Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 12-07-2011) 24-10-2011, n. 38220

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 25/6/2010 la Corte di Assise di Appello di Perugia, in parziale riforma della sentenza 19/10/2009 della Corte di Assise di Perugia, ha ridotto ad anni tre e mesi sei di reclusione la pena inflitta a E.J.M. ed ha, di contro, confermato le pene irrogate ai coimputati K.E.M. (anni sei di reclusione) e S.D. (anni tre e mesi sei di reclusione), tutti riconosciuti responsabili del reato di cui all’art. 270 quinquies c.p. per avere ricevuto – ed il K. anche fornito – a fini di terrorismo addestramento ed istruzioni nelle condotte contemplate nella norma e precisate nell’imputazione, nonchè il K. dell’ulteriore reato continuato previsto dal D.L. 15 dicembre 1979, n. 625, art. 1 e art. 648 c.p. per avere acquistato o ricevuto, al fine di commettere il reato di cui al citato art. 270 quinquies c.p. e con finalità di terrorismo, documenti (passaporto, carta di identità e patenti di guida) ed un fusto contenente varie sostanze chimiche, tutti di provenienza delittuosa.

La Corte di merito, dopo avere sintetizzato le vicende processuali, le argomentazioni svolte nella sentenza di primo grado e le censure avverso la stessa formulate dagli imputati, ha in primo luogo richiamato la normativa – anche internazionale – in materia di terrorismo ed ha quindi sottolineato: che con l’introduzione dell’art. 270 quinquies c.p. il legislatore ha inteso "anticipare" la soglia di punibilità – peraltro in linea con le risoluzioni n. 1373/2001 e n. 13/6/2002 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, nonchè con la risoluzione 16/5/2005 del Consiglio di Europa siglata a Varsavia – sottoponendo a sanzione penale le condotte di addestramento e supporto a fini terroristici; che il reato in questione presenta natura sussidiaria rispetto a quello previsto dall’art. 270 bis c.p.; che l’attività di addestramento e di fornitura di istruzioni coincidono; che per l’integrazione del reato in questione non è richiesto che l’addestramento si concreti in una attività anche pratica o manuale o di verifica di quanto appreso ovvero che sia posto in essere in contesti strutturati o "scolastici"; che il dolo richiesto per integrare l’elemento soggettivo del reato va individuato in quello generico.

La Corte, tutto ciò premesso, ha poi proceduto all’esame dei singoli gravami, rilevando in primo luogo l’infondatezza delle censure in punto di ammissione dei testimoni e di omessa rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale.

In relazione alla posizione dell’imputato K. la Corte ha sottolineato, quanto al materiale chimico in possesso di tale imputato, che trattavasi – così come poteva evincersi dalle consulenze e dalle precisazioni dibattimentali offerte dai consulenti – di materiale che, seppure non avente caratteristiche di esplosivo in sè, poteva essere comunque utilizzato per la messa a punto di esplosivi, previa manipolazione attuabile anche da persone non in possesso di particolare specializzazione al riguardo, senza avvalersi di particolari attrezzature chimiche, mediante uso di sostanze facilmente reperibili sul mercato; che siffatte circostanze mantenevano la loro valenza senza essere in alcun modo inficiate dalle osservazioni di alcuni testimoni circa il possibile uso lecito dei prodotti sequestrati e la poca attitudine degli stessi, stante il modesto quantitativo e lo stato di conservazione, a dare forma a fenomeni esplodenti. Quanto agli accessi telematici la Corte ha rilevato: che il K. risultava essersi collegato a siti "vicini" alla lotta jidahista, con un sistema particolare e sofisticato (TOR), non praticabile dalla generalità degli utenti e tale da permettere di consultare Internet in forma anonima attraverso la criptazione dei dati; che presentavano rilievo in senso accusatorio la accertata visione e scarico da parte dell’imputato di files audio e video relativi a tecniche di guerriglia, alla produzione artigianale di ordigni esplosivi, ad istruzioni per effettuare attentati in luoghi affollati, a metodiche per uccidere, alla preparazione di veleni, età. La Corte ha richiamato inoltre alcune intercettazioni ambientali dalle quali emergevano: l’interesse del K. per la lotta jidahista e per l’apprendimento di nozioni circa natura e funzioni delle leve di comando presenti negli aerei, l’attività di illustrazione ad altri delle modalità di azioni terroristiche e di rivendicazione di attentati, la divulgazione degli esiti delle azioni di Al Quaida, la partecipazione e adesione ad attività e programmi di interesse per la lotta jidahista. Ha in conclusione rilevato che da quanto accertato e sequestrato emergeva che il K. curava e privilegiava l’acquisizione di quei siti il cui contenuto si rivelava idoneo all’addestramento a fini di terrorismo; che il possesso dei documenti di identità sequestrati era funzionale al suo ruolo di addestratore ed alla possibilità di avvalersene, del tutto inconsistenti essendo le giustificazioni offerte al riguardo.

