Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 22-11-2011, n. 902

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decisione n. 1274/980 del 23.3.2000 il CO.RE.CO. ha annullato la deliberazione della G.M. di Palermo n. 47 del 2000 avente ad oggetto "Proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie conseguenti a violazioni del Codice della strada – Determinazione delle quote da destinare alle finalità previste dall’art. 208 del D.Lgs. 30 aprile 1992 n. 285".

La decisione negativa di controllo si basa su considerazioni che possono così riassumersi:

a) mancanza del parere di regolarità contabile;

b) gli interventi per la mobilità ciclistica vengono inseriti due volte nello schema delle percentuali di assegnazione dei proventi contenuto nella delibera;

c) le quote dei proventi delle sanzioni amministrative di cui all’art. 208 del Codice della strada non possono essere utilizzate per pagare il salario accessorio degli agenti di polizia municipale, pena la violazione dell’art. 2 comma terzo del D.Lgs. n. 80 del 1998 in base al quale l’attribuzione di incrementi retributivi al personale pubblico può avvenire solo mediante contratto collettivo.

Tale decisione è stata impugnata avanti al T.A.R. Palermo dal comune il quale ne ha chiesto l’annullamento, deducendo in via principale che la delibera annullata non poteva essere esaminata dall’organo di controllo non rientrando in alcuno dei casi di controllo preventivo di legittimità necessario previsti dal combinato disposto dell’art. 15 comma 1 e dall’art. 17 commi 1 e 3 della legge 3 dicembre 1991 n. 44.

Con la sentenza in epigrafe indicata l’adito Tribunale ha disatteso tale censura rilevando che la deliberazione giuntale era stata trasmessa al Comitato e che l’art. 15 comma 2 della citata legge n. 44 del 1991 dichiara soggette al controllo preventivo di legittimità "le deliberazioni che le giunte intendono di propria iniziativa sottoporre al Comitato".

Il Tribunale tuttavia ha enucleato, nella esposizione in fatto del ricorso, ulteriori censure attinenti ai profili di merito della decisione tutoria sopra evidenziati e le ha accolte, annullando l’atto impugnato.

La sentenza è stata impugnata con l’atto di appello all’esame dal soccombente Comitato il quale ne ha chiesto l’integrale riforma deducendo in via principale il vizio di extrapetizione e in via gradata la effettiva sussistenza dei profili di illegittimità che viziano la deliberazione comunale.

Si è costituito il comune di Palermo insistendo per l’infondatezza dell’avverso gravame.

All’udienza del 30 giugno 2011 l’appello è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

L’appello non è fondato e va pertanto respinto.

Oggetto sostanziale della presente controversia è la decisione n. 1274/980 del 23.3.2000 con la quale il CO.RE.CO. ha annullato la deliberazione della G.M. di Palermo n. 47 del 2000 avente ad oggetto "Proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie conseguenti a violazioni del Codice della strada – Determinazione delle quote da destinare alle finalità previste dall’art. 208 del D.Lgs. 30 aprile 1992 n. 285".

Con il primo motivo di appello il CO.RE.C.O. evidenzia che con il ricorso di primo grado il comune di Palermo aveva dedotto, quale unico elemento di censura, la carenza di potere dell’organo tutorio.

In sostanza il comune, secondo l’appellante, si era limitato a dedurre che la delibera non poteva essere esaminata dall’organo di controllo, non rientrando essa in alcuno dei casi di controllo preventivo di legittimità necessario previsti dal combinato disposto dell’art. 15 comma 1 e dall’art. 17 commi 1 e 3 della legge 3 dicembre 1991 n. 44.

Una volta respinta tale censura, prosegue l’appellante, il Tribunale non poteva annullare il provvedimento per vizi diversi rispetto a quello effettivamente denunciato, pena la violazione del basilare principio dispositivo, espresso dalle note regole della domanda ( art. 99 cod. proc. civ.) e della corrispondenza tra chiesto e pronunciato ( art. 112 cod. proc. civ.).

Il mezzo non può trovare accoglimento.

In giurisprudenza è sempre stata incontestata, anche in epoca precedente all’entrata in vigore del codice del processo amministravo, l’applicabilità al processo amministrativo dell’art. 112 cod. proc. civ. a norma del quale il giudice deve concretamente esercitare il potere giurisdizionale nell’ambito della esatta corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, rappresentando tale regola, proprio con riferimento al concreto esercizio della potestas iudicandi, l’espressione precipua del potere dispositivo delle parti, nel senso che il giudice non può pronunciare oltre i limiti della concreta ed effettiva questione che le parti hanno sottoposto al suo esame e dunque oltre i limiti del petitum e della causa petendi, ulteriormente specificati nell’ambito del processo amministrativo dai motivi di ricorso (cfr. IV Sez. n. 6710 del 2004).

Peraltro, secondo l’indirizzo giurisprudenziale assolutamente prevalente e al quale questo Collegio intende dare continuità, il giudice amministrativo può procedere all’individuazione dei motivi di ricorso tenendo conto non solo delle censure espressamente enunciate ma anche di quelle desunte chiaramente dall’esposizione dei fatti ovvero dall’intero contesto del ricorso, con la conseguenza che il vizio di ultrapetizione non sussiste allorquando viene accolta una domanda che, pur se non espressamente formulata, sia comunque contenuta nel ricorso introduttivo del giudizio (cfr. IV Sez. n. 5367 del 2005 nonché V Sez. n. 3437 del 2007).

