Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 13-07-2011) 24-10-2011, n. 38348

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza impugnata veniva confermata la sentenza del Giudice di Pace di Pescara in data 16.1.2009, con la quale M. G. veniva condannato alla pena di Euro 500 di multa, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile, per il reato di cui all’art. 582 cod. pen., commesso in Pescara l’1.6.2005 stringendo Z.D. per il collo e cagionandogli lesioni.

La responsabilità dell’imputato era ritenute in base alle dichiarazioni della persona offesa ed al riscontro delle stesse nelle certificazioni mediche, nelle fotografie prodotte dallo Z. e in quanto riferito dai testi D.C.A. e A. G..

2. L’imputato ricorre deducendo violazione di legge e mancanza di motivazione in ordine:

2.1. all’omessa valutazione della versione difensiva, esposta nelle memorie depositate e sorretta dagli elementi ivi indicati per la quale l’autovettura dello Z. urtava quella del M., danneggiandola, e di seguito lo Z. colpiva con calci il M., aggressione alla quale quest’ultimo si limitava a reagire;

2.2. alla valutazione come elementi di prova di fotografie e certificazioni mediche prodotte dallo Z., inutilizzabili in quanto formate in sede estranea a quella dibattimentale e, quanto alle fotografie, prive di data certa;

2.3. alla mancanza di lesioni apprezzabili e compatibili con la dinamica aggressiva descritta dalla parte lesa, lamentando l’omessa disposizione di una perizia sul punto.

4. Il ricorrente sollecita infine declaratoria di estinzione del reato per prescrizione ai sensi dell’art. 157 cod. pen., comma 5.

Motivi della decisione

1. Il motivo di ricorso relativo all’omessa valutazione della versione difensiva è infondato.

La sentenza impugnata non ignorava invero la prospettazione dei fatti contenuta nelle memorie presentate dalla difesa, ma valutava esplicitamente come corretta la decisione dei giudici di primo grado laddove la stessa disattendeva tale versione a fronte delle dichiarazioni della persona offesa, della conferma della stessa nella deposizione del teste D.C.A., il quale assisteva direttamente all’episodio, e del riscontro offerto dai certificati medici, dalle fotografie acquisite e dalle dichiarazioni del teste A. in merito alle lesioni riscontrate sulla persona dello Z.. Ed a questa argomentazione, esente da vizi di manifesta illogicità, il ricorrente contrappone unicamente una diversa valutazione tendente in termini di maggiore attendibilità degli elementi a difesa.

2. Infondato è altresì il motivo di ricorso relativo all’eccepita inutilizzabilità delle fotografie e delle certificazioni mediche prodotte dallo Z.. Sia le fotografie (Sez. 3, n. 11116 del 15.6.1999, imp. Finocchiaro, Rv.214457) che i certificati (Sez. 5, n. 11933 del 12.11.1997, imp. Domenici, Rv. 209648) hanno infatti natura documentale, e possono pertanto essere acquisite e valutate nel processo; nè la datazione certa costituisce presupposto di validità delle documentazioni fotografiche, attenendo tale aspetto al diverso profilo della valutazione dell’efficacia probatoria dei documenti unitamente agli altri elementi acquisiti, che si è visto essere stata coerentemente effettuata dai giudici di merito.

3. Il motivo di ricorso relativo alla sussistenza delle lesioni ed alla loro compatibilità con la condotta contestata è anch’esso infondato. Le certificazioni mediche prodotte dalla parte offesa e lo stesso referto rilasciato dal pronto soccorso, come puntualmente evidenziato nella sentenza di primo grado, facevano infatti riferimento non solo alla contusione al rachide cervicale che peraltro, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, integra un’alterazione anatomica e funzionale apprezzabile (Sez. 5, n. 22781 del 26.4.2010%, imp. I., Rv.247518); ma anche ad escoriazioni multiple al collo della parte offesa, correttamente valutate dai giudici di merito come compatibili con la dinamica aggressiva descritta da quest’ultima e riportata nell’imputazione.

4. Infondata è infine la richiesta del ricorrente in ordine alla ritenuta estinzione del reato per prescrizione. L’art. 157 cod. pen.,, comma 5, nel prevedere il termine prescrizionale di anni tre per i reati sanzionati con pene diverse da quelle detentive e pecuniale, non si riferisce invero con quest’ultimo accenno alle sanzioni paradetentive contemplate per i processi che si svolgono dinanzi al giudice di pace, poste dalla norma come applicabili in via non esclusiva ma alternativa alla pena pecuniaria e per altro verso equiparate a tutti gli effetti alle pene detentive dal D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 58, ma ad altre sanzioni attualmente non previste dall’ordinamento penale (Sez. 5, n. 8268 dell’11.1.2008, imp. Bignozzi, Rv. 239469; Sez. 4, n. 13966 del 22.2.2008, imp. Antichi, Rv. 239601). Il reato contestato è dunque soggetto all’ordinario termine prescrizionale pari, per effetto degli atti interruttivi, ad anni sette e mesi sei, e pertanto decorrente nella specie all’1.12.2012.

Il ricorso deve in conclusione essere rigettato, seguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla rifusione delle spese in favore della parte civile, che avuto riguardo all’impegno processuale si liquidano in Euro 1.300 oltre accessori come per legge.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, liquidate in complessivi Euro 1.300 per onorari, oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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