Infine, quanto al trattamento sanzionatorio, la Corte ha ritenuto che l’imputato non fosse meritevole delle attenuanti generiche e che la pena irrogata fosse adeguata, tenuto conto della sua negativa personalità, della gravità dei fatti e della loro sistematicità.

In relazione alla posizione dell’imputato E.J.M. la Corte ha rilevato: che costui partecipava all’attività didattica che si svolgeva presso il K. nonchè, tramite costui, attraverso il computer; che tale imputato si era rivolto al K. manifestando il suo intendimento a divenire un mujaddin ed il suo interessamento per la causa islamica; che, contrariamente a quanto ipotizzato dall’imputato, non potevano nutrirsi dubbi in ordine alla corrispondenza tra il materiale informatico al quale aveva fatto riferimento la P.G., quello effettivamente visionato e scaricato dagli imputati e quello oggetto di perizia; che non rilevava la non emersa attuazione di quanto insegnato e appreso; che, anche in relazione a tale imputato, andavano richiamate le considerazioni in ordine al materiale sequestrato ed in ordine al metodo di collegamento Internet; che le ragioni addotte a spiegazione della presenza di tale imputato e di S.D. nella moschea non giustificavano la loro presenza alla consultazione dei siti e la "partecipazione" attiva alle conversazioni che talvolta accompagnavano tali consultazioni.

In relazione alla posizione dell’imputato S.D. la Corte ha rilevato l’infondatezza dell’assunto difensivo in ordine alla distinzione tra "addestrato" e "informato" ed ha sottolineato la partecipazione attiva di tale imputato alla visione dei siti consultati dal K. ed ai commenti che ne conseguivano.

Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso i difensori di tutti gli imputati.

Il difensore dell’imputato K. ha dedotto violazione di legge e vizio di motivazione sotto plurimi profili in relazione alla non ammissione dei testi a prova diretta di cui alla lista testi depositata l’11/9/2008 erroneamente ritenuta tardiva. Con il secondo motivo il difensore ha dedotto vizio di motivazione in relazione alla natura, consistenza ed idoneità offensiva del materiale sequestrato, indebitamente ritenuto idoneo al confezionamento di esplosivi, nonchè in relazione alla sottolineata utilizzazione del sistema criptato TOR, al proposito rilevando come l’avvenuta decriptazione telematica fosse in contraddizione con l’argomentare della Corte di merito. Con il terzo motivo il ricorrente ha dedotto violazione di legge con riguardo alla ritenuta punibilità dell’informato alla pari dell’addestrato e con riguardo alla natura del dolo richiesto dalla norma, ritenuto essere dalla Corte di merito "generico" e non già "specifico".

