Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 12-07-2011) 24-10-2011, n. 38222

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 19.11.2010 la Corte di appello di Lecce confermava la sentenza del Tribunale di Brindisi – sezione distaccata di Ostuni – in data 18.3.2010 con la quale l’appellante F. F. era stato condannato alla pena di anni due di reclusione per il delitto di cui all’art. 424 c.p., comma 2 commesso in data (OMISSIS).

Il fatto è stato ricostruito dai giudici di merito nel modo seguente.

L’incendio si era sviluppato durante la notte del (OMISSIS) nella pizzeria "(OMISSIS)" di proprietà di L.S..

Secondo quanto accertato dagli operanti, il fuoco era stato appiccato attraverso una finestra che dava sulla strada, con l’impiego di materiale accelerante come la benzina o il gasolio.

F.F. – persona indigente, dedita all’alcol e in non perfette condizioni psichiche – frequentava il suddetto locale, prelevando in più occasioni merce senza pagare; il (OMISSIS) aveva ordinato delle pizze, ma la sorella del proprietario, L.G., per la prima volta gli aveva chiesto di pagare le pizze che aveva ordinato; il F., visibilmente contrariato, aveva lasciato le pizze sul banco ed era andato via;

l’indomani il F. era tornato ed aveva acquistato della merce, pagandola cinque o sei Euro, ma subito dopo si era lamentato per il costo eccessivo; aveva quindi invitato il proprietario del locale ad uscire fuori e gli aveva detto che la benzina non costava niente, minacciando di bruciare il locale. Quella stessa sera, L. G., dopo aver chiuso il locale verso le ore 1,45, percorsi 200- 300 metri aveva notato il F. e sua moglie che discutevano animatamente nei pressi della loro autovettura.

A giudizio della Corte di appello, le dichiarazioni dei germani L. erano attendibili, perchè non animate da intenti ritorsivi, e del tutto coerenti.

Il complesso degli elementi raccolti – in particolare: la decisione dei germani L. di porre fine all’abitudine del F. di prelevare merce senza mai pagare, la collera manifestata da quest’ultimo e le minacce dallo stesso rivolte la stessa sera in cui poi era stato dato fuoco alla pizzeria – costituivano un grave quadro indiziario dal quale emergeva con certezza la responsabilità dell’imputato.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione personalmente l’imputato, chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi.

Innanzi tutto, non era stata accertata la causa dolosa dell’incendio, avendo i Vigili del Fuoco solo ipotizzato che il fuoco fosse stato appiccato attraverso la finestra della pizzeria, poichè era stata divelta una rete antitopo posta a protezione della stessa finestra e l’impianto elettrico del locale risultava integro.

Le parti lese avevano riferito in modo confuso sulle frasi minacciose che avrebbe profferito l’imputato, attribuendogli anche espressioni senza senso, come quella di mettere insieme acqua e benzina per bruciare la pizzeria.

Vi erano contraddizioni nelle dichiarazioni rese da L. S. e dalla sorella G. sull’orario di chiusura della pizzeria e su chi vi avrebbe provveduto.

Era stato dato un significato accusatorio alla presenza dell’imputato, tra l’altro in compagnia della moglie e della figlia, nei pressi del locale all’una e quarantacinque di quella notte, senza considerare che l’incendio si era sviluppato solo oltre due ore dopo.

La stessa sentenza aveva ritenuto che le dichiarazioni di S. e L.G. non assurgessero a dignità di prove, avendo ritenuto che a carico dell’imputato si fosse formato solo un compendio indiziario.

Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato, in quanto si basa su motivi di fatto che non possono essere apprezzati in questa sede di legittimità.

Il ricorrente contesta che sia stata accertata in modo incontrovertibile la causa dell’incendio e che la responsabilità dell’imputato possa discendere da dichiarazioni incerte e contraddittorie rese in dibattimento dai testimoni.

I giudici di merito hanno logicamente ritenuto che sia stato possibile stabilire l’origine dolosa dell’incendio attraverso gli accertamenti compiuti dai Vigili del Fuoco, e il ricorrente non è stato in grado neppure di ipotizzare, sulla base delle risultanze, una diversa causa dell’incendio.

Le testimonianze dei germani L. non costituiscono la prova diretta della responsabilità dell’imputato in ordine al delitto ascrittogli, poichè i predetti non hanno visto l’imputato appiccare il fuoco, ma dalle loro dichiarazioni i giudici di merito hanno tratto una serie di indizi gravi, precisi e concordanti dai quali, a norma dell’art. 192 c.p.p., comma 2, può essere desunta l’esistenza del fatto in contestazione.

E non vi è dubbio che dal quadro indiziario descritto nella sentenza impugnata – costituito in particolare dalle minacce profferite dall’imputato, dal risentimento dello stesso nei confronti dei proprietari del negozio e dalla strettissima connessione temporale tra le minacce e l’incendio – è stata tratta logicamente la prova della responsabilità del prevenuto.

Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di prova circa l’assenza di colpa nella proposizione dell’impugnazione (Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 2000), al versamento della somma alla Cassa delle Ammende indicata nel dispositivo, ritenuta congrua da questa Corte.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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