Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 07-07-2011) 24-10-2011, n. 38213

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il gip presso il Tribunale di Perugia, con sentenza del 16/7/09, resa a seguito di rito abbreviato, dichiarava M.C.S. A. colpevole del delitto di cui all’art. 110 c.p., L. n. 75 del 1958, art. 3, n. 8 e art. 4, nn. 1 e 7, per avere sfruttato la prostituzione di Ma.Si. e T.C.M., e la condannava alla pena di anni 2 e mesi 8 di reclusione ed Euro 2.000.00 di multa, con applicazione di pene accessorie, con ordine di espulsione dal territorio dello Stato a pena espiata.

La Corte di Appello di Perugia, chiamata a pronunciarsi sull’appello interposto nell’interesse della prevenuta, con sentenza del 26/3/2010, ha confermato il decisimi di prime cure.

Propone ricorso per cassazione la difesa della M., con il seguente motivo: – i giudici di merito sono pervenuti ad affermare la colpevolezza della prevenuta in ordine al reato ad essa ascritto a seguito di una errata valutazione delle emergenze istruttorie, non rilevando, in particolare, che quanto narrato dalla Ma. e dalla T. si poneva nettamente in contrasto con le prove documentali offerte dalla difesa.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile.

La argomentazione motivazionale, adottata nella impugnata pronuncia, si palesa del tutto logica e corretta.

La difesa delle prevenuta censura la decisione con cui è stata ritenuta la responsabilità della M.C. in quanto ritiene evidente l’errore in cui è incorso il giudice di merito nel valutare la piattaforma probatoria, in particolare, nel non considerare la sussistenza di elementi che, incontestabilmente, documentavano la non attendibilità e credibilità di quanto narrato dalla Ma. e dalla T..

Dal vaglio di legittimità a cui è stata sottoposta la decisione assoggettata a gravame, emerge che il giudice di seconde cure ha ritenuto di ribadire la responsabilità della prevenuta per il concorso nello sfruttamento della prostituzione sia della Ma., che della T.. sottolineando la puntualità e la attendibilità delle dichiarazioni di entrambe queste ultime, che si pongono in vicendevole assonanza, nel confermare la presenza e il ruolo della M.C. nell’appartamento di (OMISSIS), sia pure relativamente al mese di (OMISSIS), i rapporti di costei con la I., la compartecipazione della stessa alla attività di sfruttamento del meretricio, circostanze queste che non possono essere smentite dalle generiche e compiacenti dichiarazioni rese da parenti o da persone, comunque, vicine alla altra coimputata, la predetta I.D.J.. raccolte in sede di indagini difensive e, sin dall’inizio, disattese dal Tribunale del riesame. Quanto alla documentazione prodotta nell’interesse della M.. tendente a scalfire la deposizione delle testi, il decidente rileva, a giusta ragione, come, al di là della dubbia efficacia rappresentativa di taluni dei documenti, detta documentazione non valga, di certo, a provare la presenza continuativa in Spagna della prevenuta e la impossibilità che costei fosse rientrata in Italia già nel febbraio del 2009.

Osservasi, peraltro, che con la censura formulata si tende ad una analisi rivalutativa delle emergenze istruttorie, su cui al giudice di legittimità è precluso di procedere a nuovo esame estimativo, soprattutto, allorchè il discorso giustificativo, sviluppato dallo stesso decidente appaia esaustivamente compiuto.

Sul punto si precisa che il sindacato del giudice di legittimità sulla argomentazione motivazionale del provvedimento impugnato deve mirare a verificare che essa sia effettiva, ovvero realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata; non manifestamente illogica, ovvero sorretta nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nella applicazione delle regole della logica: non internamente contraddittoria, ovvero esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute; non logicamente incompatibile con altri atti del processo, dotati di una autonoma forza esplicativa o dimostrativa, tale che la loro rappresentazione disarticoli l’intero ragionamento svolto dal giudicante e determini, al suo interno, radicali incompatibilità, così da modificare o radicalmente inficiare, sotto il profilo logico, la motivazione (Cass. 15/3/06. n. 10951).

Esaminata in quest’ottica, la motivazione della pronuncia impugnata si sottrae alle censure che sono state mosse, perchè la decisione, con motivazione esente da evidenti incongruenze e da interne contraddizioni, rappresenta le ragioni che hanno determinato il giudice a ravvisare nella condotta posta in essere dalla ricorrente gli elementi concretizzanti il reato alla stessa contestato, mentre con i motivi di impugnazione la difesa della M.C. non ha indicato in maniera specifica vizi di legittimità o motivi di illogicità del discorso giustificativo, sviluppato dal giudice di merito, ma ha mirato solo a prospettare una ricostruzione alternativa dei fatti, indicata come preferibile rispetto a quella di cui in sentenza.

Tenuto conto della sentenza del 13/6/2000. n. 186. della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che la M.C. abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, la stessa, a norma dell’art. 616 c.p.p., deve, altresì, essere condannata al versamento di una soma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000.00.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento, in favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro 1.000.00.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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