Cons. Stato Sez. IV, Sent., 22-11-2011, n. 6149 Concessione per nuove costruzioni contributi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza in epigrafe impugnata il Tribunale amministrativo regionale della Puglia- Sede di Lecce – ha accolto il ricorso proposto dall’ odierno appellato T. G. volto ad ottenere l’annullamento della delibera del Consiglio Comunale di Galatone n. 36 del 4 giugno 2002 nella parte in cui, al punto n. 4), si era ivi stabilito "… che l’intervento proposto, trattandosi di intervento per la realizzazione di un albergo, ricade in Zona C4 secondo le NTA vigenti…" nonché di ogni altro atto connesso e collegato ed in particolare della nota prot. N. 15249 del 18 settembre 2002 del Dirigente dell’ UTC di Galatone.

L’odierno appellato aveva fatto presente di aver presentato, in data 22 maggio 2001, un progetto per la realizzazione di un complesso edilizio adibito a "centro benessere" (centro servizi per la cura, la bellezza e la salute della persona), da eseguirsi in un lotto di terreno di mq. 18982 di propria pertinenza, sito in agro Galatone, distinto in catasto al Fg. 17, p.lle 443, 544, 550 e 555, tipizzato Zona E1 verde agricolo.

Aveva quindi richiesto l’applicazione dell’art. 5 del d.P.R. 20 ottobre 1998 n. 447 in quanto il progetto presentato era in contrasto con lo strumento urbanistico e comunque ne richiedava la variazione; il Consiglio Comunale con la delibera n. 36/02 impugnata in primo grado aveva stabilito di adottare il progetto per il rilascio della relativa concessione stabilendo però che l’intervento proposto, in quanto diretto alla realizzazione di un albergo, ricadeva in zona C4.

Avverso tale ultimo "inquadramento", comportante la quantificazione di assai rilevanti oneri concessori, l’odierno appellato era insorto proponendo articolate censure di violazione di legge ed eccesso di potere.

Il primo giudice ha accolto il ricorso avendo in primo luogo rilevato che un centro benessere non poteva essere ontologicamente equiparato ad un albergo; secondariamente, il lotto interessato dal progetto per cui è causa era ubicato nelle immediate vicinanze del centro urbano e, conseguentemente, era già dotato di tutte le opere di urbanizzazione primaria: risultava pertanto incongrua la riconduzione alla zona C4 in quanto le opere ricadenti in tale categoria (destinate ad ospitare "residenze stagionali litoranee") erano allocate esclusivamente in quella porzione del territorio comunale posta lungo la costa, ad oltre 10 km dall’abitato (i relativi consistenti importi per oneri concessori si giustificavano nella loro elevata quantificazione in ragione dei maggiori costi delle opere di urbanizzazione primaria, della peculiare localizzazione in prossimità del mare e del corrispondente indice di fabbricabilità fondiaria).

L’amministrazione comunale di Galatone originaria resistente rimasta soccombente ha impugnato la detta decisione criticandola sotto numerosi angoli prospettici e chiedendone la riforma.

Essa ha in particolare sostenuto che la sentenza era errata in punto di fatto, posto che il procedimento ex art.. 5 del d.P.R. 20 ottobre 1998 n. 447 era stato intrapreso nel presupposto della ascrivibilità dell’intervento alla categoria degli alberghi (in quanto così qualificato dal proponente, e dal dirigente dell’UTC); la conferenza di servizi era stata convocata sul presupposto che l’intervento (riguardante "la concessione di un albergo e centro benessere") fosse compatibile con la zona C4 del PRG.

Il mezzo di primo grado non aveva attinto gli atti sulla scorta dei quali il progetto era stato approvato: di conseguenza se ne sarebbe dovuta dichiarare la inammissibilità in quanto anche in ipotesi di definitivo annullamento della avversata delibera del Consiglio Comunale di Galatone n. 36 del 4 giugno 2002 e della conseguente nota del 18 settembre 2002 del Dirigente dell’UTC comunque il calcolo degli oneri concessori avrebbe dovuto seguire la destinazione urbanistica attribuita all’area.