Il difensore dell’imputato E.J.M. ha dedotto errata applicazione di legge, illogicità della motivazione, travisamento dei fatti, assenza di motivazione. In particolare – secondo il ricorrente – la Corte avrebbe mancato di distinguere tra la mera non illecita informazione e l’attività di addestramento, per la cui integrazione sono richiesti un addestratore che insegna e addestrati disponibili all’apprendimento, nella specie ricavando la figura dell’addestratore dal mero fatto che uno solo dei tre (il K.) era in grado di acquisire le informazioni dalla rete; quanto al materiale sequestrato esso non conteneva – come asserito – informazioni di rilievo a fini accusatori, nè avevano siffatta rilevanza gli altri elementi indicati a sostegno del "rapporto di addestramento" (le finalità anti-americane ed il ripetuto accesso a siti jihadisti, la pretesa eloquenza delle sostanze chimiche reperiate, età). Quanto al coinvolgimento come "addestrato" dell’imputato E.J. la Corte aveva enfatizzato la sua disponibilità all’ascolto desumendola dalla sua presenza quotidiana in moschea, presenza in realtà giustificata dalla esigenza di ricovero serale del lavoratore che era irregolare in Italia, altresì male interpretando le conversazioni captate.

Il difensore dell’imputato S.D. ha dedotto errata interpretazione di legge e violazione del principio di stretta legalità, avendo la Corte esteso anche all’informato la punibilità riservata al solo addestrato; inoltre si era erroneamente ritenuto che il delitto de quo fosse caratterizzato da dolo generico mentre si era in cospetto di un doppio dolo specifico progressivo, nella specie del tutto carente con riguardo allo S..

Motivi della decisione

I ricorsi non meritano condivisione alcuna e vanno quindi rigettati.

L’eccezione di nullità per indebita esclusione della lista testimoniale difensiva – di cui al primo motivo di ricorso avanzato dall’imputato E.M.K. – è genericamente prospettata, senza allegazione o richiamo di elementi e circostanze utili a contrastare le argomentazioni sul punto sviluppate nella sentenza impugnata; il motivo de quo, pertanto, essendo privo di autosufficienza e non apparendo altresì pertinente rispetto al decisum della Corte, deve essere dichiarato inammissibile.

I rilievi formulati, con il secondo motivo, dall’imputato K. in relazione al materiale chimico sequestrato nonchè in relazione alle intercettazioni telematiche sono parimenti inammissibili, essi risolvendosi in censure di mero fatto e nella prospettazione delle proprie diverse valutazioni sulle circostanze e gli elementi emersi.

Quanto al materiale chimico sequestrato, invero, a fronte di una articolata motivazione, priva di illogicità e contraddittorietà, in proposito svolta dalla Corte di Assise di Appello (che, pur rilevata la natura in sè non esplosiva dei materiali sequestrati, ha sottolineato la possibile utilizzazione degli stessi per la sintesi e messa a punto di esplosivi da parte anche di soggetti non in possesso di conoscenze specializzate al riguardo, senza il ricorso ad attrezzature particolari), il ricorrente si è limitato a rilevare la "insufficienza" del materiale, senza peraltro confutare quella possibile sua utilizzazione per la sintesi e la messa a punto di esplosivi sottolineata nella sentenza impugnata, senza nulla osservare in ordine alla argomentata facilità di manipolazione – senza necessità di particolari attrezzature – delle sostanze rinvenute in possesso dell’imputato anche da parte di soggetti privi di qualsivoglia specializzazione al riguardo, senza dedurre alcunchè a contrasto di quelle ulteriori argomentazioni svolte dalla Corte di merito a sostegno della significatività del materiale chimico in questione (in particolare: la facile reperibilità sul mercato di alcune sostanze complementari; la presenza, fra quelle sequestrate, di sostanze ad alta tossicità e addirittura mortali pur se somministrate a dosi basse). Se oltre a ciò si considera che, diversamente da quanto sostenuto in ricorso, la Corte di Assise di Appello ha preso in esame anche le osservazioni di parte difensiva (laddove ha richiamato i pareri espressi da Z. e F. circa la possibile utilizzazione di alcuni dei prodotti rinvenuti in campo alimentare e agricolo e circa l’insufficienza delle sostanze, nelle quantità possedute, a dare forma a fenomeni esplosivi) e ne ha congruamente vagliato la loro incapacità ad inficiare quanto riferito dai consulenti B. e Ba., deve escludersi sia che la sentenza impugnata sia incorsa in carenze motivazionali, sia che essa presenti manifeste illogicità o contraddittorietà, avendo la Corte di merito altresì sottolineato come tutti gli esperti avessero comunque concordato sulla natura delle sostanze e sul loro efficace impiego nella costruzione di esplosivi.

