Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 30-06-2011) 24-10-2011, n. 38332

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- D.S.F. e P.F. ricorrono tramite difensore di fiducia, con separati atti di impugnazione, avverso la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro del 15 giugno 2009, che aveva confermato la condanna pronunciata a loro carico dal Tribunale di Cosenza per bancarotta patrimoniale e documentale, secondo l’ipotesi di accusa da loro consumati, nelle rispettive qualità di amministratore di fatto e di diritto della fallita "Srl Sicurvigilanza", con la distrazione di cespiti mobiliari e crediti di rimarchevole ammontare.

Deducono entrambi, con argomentazioni a un dipresso sovrapponibili, il primo con quattro motivi e la seconda con tre motivi, la nullità della sentenza impugnata per errata valutatone dei fatti e delle prove, nonchè difetto di motivazione in ordine all’entità della pena, a loro avviso irrogata in misura eccessiva; invocano entrambi l’applicazione dell’indulto. In particolare, deducono con i primi due motivi difetto di motivazione in ordine alla ritenuta sua qualità di amministratore di fatto della Sicurvigilanza, a suo avviso erroneamente desunta dalla circostanza che il ricorrente era contemporaneamente socio e titolare, unitamente alla P., di tutte le quote della "Srl La Supervigile", appaltatrice di servizi di trasporto valori, scorta e vigilanza che subappaltava alla "Sicurvigilanza". Tale rapporto era stato scambiato per una forma di ingerenza da parte della Supervigile, e cioè del ricorrente, nella gestione della Sicurvigilanza, mentre a suo dire si trattava di mero controllo e sorveglianza cui la società appaltatrice era tenuta nei confronti della subappaltatrice in virtù dell’art. 1670 c.c.. E’ stata depositata memoria difensiva che amplia ribadisce i temi oggetto del ricorso.

2.- I ricorsi sono nel complesso destituiti di fondamento.

Infondato è infatti il motivo con cui si deduce difetto di motivazione per aver trascurato la corte territoriale di tener conto del rapporto di subappalto intercorrente tra la Supervigile e la società fallita.

A prescindere dalla considerazione che non è concepibile un subappalto generale "in blocco" di tutti i contratti stipulati dalla Supervigile con soggetti diversi, gli stessi ricorrenti riconoscono espressamente che gli imputati controllavano la società fallita, ma tentano di giustificare la cosa assumendo di esservi tenuti in virtù dell’art. 1670 c.c., proprio nella qualità di responsabili della società appaltatrice.

L’assunto è infondato, innanzitutto perchè l’affermazione dell’esistenza di contratti di appalto è generica, poi perchè l’art. 1670 c.c., si riferisce alle modalità di esercizio dell’azione di regresso dell’appaltatore nei confronti del subappaltatore, ma non pone affatto al primo gli obblighi ed oneri che i ricorrenti assumono.

Inammissibili sono invece le censure mosse avverso le valutazioni che i giudici del merito hanno fatto della vicenda, anche in relazione alla determinazione della pena, atteso che sono intese a sollecitare il riesame del merito, che in questa sede di legittimità è precluso se, come nel caso di specie, la sentenza impugnata abbia dato conto delle ragioni della decisione con motivazione ragionevole e condivisibile, comunque immune da vizi logici e contraddizioni.

P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi e condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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