Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 12-07-2011) 24-10-2011, n. 38221

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Nel pomeriggio del 10 ottobre 2009 agenti della Polizia di Stato fermavano per un controllo nei pressi del casello autostradale di Messina Tremestieri un autocarro targato (OMISSIS) con due persone a bordo: R.A. alla guida e Ri.Ga. passeggero. Nel corso della perquisizione del veicolo veniva rinvenuto – in un vano alle spalle del sedile lato passeggero – un marsupio contenente una pistola a tamburo calibro 38 caricata con sei cartucce, priva di matricola, e n. 45 cartucce calibro 38 special.

I predetti venivano giudicati in stato di detenzione, con il rito abbreviato, dal GUP del Tribunale di Messina in ordine ai seguenti delitti – L. n. 497 del 1974, artt. 10, 12 e 14 – L. n. 110 del 1975, art. 23, commi 3 e 4 – art. 648 c.p.. e con sentenza in data 26.1.2010 Ri. (al quale era stata contestata la recidiva plurireiterata e infraquinquennale) veniva condannato alla pena di anni 4 di reclusione ed Euro 500,00 di multa;

R. alla pena di anni 3, mesi 8 di reclusione ed Euro 400,00 di multa.

La Corte di appello di Messina, giudicando sull’impugnazione proposta da R.A., con sentenza in data 13.10.2010 concedeva al predetto imputato le attenuanti generiche e riduceva la pena ad anni 2, mesi 6 di reclusione ed Euro 600,00 di multa. La Corte territoriale ha condiviso la motivazione del giudice di primo grado, il quale aveva ritenuto che ben difficilmente qualcuno avrebbe potuto lasciare la pistola incustodita all’interno del veicolo, affidandolo ad una terza persona ignara della circostanza. Inoltre, aveva considerato ai fini della responsabilità degli imputati una conversazione udita dagli operanti appena scoperta l’arma, durante la quale Ri. aveva detto a R.: "adesso che facciamo? Me l’accollo io o tu? Vabbè va, me l’accollo io".

Secondo la Corte di appello il contenuto dell’annotazione di servizio, nel quale era riportata la suddetta conversazione, era pienamente utilizzabile, sia per la natura del rito prescelto sia perchè non si trattava di una dichiarazione resa ai verbalizzanti ma di una conversazione accidentalmente percepita dagli stessi in un contesto extraprocedimentale. Non appariva credibile l’inconsapevolezza dell’imputato della presenza dell’arma anche alla luce del fatto che lo stesso era apparso agli agenti particolarmente nervoso nel momento in cui gli stessi avevano deciso di effettuare un controllo del veicolo.

Avverso la sentenza della Corte di appello ha proposto ricorso per cassazione il difensore di R.A., chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi.

Con un primo motivo ha contestato che dagli elementi di prova indicati nella sentenza impugnata si potesse desumere che il ricorrente fosse consapevole dell’esistenza di un’arma a bordo del veicolo da lui condotto e di proprietà del coimputato Ri.

G., alle dipendenze del quale il R. svolgeva l’attività di trasportatore per conto terzi.

Da tale situazione si doveva invece desumere che l’imputato non aveva la disponibilità dell’autocarro, che prelevava ogni volta dal deposito del Ri. dove lo riportava al termine del lavoro.

Con un secondo motivo ha denunciato carenza di motivazione della sentenza sulla consapevolezza dell’imputato di detenere un’arma con matricola abrasa.

Con un terzo motivo ha eccepito l’inutilizzabilità, ex art. 62 c.p.p., di quanto gli imputati si sarebbero detti tra loro nel momento in cui era stata scoperta l’arma, in quanto gli agenti non erano accidentalmente presenti ma stavano accertando il fatto; e comunque dal tenore della conversazione si sarebbe dovuto dedurre piuttosto che l’arma era di proprietà del Ri. e non del ricorrente.

Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.

Con riguardo all’eccezione di inutilizzabilità sollevata dal ricorrente, si deve osservare che, secondo la ricostruzione del fatto operata dai giudici di merito, nel caso in esame non vi sono state dichiarazioni spontanee degli imputati rese agli operanti, ma vi è stata una conversazione tra gli stessi imputati, accidentalmente percepita dagli operanti durante il loro intervento e riportata nella relazione di servizio.

Il contenuto di detta relazione è utilizzabile nel giudizio abbreviato, come tutti gli atti confluiti nel fascicolo del Pubblico Ministero, ivi comprese, peraltro, anche le dichiarazioni spontanee rese dall’indagato alla Polizia Giudiziaria in assenza del difensore, purchè ricevute sul luogo o nell’immediatezza del fatto (V. sez. 4 sent. n. 10364 del 19.11.1996, Rv. 207147 e sez. 2 sent. n. 37374 del 19.9.2003, Rv. 227037).

Il contenuto del dialogo percepito dagli agenti, unitamente al ritrovamento dell’arma nell’abitacolo del suddetto autocarro, rende del tutto logica la decisione impugnata, secondo la quale anche l’imputato, che era alla guida dell’autocarro, era a conoscenza ed aveva la disponibilità dell’arma e dei proiettili in sequestro.

E’ immune da vizi logici anche l’implicita affermazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo la quale l’imputato, avendo la disponibilità di un’arma clandestina, fosse necessariamente consapevole che la stessa fosse priva di matricola in quanto proveniente dal mercato clandestino delle armi.

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di prova circa l’assenza di colpa nella proposizione dell’impugnazione (Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 2000), al versamento della somma alla Cassa delle Ammende indicata nel dispositivo, ritenuta congrua da questa Corte.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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