Analogamente deve concludersi per quanto concerne i rilievi in punto di intercettazioni telematiche. La sostenuta contraddittorietà in cui – a dire del ricorrente – sarebbero incorsi i Giudici del merito, allorquando hanno sottolineato che il ricorso al sistema TOR aveva consentito all’imputato di consultare Internet in forma anonima attraverso la criptazione dei dati, impediente la decodificazione nonchè l’individuazione dei siti visitati, senza nel contempo tenere presente che in realtà le intercettazioni telematiche erano avvenute, non è ravvisabile. Ed invero la possibilità per gli esperti di procedere a decodificazione non vale certo ad eliminare la significatività di una condotta volta ad occultare o comunque a rendere non immediatamente percepibile l’attività di consultazione, visitazione ed utilizzazione di dati telematici del tipo di quelli in questione.

Nè valgono a contrastare la tenuta della motivazione sui punti in questione i rilievi del coimputato E.J.M. (pervero diretti soprattutto a contestare la sussistenza degli elementi integrativi del reato previsto dall’art. 270 quinquies c.p., motivo comune ed in via principale avanzato da tutti gli imputati, che sarà oggetto di successiva disamina). Ed infatti i rilievi non strettamente personali, di cui alle pagg. 15 e segg. del ricorso avanzato nell’interesse di costui – nelle parti in cui si affrontano le questioni della natura e contenuto del materiale rinvenuto nonchè dell’attività di intercettazione e telematica, si risolvono anch’essi in censure non proponibili in questa sede di legittimità.

Da un lato – come più sopra si è affermato – la Corte di merito ha compiutamente argomentato, senza incorrere in alcun vizio motivazionale, sulla significatività in senso accusatorio del materiale sequestrato; dall’altro lato, poi, ha affrontato in maniera ineccepibile la questione della corrispondenza del materiale informatico riversato nei C.D. esaminati dal perito con il materiale visionato dagli imputati e da essi in parte "scaricato" (all’uopo sottolineando il sistema utilizzato dalla P.G. per la raccolta e la decodificazione di quanto visionato e scaricato dal soggetto posto sotto controllo); da altro lato, ancora, la Corte ha dato contezza del contenuto del materiale visionato e di quello sequestrato (specificatamente indicando che trattavasi di manuali di addestramento militare e di costruzione artigianale di ordigni esplosivi, di programmi di Al Quaida, di istruzioni per trasmettere messaggi nascosti all’interno di files di copertura, di messaggi e conferenze di soggetti appartenenti all’area del "terrorismo islamico") da esso traendo, con motivazione non illogica, elementi a supporto dell’impianto accusatorio. I rilievi di E.J.M. relativi alla qualità e quantità delle sostanze repertate, alla conduzione di esse al mero "spirito di conservazione di un extracomunitario che gestisce una ditta di artigianato", alla più o meno facilità di accesso ai siti Internet visitati, al contenuto del materiale informatico visionato e "scaricato" ovvero periziato, si risolvono dunque nella mera prospettazione delle proprie e diverse valutazioni sugli elementi e le circostanze di causa, senza con ciò riuscire a porre in risalto manifeste illogicità e contraddittorietà dell’iter argomentativo, tanto più che il ricorrente E.J.M. nulla ha osservato, anche al mero fine di contestarne la valenza, in ordine agli altri elementi ai quali la sentenza impugnata ha fatto riferimento per corroborare quanto desunto a carico degli imputati dal materiale rinvenuto e da quello informatico (cfr. alle pagg. 30-32-33 le considerazioni circa le intercettazioni ambientali, alle pagg. 31-34 gli accenni alla redazione di un comunicato di incitamento ed incoraggiamento e di un messaggio di adesione alla Jihad elettronica, alle pagg. 33-36 il riferimento agli effettuati servizi di videoripresa, alla pag. 34 il riferito reperimento di quaderni con annotazioni di interesse). In conclusione deve ribadirsi il giudizio di inammissibilità delle doglianze testè esaminate.

