Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 07-07-2011) 24-10-2011, n. 38211

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte d’appello di Venezia, con sentenza del 17 maggio del 2010, confermava quella pronunciata dal tribunale di Verona, con cui C.A. era stato condannato alla pena ritenuta di giustizia, oltre al risarcimento del danno nei confronti delle costituite parti civili, quale responsabile, in concorso di circostanze attenuanti generiche, ritenute equivalenti alle aggravanti, dei seguenti reati:

A), del delitto di cui all’art. 61 c.p., n. 11, art. 609 bis c.p., art. 609 ter c.p., comma 2 perchè, nella qualità di maestro di disegno presso la scuola materna "(OMISSIS)", quindi mediante abuso di autorità, al termine della lezione tenuta il (OMISSIS), approfittando della circostanza di essere rimasto da solo nell’aula con l’alunna D.A.M., nata il (OMISSIS), compiva su di lei atti sessuali toccandole con le mani le parti intime, dopo averle abbassato le mutandine, con il pretesto di sistemarle la maglietta nei pantaloni.

Fatto commesso in (OMISSIS).

B.) dei delitti di cui all’art. 527 c.p., art. 609 bis c.p., art. 609 ter c.p., comma 2 perchè, nella qualità di maestro di disegno presso la scuola materna "(OMISSIS)", quindi mediante abuso di autorità, durante la lezione tenutasi il (OMISSIS), dopo avere attirato la minore B.L., nata il (OMISSIS), nel bagno della scuola, quindi in luogo pubblico, la esortava a coprirsi gli occhi "per pensare ad un colore", e si masturbava alla presenza della minore; dopo usciva con la stessa dal bagno e le chiedeva a quale colore avesse pensato; la minore indicava il colore azzurro, indi con il pretesto di farle vedere se all’interno di un armadio vi fosse il colore indicato, compiva su di lei atti sessuali consistiti nel sollevarla infilandole la mano tra le gambe e toccandole le parti intime. Fatto commesso in (OMISSIS).

C.) del delitto di cui all’art. 600 quater c.p., commi 1 e 2 per essersi consapevolmente procurato e detenuto immagini pedopornografiche nonchè per avere prodotto a fini personali, utilizzando minori degli anni diciotto, materiale pornografico: nello specifico fotografando con una macchina fotografica in data imprecisata una minore nell’atto di praticare un rapporto orale.

Fatto accertato in (OMISSIS).

I fatti erano emersi casualmente a seguito di confidenze fatte dai minori ai propri genitori.

In particolare, per quanto concerne l’abuso sessuale di cui al capo A), la mattina del (OMISSIS), la minore D.A.L., che all’epoca frequentava la scuola materna " (OMISSIS), prima di andare a scuola, aveva confidato al padre di non divertirsi più con il maestro C.A..

Invitata dal genitore ad indicare la ragione, aveva affermato:

"perchè mi fa come Gi." alludendo al fatto che durante qualche gioco un bambino dell’asilo le aveva toccato le parti intime.

A seguito di ulteriori domande aveva aggiunto che il maestro le aveva messo le mani nelle parti intime per sistemarle le mutandine.

Recatisi subito a scuola, i genitori della minore riferivano il fatto alla maestra P.G., di fronte alla quale la bambina ribadì quanto già confidato al padre.

Dopo il colloquio con la maestra, i genitori informarono la direzione della scuola e sporsero denuncia presso la Stazione dei CC di Verona.

Per quanto riguarda il secondo episodio di abuso sessuale (capo B), era emerso che il (OMISSIS) G.S., madre di B. L., che all’epoca frequentava la scuola materna " (OMISSIS), era andata nel pomeriggio a prendere la bambina all’uscita dalla scuola.

Dopo essere tornati a casa, la minore le aveva rivolto la domanda:

"mamma, perchè il maestro C. si dondolava il pisello?", ripetendo – a richiesta della madre – quanto aveva appena detto e mimando nel contempo con la mano il gesto della masturbazione.

La bambina raccontò quindi alla madre che, durante l’ora d’arte, il maestro C. spostando un armadietto si era recato nel bagno della prima sezione (quella (OMISSIS)), dove l’aveva chiamata dicendole di coprirsi gli occhi e pensare a un colore: la minore aveva obbedito ma, essendo curiosa, aveva lasciato una fessura tra le dita per poter spiare e così aveva visto l’imputato con la cerniera dei pantaloni abbassata che faceva "dondolare il pisello"; quindi per paura aveva richiuso gli occhi finchè il maestro le aveva detto di riaprirli chiedendole il colore a cui aveva pensato (l’azzurro).