Nel caso in esame le doglianze di merito mosse dal comune nei confronti della decisione negativa dell’organo tutorio erano, a giudizio di questo Collegio, agevolmente desumibili dal complessivo contesto del ricorso e dunque può escludersi che il T.A.R. sia incorso nella lamentata extra petizione.

Con il secondo e terzo motivo di impugnazione l’appellante deduce che la delibera della Giunta mancava del necessario previo parere di regolarità contabile e che la stessa conteneva una irrazionale duplicazione per quanto attiene le percentuali destinate ad interventi per la mobilità ciclistica.

Questi mezzi devono essere disattesi, condividendo il Collegio le argomentazioni svolte nella sentenza impugnata.

Per quanto concerne il parere contabile deve infatti osservarsi che, ai sensi della normativa all’epoca vigente, lo stesso non era necessario non comportando direttamente la delibera giuntale alcun impegno di spesa; per quanto riguarda la mobilità ciclistica, la percentuale dei proventi ad essa destinata dalla deliberazione finale è chiaramente quella del 2,5%, da sottrarre dalla percentuale del 47,76% complessivamente destinata al "miglioramento della circolazione stradale, compresa la realizzazione di interventi a favore della mobilità ciclistica".

Con il quarto e centrale motivo l’appellante deduce che i proventi delle sanzioni amministrative previste dal codice della strada non potevano essere legittimamente destinati al pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario degli appartenenti al corpo di polizia municipale.

Il mezzo deve essere disatteso.

In limine va osservato che la decisione tutoria motiva l’annullamento del deliberato comunale non tanto per la violazione dell’art. 208 del codice della strada (sulla quale insiste ora esclusivamente l’Avvocatura) quanto essenzialmente per la violazione degli artt. 49 D.Lgs. n. 29 del 1993 e 2 D.Lgs. n. 80 del 1988, in base ai quali l’attribuzione di incrementi retributivi può avvenire solo ad opera della contrattazione collettiva.

Al riguardo non può non rilevarsi che la delibera comunale impugnata non ha affatto introdotto il pagamento in favore degli appartenenti al corpo di polizia municipale di trattamenti economici non previsti dal contratto collettivo di riferimento, ma ha soltanto reperito risorse per il finanziamento di oneri derivanti da voci (lavoro straordinario e progetti/obiettivo) compiutamente disciplinati nel C.C.N.L. applicabile.

In ogni caso, anche a voler prescindere da tale rilievo, la tesi propugnata dall’appellante non risulta convincente.

L’art. 208, quarto comma del codice della strada nel testo originario prevedeva che: "I proventi spettanti agli altri enti indicati nel comma 1 sono devoluti alle finalità di cui al comma 2, nonché al miglioramento della circolazione sulle strade, al potenziamento e al miglioramento della segnaletica stradale e alla redazione dei piani di cui all’articolo 36, alla fornitura di mezzi tecnici necessari per i servizi di polizia stradale di loro competenza e alla realizzazione di interventi a favore della mobilità ciclistica nonché, in misura non inferiore al 10 per cento, ad interventi per la sicurezza stradale, in particolare a tutela degli utenti deboli: pedoni, ciclisti, bambini, anziani, disabili. Gli stessi enti determinano annualmente, con delibera della giunta, le quote da destinarsi alle suindicate finalità".

Successivamente l’art. citato ha subito varie modifiche, per quanto qui interessa essenzialmente ad opera del comma 564 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006 e dell’art. 40 comma 1 della legge n. 120 del 2010.

A tali modifiche – che fanno espresso riferimento da un lato, al potenziamento delle attività di controllo e di accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale, dall’altro al finanziamento di progetti di potenziamento dei servizi di controllo finalizzati alla sicurezza urbana e alla sicurezza stradale, nonché a progetti di potenziamento dei servizi notturni e di prevenzione di specifiche gravi violazioni in materia di sicurezza stradale – deve attribuirsi una valenza essenzialmente ricognitiva di finalità già ricomprese nella formulazione originaria della norma.

A giudizio di questo Collegio, infatti, è del tutto ragionevole considerare l’intensificazione dei controlli e di mirate attività di prevenzione da parte degli organi di polizia come uno degli strumenti primari volti a favorire il miglioramento della circolazione, concetto questo da intendersi non solo nel limitato senso di fluidificazione e snellimento del movimento veicolare ma anche più latamente come incremento della attività di prevenzione degli incidenti e di repressione di condotte di guida pericolose al fine di garantire una migliore sicurezza per tutti gli utenti della strada.

Sulla base delle esposte considerazioni l’appello va quindi respinto.

Ogni altro motivo od eccezione può essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

Le spese di questo del giudizio possono essere compensate, avuto riguardo alla originaria novità della questione controversa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, respinge l’appello in epigrafe.

Compensa tra le parti spese e onorari di questo grado del giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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