Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 15-07-2011) 24-10-2011, n. 38357

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con la sentenza impugnata il Giudice di pace di Palermo ha dichiarato C.P. colpevole del delitto di lesioni volontarie in danno di CA.Gi., nonchè P.N. colpevole dei delitti, in continuazione, di lesioni volontarie in danno del CA. e di CO.An., commessi il (OMISSIS), ed ha inflitto al primo la pena di Euro 750,00 di multa, ed al secondo la pena, per il reato continuato, di Euro 2.250,00 di multa.

Ricorrono per Cassazione con distinti atti di impugnazione i prevenuti.

Entrambi deducono difetto ed illogicità di motivazione sulla valutazione delle prove a carico e di quello difensive, nonchè vizio di motivazione sul trattamento sanzionatorio, per la mancata concessione delle attenuanti generiche.

Il P. deduce inoltre violazione di legge e difetto di motivazione sull’applicazione dell’aumento per continuazione che il giudice di merito, senza sviluppare motivazione alcuna, avrebbe erroneamente stabilito nel triplo della pena irrogata per il reato più grave. Essendo stata fissata la pena per il più grave delitto di lesioni in Euro 750,00 di multa, la pena totale, ove fosse stato applicato il cumulo materiale con l’altra ipotesi di lesioni contestata, non sarebbe stata superiore ad Euro 1.500,00 di multa, così che l’applicazione di una pena superiore si porrebbe in contrasto con il principio del favor rei a cui l’istituto della continuazione è ispirato. Ad avviso del Collegio i motivi del ricorso del C. sono infondati, così come quelli sviluppati dal P. in tema di responsabilità, in quanto, oltre ad essere generici, tendono a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto ed all’apprezzamento del materiale probatorio rimessi all’esclusiva competenza del giudice di merito e già adeguatamente valutati dal Giudice di pace.

Nel caso in esame, difatti, il giudice di merito ha osservato che la prova del fatto ascritto agli imputati riposava sulle testimonianze delle persone offese, la cui credibilità è adeguatamente argomentata, anche con riferimento all’assenza di interessi di natura economica ad ottenere la condanna dei prevenuti, e nel sostegno a queste che poteva trarsi dalla certificazione delle lesioni subite, ritenendo poi che i contributi testimoniali addotti dalla difesa non portassero ad un risultato di prova tale da scardinare l’impianto accusatorio.

La sentenza impugnata, in punto di responsabilità, non è quindi sindacabile in questa sede perchè la Corte di Cassazione non deve condividere o sindacare la decisione, ma verificare se la sua giustificazione sia, come nel caso in esame, sorretta da validi elementi dimostrativi e non abbia trascurato elementi in astratto decisivi, sia compatibile con il senso comune e, data come valida la premessa in fatto, sia logica: insomma, se sia esauriente e plausibile. Infondate poi le doglianze relative alla mancata applicazione delle attenuanti generiche. Dal verbale di udienza risulta solo che la difesa, in subordine, in caso di affermazione della responsabilità, aveva chiesto l’applicazione del minimo edittale della pena e non risultano esplicitati motivi che avrebbero dovuto indurre il giudice ad applicare l’art. 62 bis c.p.. Nè il giudice era tenuto, in assenza di sollecitazione alcuna, a dar conto del motivo della mancata applicazione delle citate attenuanti.

Il rigetto del ricorso del C. comporta la condanna del prevenuto al pagamento delle spese processuali.

Tanto rilevato sulla responsabilità, osserva il Collegio che le doglianze del P. sono fondate con riferimento alla misura dell’aumento di pena applicatogli per il delitto di lesioni che il giudice ha ritenuto di porre in continuazione con quello considerato più grave, l’altro fatto di lesioni per il quale aveva fissato, ai sensi dell’art. 133 c.p., la pena in Euro 750,00 di multa.

Erroneamente poi il giudice ha applicato l’aumento per continuazione triplicando la pena stabilita per il reato più grave.

Anche se, ai sensi dell’art. 81 cpv. c.p., l’aumento di pena può raggiungere il triplo della pena applicata per il reato più grave, l’ultimo comma di detto articolo, stabilisce che la pena non può essere superiore a quella che sarebbe applicabile a norma degli articoli precedenti, con ciò significando che il giudice, nell’applicare l’aumento per continuazione sulla pena base, non potrà mai infliggere una pena in misura superiore a quella che sarebbe stata applicabile per effetto del cumulo materiale, anche se inferiore al triplo della pena stabilita per il reato più grave.

Orbene, nel caso di specie, il giudice, fissata la sanzione per il reato ritenuto più grave in Euro 750,00 di multa (senza particolare motivazione, peraltro non indispensabile considerato l’attestarsi della sanzione in misura prossima al minimo edittale di Euro 516,00 di multa), ha poi applicato, sempre senza motivazione, un aumento per continuazione che ha portato la pena finale alla misura di Euro 2.250,00 di multa (il triplo della pena base) palesemente superiore alla pena che sarebbe stata irrogata ove fosse stato applicato il cumulo materiale – con possibile applicazione per due volte della pena considerata congrua per l’ipotesi ritenuta più grave, quindi in misura non certo superiore agli Euro 1.500,00 di multa – in contrasto con la norma e con la specifica funzione dell’istituto ispirato al favor rei.

La palese violazione di legge impone l’annullamento senza rinvio della sentenza nei riguardi del P., limitatamente all’aumento di pena applicato per la continuazione. Ritiene il Collegio che nel caso di specie dalla motivazione del giudice di merito, anche nell’individuazione della ridotta sanzione per il reato più grave, emerga una specifica valutazione sulla gravità dei fatti che consente la rideterminazione della pena direttamente da parte di questa Corte di legittimità, ai sensi dell’art. 620 c.p.p., lett. 1), in complessivi Euro 1.000,00 di multa, non risultando necessari accertamenti e valutazioni di circostanze controverse.

P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei riguardi del P. limitatamente all’aumento di pena per la continuazione.

Rigetta nel resto il ricorso di P. e ridetermina la pena nei suoi confronti in Euro 1.000,00 di multa.

Rigetta il ricorso di C. che condanna alle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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