In ordine al motivo comune avanzato da tutti gli imputati, diretto a contestare la sussistenza nella specie degli elementi costitutivi del reato previsto dall’art. 270 quinquies c.p. si osserva quanto segue.

Scarsa attinenza alle questioni oggetto di giudizio presenta la lunga citazione di precedenti giurisprudenziali di cui al ricorso dell’imputato E.J.M., essi riguardando la diversa ipotesi contemplata dall’art. 270 bis c.p. e valendo tali precedenti giurisprudenziali solo a sottolineare: 1) l’esigenza che, pur nella categoria dei delitti di pericolo presunto, o a consumazione anticipata, caratterizzati da una anticipata soglia di punibilità, (quali quelli in questione) è necessario che la condotta incriminata non si limiti ad esprimere una mera adesione ad una astratta ideologia di violenza ma si estrinsechi quanto meno – nel caso del reato associativo ex art. 270 bis c.p. – in comportamenti indicativi di una adesione a programmi specifici di violenza, nella condivisione del programma eversivo e nell’apprestamento degli indispensabili strumenti preliminari per attuarlo, in una qualche attività prodromica e preparatoria delle programmate condotte violente, e – nel caso del reato previsto dall’art. 270 quinquies c.p. – in comportamenti diffusivi dell’ideologia terroristica nonchè in condotte di dazione/ricezione di nozioni volte a consentire la realizzazione di atti di terrorismo, esplicantesi al di fuori dell’ambito associativo; 2) la necessità, sempre ed in via generale, di ancorare la valutazione e la decisione a concrete risultanze e a condotte esattamente individuate, senza stravolgimento dei principi fondamentali del giusto processo.

La previsione della fattispecie criminosa per cui è processo ha certamente consentito di colmare lacune normative rilevate già in sede internazionale e, in adesione alle direttive del legislatore internazionale, di ampliare – perseguendo finalità preventive e non solo reattive – la tutela contro il fenomeno terroristico, criminalizzando condotte di training concretizzantisi nella dazione e ricezione di nozioni in materia di preparazione ed uso di esplosivi, di armi, di sostanze chimiche o batteriologiche nocive o pericolose, di tecniche e metodi per il compimento di atti di violenza, di sabotaggio di servizi pubblici essenziali, con finalità di terrorismo anche internazionale. Quanto ai soggetti, il legislatore ha individuato le categorie complementari di "colui che addestra o comunque fornisce istruzioni" sulle materie sopra indicate e la "persona addestrata", per tutti prevedendo la medesima pena. Da un lato, dunque, la norma, nella previsione della condotta illecita, fa riferimento al concetto di conferimento ed acquisizione di tecniche e metodi imposti da regole prestabilite o suggerite dall’esperienza;

dall’altro lato individua i soggetti agenti distinguendo le figure dell’addestratore, ossia di colui che non si limita a trasferire informazioni ma agisce somministrando specifiche nozioni, in tal guisa "formando" i destinatari e rendendoli idonei ad una funzione determinata o ad un comportamento specifico, quella dell’informatore, ossia di colui che raccoglie e comunica dati utili nell’ambito di una attività e che, quindi, agisce quale veicolo di trasmissione e diffusione di tali dati, quella infine dell’addestrato, ossia di colui che, al di là dell’attitudine soggettiva di esso discente o dell’efficacia soggettiva del docente, si rende pienamente disponibile alla ricezione non episodica di quelle nozioni specifiche alle quali si è sopra fatto riferimento. Resta di contro esclusa dalla previsione punitiva la figura del mero informato, in esso dovendosi individuare colui che rimane mero occasionale percettore di informazioni al di fuori di un rapporto, sia pure informale, di apprendimento e che non agisce a sua volta quale informatore/addestratore. E che la previsione legislativa in punto di individuazione dei soggetti chiamati a rispondere del reato de quo, nei limiti sopra tratteggiati, risponda a criteri di ragionevolezza appare di tutta evidenza solo che si considerino le finalità perseguite dalla disposizione, quelle di reprimere il fenomeno della circolazione ed acquisizione di nozioni e dati connessi a metodi di lotta politica basati sulla violenza, fenomeno dal quale è appunto estranea la posizione del mero informato.