Poi erano usciti dal bagno all’esterno del quale si trovava un armadio grande contenente i colori dove il C. l’aveva sollevata mettendole una mano tra le gambe e invitandola a prendere il colore da lei scelto, rientrando infine nell’aula insieme con la bambina.

La sera stessa la G. riferì l’episodio al marito, il quale il giorno dopo si recò a scuola e raccontò il fatto alla dirigente.

Quindi nel pomeriggio i genitori erano stati convocati dalla direttrice T.A.R. e, alla presenza anche di alcune maestre, avevano ripetuto il racconto della bambina.

Il Be. confermò quanto appreso dalla moglie e precisò di non aver rivolto a sua volta domande alla bambina per evitare di rafforzare il ricordo di quello che le era successo.

A seguito di perquisizione disposta dal PM, eseguita in data 11.4.07 sia presso l’Istituto scolastico (OMISSIS), dove il C. prestava servizio in qualità di assistente di laboratorio, che presso l’abitazione dell’imputato, la PG rinveniva e sequestrava, sulla persona del prevenuto, una chiavetta USB marca My Flash, nonchè, all’interno dell’abitazione, due personal computers.

Dall’esame del materiale informatico sequestrato emerse la presenza di numerose immagini pedopornografiche.

Le minori hanno successivamente ribadito quanto riferito ai genitori davanti al giudice in sede di incidente probatorio.

La minore B., sottoposta ad esame psicologico era stata ritenuta capace di testimoniare. Analoga consulenza non era stata disposta sulla persona dell’altra minore.

I giudici del merito hanno affermato la responsabilità del prevenuto in ordine ai reati prima indicati, sulla base delle testimonianze delle persone offese, delle dichiarazioni de relato rese dalle persone che avevano ricevuto le loro confidenze, nonchè sul rinvenimento di materiale pedopornografico nei computer posseduti dall’imputato.

Ricorre per cassazione l’imputato per mezzo del proprio difensore sulla base di due motivi.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di gravame il ricorrente deduce mancanza ed illogicità della motivazione, sia con riferimento alla ritenuta attendibilità delle minori, sia con riguardo al rigetto di una perizia valutativa della capacità di testimoniare.

Sostiene che le minori sono state sentite dal giudice senza l’assistenza di uno psicologo e senza la preventiva valutazione dell’attitudine a testimoniare.

Solo sulla persona della minore B. è stata disposta, dopo l’interrogatorio, una consulenza psicologica. Inoltre nell’esame delle minore non sono state applicate le regole suggerite dalla scienza e dalla stessa giurisprudenza di questa Corte. Di conseguenza sull’attendibilità delle parti lese non esiste alcuna certezza.

Con il secondo motivo si deduce contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla prova testimoniale delle maestre Z., P. e M. nonchè manifesta illogicità sul risultato raggiunto.

Sostiene che i giudici del merito, pur ritenendo attendibili le testimonianze delle maestre Z. e P., non avevano tuttavia valutato ampi tratti della deposizione delle predette che sgretolavano la veridicità del narrato delle minori.

Costoro, invitate a controllare il C., perchè non era un docente titolato, non avevano notato alcuna anormalità.

Le censure sono infondate.

Con riferimento al primo motivo si osserva anzitutto che sulla persona della minore B. la perizia psicologica sull’attitudine a testimoniare è stata espletata a nulla rilevando che sia stata disposta dopo l’incidente probatorio.

Per quanto concerne l’altra minore, il mancato espletamento della perizia psicologica non rende automaticamente inattendibile la testimonianza, in quanto l’accertamento peritale, pur essendo utile quando si tratta di minori degli anni dieci, non costituisce tuttavia un presupposto indispensabile per la valutazione dell’attendibilità della vittima quando non emergono elementi patologici che possano far dubitare della capacità di testimoniare del minore.

Per quanto concerne la mancata assistenza di uno psicologo all’esame della minore da parte del giudice, si rileva anzitutto che all’esame delle due minori, hanno assistito le rispettive madri per tranquillizzarle.

