T.A.R. Lazio Roma Sez. III ter, Sent., 22-11-2011, n. 9167

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Codacons, nella rappresentata qualità di associazione di volontariato con obiettivi di solidarietà sociale, riconosciuta ex legge n. 266/91 ed iscritta altresì nell’elenco di cui all’art. 137 del d.lgs. n. 206/2005, impugna l’indicato provvedimento ministeriale, nonché il silenzio serbato sull’istanza del 3/3/2011, con cui ha chiesto di accedere alla documentazione in epigrafe.

Espone di svolgere abitualmente progetti a livello sociale, elencandone i più significativi degli ultimi anni, tra i quali quello denominato "L’arcobaleno del tempo", per la realizzazione di una therapy farm per l’onoterapia e l’agricoltura sociale a favore di bambini ed anziani affetti da patologie quali l’autismo, la depressione o il morbo di Alzheimer.

Per tale progetto (che ha ottenuto vari patrocini e al quale hanno aderito altre Associazioni) ha presentato il 12/7/2010 una richiesta di contributi, rivolta ad E.C. che ha elargito sostegni economici ad iniziative identiche, tra cui in particolare il finanziamento di un Centro diurno di riabilitazione a Milano.

Alla richiesta E.C. ha risposto in data 12/1/2011, riconoscendo il valore delle finalità promosse ma rappresentando di non procedere all’erogazione del contributo, sulla base dei criteri di selezione consultabili sul suo sito.

Il Codacons ha allora formulato istanza di accesso agli atti il 13/3/2011, al fine di comprendere le effettive motivazioni del diniego e le modalità operative seguite nella valutazione dei progetti finanziabili.

All’istanza il Ministero dello Sviluppo Economico ha dato riscontro in data 4/4/2001, evidenziando di non essere in possesso della documentazione richiesta.

Nel silenzio serbato dalle altre Amministrazioni, il Codacons ha quindi proposto il presente ricorso, rappresentando di essere legittimata, quale Associazione di promozione sociale, a esercitare l’accesso agli atti nei confronti delle amministrazioni pubbliche, tra le quali devono comprendersi anche i soggetti di diritto privato che svolgono attività di pubblico interesse.

Nella specie, si afferma che E.C. Onlus, come risulta dallo Statuto, persegue finalità di solidarietà sociale, che inducono ad annoverare la sua attività tra quelle di pubblico interesse, tenendo anche conto che essa è partecipata e gestisce fondi provenienti da soggetti pubblici.

Ciò posto, contesta il diniego alla richiesta di accesso alla suindicata documentazione, evidenziandone il contrasto con le finalità della legge n. 241/90 (nonché con l’art. 12 della stessa legge, che richiede la predeterminazione di criteri e modalità per la concessione di sovvenzioni e sussidi, al fine di assicurare la trasparenza e il rispetto del principio di uguaglianza), poiché nel caso in esame non risultano palesate le ragioni della mancata scelta del progetto ricorrente, che è analogo all’iniziativa, finanziata da E.C., per il Centro di Milano.

Dopo aver esposto in tali termini le ragioni dell’azione proposta, il Codacons ha dunque concluso per la declaratoria di illegittimità del silenzio diniego e affinché sia ordinata l’esibizione dei documenti richiesti.

Si sono costituite in giudizio per resistere alla pretesa l’Amministrazione statale a mezzo dell’Avvocatura Generale ed E.C. Onlus, eccependo l’inammissibilità ed irricevibilità del ricorso e sostenendone l’infondatezza.

Sia quest’ultima che il ricorrente hanno affidato le proprie ragioni alle memorie difensive depositate per l’udienza in Camera di Consiglio del 6 ottobre 2011 nella quale, al termine della discussione orale, il ricorso è stato assegnato in decisione.

Motivi della decisione

Il Codacons ha chiesto di conoscere i criteri fissati da E.C. Onlus per finanziare programmi di utilità sociale, nonché di accedere ai titoli e ai progetti presentati dai soggetti ammessi al beneficio e, infine, di ricevere copia dei verbali della seduta in cui si è deliberato di non concedergli l’ausilio economico richiesto.