In tal senso va pertanto corretta, sul punto, la motivazione (cfr. pagg.21-22) della sentenza impugnata. Rimane da precisare e sottolineare – così come correttamente argomentato dalla Corte di merito – la irrilevanza dello specifico atteggiarsi del rapporto di addestramento, che ben può concretizzarsi al di fuori di contesti strutturati e senza estrinsecarsi in attività concrete o di verifica e sperimentazione di quanto appreso.

Premesso quanto sopra, deve convenirsi sulla correttezza della affermata riconduzione alla norma in questione delle condotte poste in essere dagli imputati, laddove (al di là delle testè corrette premesse ricostruttive) la sentenza impugnata ha chiaramente e rettamente riportato tali condotte al "rapporto di addestramento".

Quanto all’imputato K. la Corte di merito ha, infatti, posto in evidenza: 1) la sistematica attività di acquisizione di dati in materia di tecniche di combattimento e guerriglia, di costruzione artigianale di esplosivi e veleni, di preparazione di attentati, di funzionamento e comando di aeromobili, di propaganda terroristica, di comunicazione nascosta di messaggi, di accesso criptato ai siti Internet; 2) la altrettanto sistematica attività di divulgazione e spiegazione ad altri (in particolare ai due coimputati) dei dati acquisiti, con costoro commentando ed esaltando le possibilità di impiego delle nozioni acquisite – per esempio loro spiegando l’utilizzo del coltello in combattimento, le modalità e lo sviluppo di una azione terroristica ovvero le modalità di rivendicazione di un attentato – nonchè rendendoli edotti circa l’accesso criptato ai siti Internet; 3) la valenza in senso accusatorio del materiale rinvenuto in suo possesso e di cui sopra si è già argomentato.

Quanto agli imputati E.J.M. e S.D. la Corte di merito ha posto in evidenza: 1) la loro continua partecipazione all’attività didattica espletata dal K. quale sopra precisata;

2) l’esplicitato interesse di costoro all’apprendimento (per E. J. anche in vista di un suo contributo alla causa dei mujaheddin);

3) la presenza e permanenza continua di tali imputati presso la moschea, nel mentre, da parte del K., venivano acquisiti i dati e le nozioni alle quali si è fatto riferimento; 4) la condivisione delle finalità perseguite con l’accesso ai siti Internet visionati su impulso del K..

In relazione a tutti gli imputati, infine, la Corte di Assise di Appello ha affermato la sussistenza dell’elemento psicologico, correttamente individuandolo nel dolo generico, atteso che la "finalità di terrorismo" menzionata nella disposizione de qua vale a connotare gli atti di violenza e di sabotaggio di servizi pubblici, così come è dato desumere dalla lettera della disposizione e dall’argomento sistematico desumibile dal successivo articolo (rubrica e tenore) art. 270 sexies c.p..

Pertanto, poichè sulla base di tutti gli elementi acquisiti la sentenza impugnata ha con corrette argomentazioni ricondotto (ancorandoli a precise emergenze processuali quali deposizioni, accertamenti tecnici, intercettazioni ambientali e telematiche, videoriprese, sequestri di materiale) i comportamenti attuati dagli imputati a quel "fenomeno di circolazione ed acquisizione di nozioni e dati connessi a metodi di lotta politica basati sulla violenza", che con la previsione normativa dell’art. 270 quinquies c.p. il legislatore ha voluto contrastare, deve concludersi per la correttezza della statuizione di condanna e per la totale infondatezza delle censure avanzate con i ricorsi.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 12 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2011

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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