Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 01-07-2011) 24-10-2011, n. 38343

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

A.- B.I. ricorre tramite difensore avverso la sentenza della corte di appello di Trieste del 24 marzo 2010, che aveva confermato la condanna pronunciata a suo carico dal Tribunale di Pordenone – Sezione Distaccata di San Vito al Tagliamento – per tre episodi di furto aggravato, secondo l’ipotesi di accusa da lei consumati, in compagnia di altra donna, in tre distinti esercizi commerciali, riuscendo con destrezza ad impossessarsi di denaro contenuto nelle borse delle titolari o del personale addetto.

L’affermazione di responsabilità dell’imputata era stata fondata su quanto era stato possibile rilevare dalla telecamera che aveva ripreso chi aveva utilizzato il bancomat di B.R., consorte della V.S. – una delle parti lese – cui era stato rubato non solo denaro, ma anche la suddetta tessera, nonchè sulla ricognizione fotografica e personale effettuata dalle vittime, peraltro informale.

Deduce la ricorrente la nullità della sentenza per:

1) l’illegittimo rifiuto di una perizia antropometrica, sollecitata anche dal Procuratore Generale, che la corte territoriale aveva ritenuto superflua, fondando il suo convincimento sulle ricognizioni di cui s’è detto;

2) difetto di motivazione in ordine alla validità delle ricognizioni, effettuata e distanza di tre anni dai fatti;

3) Inadeguata valutazione delle risultanze processuali, non avendo tento conto la corte territoriale della circostanza che tutte le parti lese avevano parlato di donne con accento straniero, presumibilmente brasiliane, mentre la ricorrente è veneta a parla con accento Veneto;

4) Comunque le ricognizioni informali non potevano giustificare l’affermazione di responsabilità.

B.- Il ricorso è nel complesso destituito di fondamento.

Infondato è infatti il quarto motivo di ricorso, atteso che, come ha ritenuto questa Corte con orientamento consolidato (N. 12281 del 23.8.1990- Rv 185268; Sez. 4^ n. 4580 del 5.4.1996 – Rv 204661; Sez. 6^ n. 25271 del 18.4.2003- Rv 225574; Sez. 5^ n. 22612 del 10.2.2009 – Rv 244197), per il principio della libertà delle prove le ricognizioni fotografiche informali costituiscono legittima fonte di convincimento per il giudice, specie se ne sia dimostrato il valore probatorio tramite il riferimento ad altri elementi di riscontro.

Nel caso di specie la sentenza impugnata da conto di come la ricognizione fotografica fosse stata effettuata da tutti i lesi;

fosse confermata dalle videoriprese effettuate al bancomat; fosse stata confermata dal riconoscimento dell’imputata effettuato in dibattimento senza tentennamenti da tutte le parti lese, e ciò da anche conto del perchè la singolare richiesta di perizia antropometrica richiesta dal P.G. di udienza sia stata disattesa.

Gli altri motivi di ricorso sono inammissibili, il primo perchè in quanto propongono il riesame di questioni di merito che in questa sede di legittimità è precluso se, come nel caso di specie, la sentenza impugnata abbia dato conto delle ragioni della decisione con motivazione ragionevole e condivisibile, comunque immune da vizi logici e contraddizioni.

Il ricorso va pertanto rigettato, ed al rigetto consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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