Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 22-06-2011) 24-10-2011, n. 38329

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 12.3.2010 il Giudice Monocratico del Tribunale di Savona confermava – a seguito di appello proposto dalla Parte Civile – L.S., come in atti rappresentata e difesa – la sentenza emessa in data 8-1-2008 dal Giudice di Pace del luogo nei confronti di C.A., imputato dei reati di cui all’art. 594 c.p. – capo A – per il quale era stato assolto perchè il fatto non sussiste, capo B – reato di cui all’art. 612 c.p., per il quale era stato assolto perchè il fatto non costituisce reato. In sede di impugnazione la Parte civile aveva formulato richiesta di condanna dell’imputato al risarcimento dei danni,consistenti nell’offesa all’onore e al decoro della stessa parte e nel timore provocato dalla minaccia di aggressione alla propria integrità fisica,danni che sarebbero stati definiti dal Giudice, indicati dalla parte appellante nella somma non inferiore a quella di Euro 300,00,da devolvere alla Associazione Nazionale di ricerca sul cancro.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione la Parte civile,deducendo: 1 – la violazione di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. E), rilevando che la sentenza risultava viziata da carenza assoluta di motivazione, avendo il Giudice rilevato di condividere integralmente la pronunzia del primo giudice,senza valutare le censure addotte dalla parte appellante -.

In tal senso riteneva violato il disposto dell’art. 125 c.p.p..

2-In secondo luogo deduceva la violazione dell’art. 594 c.p., per erronea applicazione dellanorma,ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. B).

Rilevava al riguardo che l’art. 594 CP risultava contestato per avere l’imputato-pronunziato gli epiteti "arrogante" e "maleducata" nei confronti della persona offesa. In tal senso la difesa di parte civile rilevava che le parole di cui si tratta erano idonee ad arrecare offesa alla persona, secondo giurisprudenza.

Inoltre evidenziava che il reato è caratterizzato da dolo generico,e dunque censurava la sentenza per avere escluso la natura ingiuriosa delle espressioni contestate all’imputato.

3 – deduceva infine la violazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) dell’art. 612 c.p., rilevando che la frase pronunziata dal C. "metterò una bomba al palazzo" era di contenuto intimidatorio, e citava anche sul punto giurisprudenza evidenziando che si tratta di reato di pericolo, con dolo generico, e che – d’altra parte – l’antigiuridicità del fatto non poteva ricorrere nella specie,in relazione alla circostanza che l’imputato stesso fosse un condomino.

In conclusione osservava che non è configurabile alcuna esimente, essendo quella indicata dall’art. 599 c.p., limitata alle ipotesi di ingiuria e diffamazione. Chiedeva pertanto l’annullamento della sentenza impugnata.

Il ricorso risulta dotato di fondamento-li primo motivo può ritenersi dotato di fondamento,essendo la motivazione meramente apodittica,e non avendo il giudice di appello illustrato in alcun modo le ragioni -in fatto e diritto-poste a fondamento della decisione. Pertanto non si tratta di motivazione per relationem, essendo del tutto carente l’apparato argomentativo.

In ogni caso si deve rilevare il fondamento delle censure formulate per erronea applicazione degli artt. 594 e 612 c.p., per esclusione della illiceità della condotta contestata ai sensi dell’art. 612 c.p. – essendo la frase pronunziata all’indirizzo della persona offesa esplicitamente diretta a prospettare un pericolo di male ingiusto e considerata altresì la natura intrinsecamente offensiva delle parole contestate ai sensi dell’art. 594 c.p..

Va al riguardo menzionata – per la configurabilità della minaccia sentenza Sez. 5^ del 23 dicembre 2004, n. 4633(secondo la quale è sufficiente che il male prospettato possa incutere timore nel soggetto passivo, menomandone la sfera della libertà morale).

In tal senso si rende evidente che il giudice di appello non individua alcun dato idoneo a confutare la domanda della Parte appellante, poichè non pone in luce l’esistenza di elementi atti a suffragare la conferma della sentenza di primo grado, che agli effetti civili veniva impugnata ritualmente, in presenza di condotta idonea a configurare le ipotesi di cui agli artt. 594 e 612 c.p., essendo il fatto – nella sua oggettività – accertato,e non essendo individuabile dalla motivazione alcuna esimente. Tali considerazioni evidenziano l’infondatezza delle deduzioni svolte in memoria dalla difesa dell’imputato.

La sentenza deve pertanto essere annullata con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Annulla la sentenza impugnata con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.
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