In ogni caso il ricorso di primo grado avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile perché tardivo, e comunque l’odierno appellato aveva prestato acquiescenza ai provvedimenti impugnati.

Nel merito il ricorso di primo grado era infondato ed il primo giudice avrebbe dovuto respingerlo

All’adunanza camerale del 5 aprile 2005 fissata per la delibazione sulla domanda di sospensione dell’esecutività dell’appellata decisione la trattazione della causa è stata rinviata al merito.

Con memoria ritualmente depositata l’amministrazione comunale appellante ha fatto presente che in pendenza dell’odierno appello il signor T. aveva depositato una nota con la quale rinunciava al procedimento avviato ed al permesso di costruire rilasciatogli.

L’appellata amministrazione comunale aveva preso atto della rinuncia e disposto che l’area riacquistasse l’originaria destinazione urbanistica: indi l’appellato aveva ottenuto la concessione per l’edificazione di una casa colonica ed aveva integralmente realizzato il manufatto.

Ciò poteva comportare anche la declaratoria improcedibilità del ricorso di primo grado per sopravvenuta carenza di interesse.

Tuttavia, posto che la causale dell’atto di rinuncia al permesso di costruire era stata individuata dall’appellato nella controversia pendente e nel possibile elevato onere economico derivante dall’eventuale accoglimento dell’appello, e posto che questi non aveva espressamente rinunciato al ricorso, laddove fosse ipotizzabile una futura pretesa risarcitoria ricollegata alla asserita illegittimità degli atti si chiedeva di decidere nel merito la causa accogliendo l’appello proposto.

Alla odierna pubblica udienza del 4 novembre 2011 la causa è stata posta in decisione.

Motivi della decisione

1.Il ricorso di primo grado è divenuto improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse. Ne consegue l’annullamento senza rinvio dell’impugnata decisione.

2.Ritiene il Collegio in primo luogo interrogarsi sul permanere in capo all’appellato dell’interesse alla decisione della causa.

2.1. Rammenta in proposito il Collegio che per pacifica giurisprudenza il presupposto perché venga adita la tutela giurisdizionale riposa nell’interesse alla decisione, derivante da una lesione (né paventata né futura né inattuale) ad una posizione giuridica attiva tutelata dall’ordinamento.

Come è noto, in base ai principi generali in materia di condizioni dell’azione, desumibili dall’art. 24, co. 1°, della Costituzione ("tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi) e dall’art. 100 c.p.c. ("per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi un interesse"), l’interesse processuale presuppone, nella prospettazione della parte istante, una lesione concreta ed attuale dell’interesse sostanziale dedotto in giudizio e l’idoneità del provvedimento richiesto al giudice a tutelare e soddisfare il medesimo interesse sostanziale.

In mancanza dell’uno o dell’altro requisito, l’azione è inammissibile.

Sarebbe infatti del tutto inutile, ai fini giuridici, prendere in esame una domanda giudiziale se nella fattispecie prospettata non si rinvenga affermata una lesione della posizione giuridica vantata nei confronti della controparte, ovvero se il provvedimento chiesto al giudice sia inadeguato o inidoneo a rimuovere la lesione.

In definitiva, come chiarito dalla migliore dottrina processualcivilistica, "l’interesse ad agire è dato dal rapporto tra la situazione antigiuridica che viene denunciata e il provvedimento che si domanda per porvi rimedio mediante l’applicazione del diritto, e questo rapporto deve consistere nella utilità del provvedimento, come mezzo per acquisire all’interesse leso la protezione accordata dal diritto" (cfr., altresì, Cass. Civ., Sez. III, n. 12241/98).

Nel processo amministrativo l’interesse a ricorrere è caratterizzato dalla presenza degli stessi requisiti che qualificano l’interesse ad agire di cui all’art. 100 c.p.c., vale a dire dalla prospettazione di una lesione concreta ed attuale della sfera giuridica del ricorrente e dall’effettiva utilità che potrebbe derivare a quest’ultimo dall’eventuale annullamento dell’atto impugnato (cfr. C.d.S., Sez. IV, n. 1210/97).

