Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 13-07-2011) 24-10-2011, n. 38347 Aggravanti comuni difesa minorata

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con la sentenza impugnata, in parziale riforma della sentenza del Giudice per l’udienza preliminare presso il Tribunale di Messina in data 17.12.2009, C.S. veniva condannato alla pena di anni tre e mesi sei di reclusione ed Euro 800 di multa, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile, per il reato continuato di cui agli artt. 624 e 625 cod. pen., e L. n. 1423 del 1956, art. 9, commesso recandosi il (OMISSIS), in violazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza applicatagli con obbligo di soggiorno nel Comune di Messina, e qui impossessandosi, in concorso con altro soggetto non identificato, di una borsa contenente la somma di Euro 1.600, documenti e chiavi di abitazione, che sottraeva a G.L. con mezzo fraudolento consistito nel convincere quest’ultima a prelevare il denaro da un libretto postale con il pretesto di volerle consegnare una cospicua somma a titolo di donazione e di esservi a questo fine necessità di formalizzare l’atto con le relative spese notarili.

2. L’imputato ricorre deducendo:

2.1. violazione di legge ed illogicità della motivazione sulla ravvisabilità nei fatti del reato di furto piuttosto che del reato di truffa, lamentando l’apoditticità dell’affermazione della Corte territoriale per la quale gli artifici e i raggiri posti in essere dall’imputato erano finalizzati alla sottrazione della somma prelevata dalla G. e non ad indurre la vittima ad un atto di disposizione patrimoniale;

2.2. violazione di legge, illogicità della motivazione e travisamento del fatto in ordine alla sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 61 cod. pen., n. 5, ravvisata dai giudici di merito nel dato neutro dell’età di settantunenne della persona offesa e in una condizione della stessa di deficitario apprezzamento critico della realtà, apoditticamente desunta dalle modalità del fatto;

2.3. violazione di legge e mancanza di motivazione sul diniego delle attenuanti generiche e la determinazione della pena con applicazione dell’aumento per la recidiva nonostante la piena confessione ed il risarcimento del danno successivamente alla sentenza di primo grado.

CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il motivo di ricorso relativo alla ravvisabilità nei fatti del diverso reato di truffa è infondato.

Premesso che il ricorrente si limita a lamentare genericamente l’erroneità dell’argomentazione della sentenza impugnata sul punto, quest’ultima veniva sviluppata del tutto correttamente nell’osservare che le operazioni fraudolente poste in essere dall’imputato e dall’ignoto complice dello stesso erano funzionali ad indurre la vittima non a compiere un atto di disposizione patrimoniale a loro diretto beneficio, ma ad acquisire la materiale disponibilità della somma successivamente sottratta con gli altri oggetti contenuti nella borsa della G..

Il connotato distintivo del reato di furto aggravato dall’uso del mezzo fraudolento rispetto a quello di truffa è rappresentato dallo spossessamelo invito domino, assente nella condotta di truffa laddove tale spossessa mento viene ottenuto con il pur viziato consenso della vittima (Sez. 2, n. 3710 del 21.1.2009, imp. Busato, Rv.242678), esternato per l’appunto in quell’atto di disposizione patrimoniale che della truffa costituisce elemento costitutivo essenziale pur se inespresso nella testuale formulazione della fattispecie incriminatrice (Sez. U, n. 1 del 16.12.1998, imp. Cellammare, Rv.

212080).

Orbene, in un caso come quello in esame nessun atto dispositivo e, conseguentemente, nessun consenso della vittima è ravvisabile nell’impossessamento del bene da parte del soggetto agente. Detto impossessamento viene infatti realizzato sottraendo materialmente il bene alla disponibilità del soggetto passivo, contro la volontà dello stesso; mentre la precedente condotta fraudolenta, finalizzata a porre la vittima in possesso di una rilevante somma di denaro normalmente non detenuta, non integra artifici o raggiri diretti al trasferimento di detta somma in favore dell’agente, ma il mezzo fraudolento che supera le cautele della vittima nel mantenere il denaro in un sicuro luogo di custodia, rendendolo invece accessibile ad una comune operazione furtiva (Sez. 5, n.6876 del 6.4.1999, imp. Montaruli, Rv.213601).

2. Il motivo di ricorso relativo alla sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 61 cod. pen., n. 5, è anch’esso infondato.

Se è vero che all’epoca del fatto l’età della persona offesa non poteva essere considerata elemento di per sè solo sufficiente ad integrare l’aggravante in esame, ove non accompagnata da manifestazioni di decadimento intellettivo o da condizioni di ridotto livello culturale tali da determinare un diminuito apprezzamento critico della realtà (Sez. 2, n. 39023 del 17.9.2008, imp. Cena, Rv.241454; maggiore pur se non esclusiva rilevanza è ora attribuita a questo aspetto a seguito delle modifiche introdotte dalla L. n. 94 del 2000, Sez. 2, n. 35997 del 23.9.2010, imp. Licciardello, Rv.

248163), è vero altresì che proprio in questa direzione la sentenza impugnata motivava puntualmente nell’evidenziare come l’ingenuità e la scarsa lucidità manifestate dalla vittima nel credere senza riserve all’incredibile racconto dell’imputato dimostrassero per l’appunto uno scarso livello culturale, che aveva agevolato la commissione del reato. Nè l’intrinseca concludenza di tale argomentazione è inficiata dal riferimento del ricorrente alla dettagliata ricostruzione dei fatti offerta dalla G., implicitamente e non illogicamente valutata dai giudici di merito come non incompatibile con un deficitario approccio critico alla realtà. 3. Infondato è infine il motivo di ricorso relativo al diniego delle attenuanti generiche ed alla determinazione della pena, coerentemente motivato dalla Corte territoriale attribuendo rilevanza preponderante, rispetto agli elementi indicati dalla difesa, ai numerosi precedenti penali dell’imputato, alla commissione del reato in costanza di sottoposizione a misura di prevenzione e all’odiosità della condotta.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato, seguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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