Deduce che gli atti richiesti devono ritenersi ostensibili, posto che E.C. promuove l’incentivazione di iniziative di solidarietà sociale, con un patrimonio costituito da contributi pubblici, ed è inserita nella struttura di E. S.p.A., partecipata in misura rilevante dal Ministero dell’Economia e dalla Cassa Depositi e Prestiti.

Richiamando l’art. 2 dello Statuto, si afferma quindi la rilevanza pubblicistica della sua attività, con conseguente assoggettamento al diritto di accesso, in base all’art. 22 della legge n. 241/90 che, com’è noto, a tal fine comprende nella nozione di pubblica amministrazione "tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario" (primo comma, lettera e).

La difesa di E.C. Onlus si è opposta alla pretesa, eccependo l’inammissibilità del ricorso sotto vari profili (per l’assenza di uno specifico interesse correlato alla legittimazione del Codacons, nonché per l’indiscriminata estensione della richiesta), contestando poi la tesi della soggezione al diritto di accesso degli atti in questione.

Si afferma al proposito che E.C., svolgente un’attività rivolta al sociale, è un soggetto privato con una struttura completamente autonoma da E. S.p.A., non equiparabile al gestore di un pubblico servizio e, quindi, privo del requisito affinché possa ammettersi (sulla scorta della giurisprudenza che viene richiamata) l’esercizio nei suoi confronti del diritto di accesso.

Ciò posto, osserva il Collegio che il succitato art. 22, primo comma, lett. e) della legge 7 agosto 1990, n. 241 annovera tra le pubbliche amministrazioni anche i "soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario", mentre il successivo art. 23 consente l’esercizio del diritto di accesso nei confronti "dei gestori di pubblici servizi".

Al riguardo, l’indirizzo consolidato della giurisprudenza amministrativa si riferisce ai "soggetti privati svolgenti pubbliche funzioni o pubblici servizi" (Cons. Stato – Sez. VI, 9 novembre 2010 n. 7977), nel qual caso la regola dell’accessibilità si estende anche all’attività di diritto privato che sia connessa alla prestazione del servizio da un nesso di strumentalità (da ultimo, Cons. Stato – Sez. IV, 27 gennaio 2011 n. 619).

La nozione di gestione di pubblico servizio identifica la formula organizzativa attraverso la quale un determinato compito di interesse pubblico è demandato a un soggetto privato, che può svolgerlo in base al titolo, solitamente la concessione, che gli attribuisce le relative facoltà.

Anche per l’accesso agli atti del soggetto privato, è utile verificare l’esistenza del titolo in questione, quale sicuro indice della riconducibilità dell’operare di questi ad un servizio di pubblico interesse, con conseguente sottoposizione al diritto nazionale o comunitario, come esige l’art. 22 succitato.

Ciò, del resto, non ha mancato di rilevare la giurisprudenza amministrativa allorquando, in tema, ha inteso riferirsi a "tutti i soggetti, comunque denominati, che gestiscono un servizio pubblico, sulla base di un titolo giuridico, sia esso la legge o un atto anche non avente il "nomen" di concessione" (Tar Calabria – Catanzaro, Sez. II, 23 luglio 2009 n. 814).

Venendo al caso in esame, resta escluso che E.C. Onlus gestisca un servizio pubblico in base a un atto di affidamento comunque denominato, cosicché detta Associazione riveste una natura del tutto privatistica, alla stessa stregua di una qualsiasi entità fisica o giuridica che svolga una benemerita attività di beneficenza e di promozione sociale.

A tale conclusione si perviene in base alla disamina del suo Statuto, avuto principalmente riguardo alla previsione dell’art. 7, secondo la quale il patrimonio può essere costituito anche da contributi liberi di terzi e da fondi privati, oltre che da finanziamenti pubblici.

Per le suesposte considerazioni, va quindi negato che E.C. Onlus sia tenuta all’osservanza delle regole dettate in tema di accesso agli atti, secondo gli artt. 22 e 23 della legge n. 241/90.

Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile, ma tuttavia sussistono valide ragioni, tenuto conto della novità della questione trattata, per compensare interamente tra le parti le spese processuali.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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