Anche tale argomento, ad avviso del Collegio, milita per la reiezione dell’appello che, pertanto, deve essere disatteso.

5. Sussistono le condizioni di legge per la compensazione tra le parti delle spese processuali sostenute.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello, numero di registro generale 10210 del 2005 come in epigrafe proposto, lo respinge

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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