Anche nel sistema giurisdizionale amministrativo, infatti, sarebbe del tutto inutile eliminare un provvedimento o modificarlo nel senso richiesto dal ricorrente, se questi non possa trarne alcun beneficio concreto in relazione alla sua posizione legittimante.

Ai fini dell’ammissibilità del ricorso, occorre pertanto, che sussista piena corrispondenza tra interesse sostanziale dedotto in giudizio, lesione prospettata e provvedimento richiesto.

A contrario, il ricorso è inammissibile per carenza di interesse in tutte le ipotesi in cui l’annullamento giurisdizionale di un atto amministrativo non sia in grado di arrecare alcun vantaggio all’interesse sostanziale del ricorrente (che ne "legittima" l’instaurazione del giudizio).

Inoltre, l’interesse al ricorso, in quanto condizione dell’azione, deve sussistere sia al momento della proposizione del gravame, che al momento della decisione, con conseguente attribuzione al giudice amministrativo del potere di verificare la persistenza della predetta condizione in relazione a ciascuno di tali momenti (cfr. C.d.S., Sez. VI, n. 475/92).

2.2. Nel caso di specie ritiene il Collegio che tale interesse non permanga.

L’appellante amministrazione comunale ha invero documentato che in pendenza dell’odierno appello il signor T. aveva depositato una nota con la quale rinunciava al procedimento avviato ed al permesso di costruire rilasciatogli.

L’appellata amministrazione aveva quindi preso atto della rinuncia e disposto che l’area riacquistasse l’originaria destinazione urbanistica: indi l’appellato aveva ottenuto il permesso di costruire relativo alla edificazione di una casa colonica (permesso di costruire n. 86/2008) ed aveva integralmente realizzato il manufatto.

Posto che la irreversibile trasformazione del suolo e l’avvenuta rinuncia al permesso di costruire rilasciato elidono del tutto la possibilità che l’appellato possa aspirare a realizzare il manufatto ab origine previsto, ritiene del pari il Collegio che non residui alcun altro profilo di interesse di questi alla decisione della causa.

Ciò perché – se è pur vero che la causale dell’atto di rinuncia (depositato in atti) al permesso di costruire è stata individuata dall’appellato nella controversia pendente e nel possibile elevato onere economico derivante dall’eventuale accoglimento dell’appello – è altresì palese che nessun interesse egli potrebbe vantare a che sia definitivamente accertata la illegittimità della riconduzione dell’area e dell’opera erigenda alla zona C4.

Non quello alla realizzazione del centro benessere originariamente previsto, per le già chiarite ragioni: peraltro lo stesso appellato aveva affermato di "rinunciare definitivamente" al permesso di costruire originariamente ottenuto, di guisa che è pacifico che egli non abbia alcun concreto interesse in tale senso.

Neppure può affermarsi che permanga un interesse alla decisione della causa legato alla possibile futura intrapresa di iniziative risarcitorie atteso che la rinuncia alla realizzazione del progetto è da ascrivere alla esclusiva volontà dell’appellato che, pur avendo ottenuto l’annullamento in primo grado del provvedimento classificatorio comunale, ha liberamente deciso di non proseguire nella attività edificatorie, e non potrebbe in futuro imputare tale rinuncia od eventuali danni alle determinazioni del comune, quand’anche fosse definitivamente acclarata la originaria illegittimità della delibera impugnata.

3.Ne consegue la declaratoria di improcedibilità sopravvenuta del ricorso di primo grado e l’annullamento senza rinvio dell’impugnata decisione.

4. Sussistono le condizioni di legge per compensare le spese processuali sostenute dalle parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)definitivamente pronunciando sull’appello, numero di registro generale 1276 del 2005, come in epigrafe proposto, dichiara improcedibile il ricorso di primo grado ed annulla senza rinvio la decisione impugnata.

Spese processuali compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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