Va poi ribadito l’orientamento di questa Corte in forza del quale l’esame testimoniale del minore, vittima di abusi sessuali, non richiede obbligatoriamente l’assistenza di un familiare o di un esperto di psicologia infantile, non essendo questa imposta nè dalla legge penale nè da quella processuale, trattandosi di assistenza prevista dall’art. 498 c.p.p., comma 4 come facoltativa (cfr. Cass. sez. 3^ n. 42477 del 2010; Cass. n. 22066 del 2003 rv. 225325; n. 41676 del 2005, rv 232517).

Con riferimento all’eventuale inosservanza della cosiddetta Carta di Noto si osserva che, come già statuito da questa Corte (Cass. Sez. 3^ n. 20568 del 2008), i principi posti, in tema di esame testimoniale dei minorenni parti offese nei reati di natura sessuale, dalla cosiddetta "Carta di Noto", lungi dall’avere valore normativo, si risolvono in meri suggerimenti diretti a garantire l’attendibilità delle dichiarazioni del minore e la protezione psicologica dello stesso, come illustrato nelle premesse della Carta medesima.

Nella fattispecie l’attendibilità del racconto delle due minori emerge in maniera inequivocabile, non solo dalle modalità dello svelamento dei fatti, ma anche dalla circostanza che le due testimonianze delle minori si riscontrano vicendevolmente trattandosi di fatti commessi con identiche modalità da parte dello stesso soggetto in epoche diverse, in due scuole diverse ed in danno di due alunne minori che non si conoscevano tra di loro.

Il secondo motivo è inammissibile perchè sotto l’apparente deduzione di un vizio di legittimità si risolve in censure in fatto sull’apprezzamento delle prove.

Premesso che le motivazioni delle sentenze di primo e secondo grado, essendo conformi, si integrano a vicenda, va ricordato che la Corte di Cassazione, anche a seguito della modifica introdotta con la novella del 2006, nel controllare la logicità della motivazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se tale giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento (cfr. per tutte Cass. sez. 4^, 9.2.2006, Vescio).

Essa deve annullare soltanto quando le regole di esperienza poste dal giudice del merito a fondamento della decisione impugnata risultino universalmente e sicuramente rifiutate o manifestamente inaccettabili o palesemente contraddette da conoscenze tecniche o scientifiche.

Non può quindi annullare la decisione sotto il profilo dell’illogicità per la possibile ed astratta sussistenza di una ricostruzione alternativa della vicenda.

Il travisamento della prova sussiste quando il giudice del merito abbia fondato il proprio convincimento su una prova inesistente ovvero su un risultato probatorio incontestabilmente diverso da quello reale.

Non bisogna confondere il travisamento della prova, che è censurabile in sede di legittimità, con l’erroneo apprezzamento delle risultanze processuali che continua a non essere deducibile.

In proposito si è sottolineato che è censurabile in sede di legittimità solo l’errore revocatorio sul significante, in quanto il rapporto di contraddizione esterno al testo della sentenza impugnata, introdotto con la novella del 2006, non può essere inteso in senso stretto, quale rapporto di negazione sulle premesse, essendo ad esso estraneo ogni discorso confutativo sul significato della prova, considerato che nessun elemento di prova, per quanto significativo, può essere valutato per brani al di fuori del contesto nel quale è inserito (cfr. Cass. sez. 5^, 11 gennaio 2007, Ienco; Cass. sez. 3^, 7 ottobre 2009, rv 245611).

Per quanto concerne la prova dichiarativa si è rilevato che essa per la sua natura è scandita da significati non univoci perchè costituisce il frutto di una rappresentazione soggettiva del dichiarante.

Di conseguenza essa può integrare gli "altri atti del processo" cui può estendersi lo scrutinio di legittimità sulla completezza e logicità della decisione soltanto nel caso limite in cui l’oggetto della deposizione sia del tutto definito o attenga alla proposizione di un dato storico semplice e non opinabile (cfr. Cass. sez. 4^, 12 febbraio del 2008, Trivisonno, rev 239533).

Nella fattispecie i giudici del merito hanno accertato che il racconto delle minori non era stato contraddetto dalle testimonianze indicate dal difensore essendo emersa la concreta possibilità da parte dell’imputato di appartarsi con le alunne, sia pure per pochi minuti, comunque sufficienti a porre in essere le condotte abusanti secondo le modalità descritte dalle persone offese, senza farsi notare dalle colleghe.

P.Q.M.

La Corte, letto l’art. 616 c.p.p. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè alla rifusione di quelle sostenute dalla parte civile che liquida in complessivi Euro 1800,00 oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 7 luglio del 2011.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2011

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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