T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 22-11-2011, n. 1591

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Svolgimento del processo

M.E.O., odierno ricorrente, cittadino del Regno del Marocco, in possesso del permesso di soggiorno per lavoro autonomo D160594 rilasciatogli il 9 febbraio 2001 dalla Questura di Bergamo, veniva tratto in arresto dalla Polizia italiana nella flagranza dei reati di riciclaggio e sostituzione di persona; per tali fatti, con sentenza della Corte di appello di Milano 26 novembre 2004 irr. il successivo 12 gennaio 2005, veniva condannato alla pena detentiva di anni tre di reclusione; trovandosi quindi ristretto in espiazione di detta pena presso la Casa circondariale di Asti, presentava quindi per tramite dell’ufficio matricola alla suddetta Questura istanza di rinnovo del predetto permesso, ricevendo il provvedimento di rigetto di cui meglio in epigrafe (v. copia provvedimento di rigetto impugnato, completo di relata di notifica, allegata alla relazione 16 ottobre 2007 della p.a., ove gli estremi e il titolo della condanna, fatti peraltro ammessi dal ricorrente a p. 2 del ricorso; per le vicende della presentazione dell’istanza di rinnovo, pure non contestate come tali, cfr. sempre la relazione p.a. citata).

Avverso tale provvedimento, M.E.O. propone in questa sede impugnazione con ricorso articolato in un unico motivo di difetto di motivazione, nel senso che l’amministrazione non avrebbe valutato in modo corretto e congruo la sua pericolosità sociale, che a suo dire non si potrebbe desumere dalla sola condanna riportata, avuto anche riguardo alla licenza di commercio ambulante di cui egli sarebbe titolare dal 2001 senza rimarchi di sorta (doc. 5 ricorrente, copia di essa).

Resiste l’amministrazione, con atto 20 ottobre e con la citata relazione 16 ottobre 2006, e chiede che il ricorso sia respinto.

Con ordinanza 24 ottobre 2006 n°1533, la Sezione ha respinto l’istanza cautelare e all’udienza del giorno 26 ottobre 2011 ha da ultimo trattenuto il ricorso in decisione.

Motivi della decisione

1. L’unico motivo di ricorso è infondato e va respinto, per le ragioni di cui appresso. Come è noto, in termini generali la normativa vigente disciplina in modo duplice la rilevanza dei pregiudizi penali in capo al cittadino straniero non appartenente alla Unione europea il quale richieda il rilascio ovvero, come nella specie, il rinnovo del permesso di soggiorno. La disposizione fondamentale in materia è l’art. 5 comma 5 del d. lgs. 25 luglio 1998 n°286, secondo il quale, per quanto qui interessa, "Il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato…".

2. Detti requisiti, quanto appunto ai pregiudizi penali, sono poi previsti anzitutto dal precedente art. 4 comma 3 del medesimo d. lgs. 286/1998, per cui "non è ammesso in Italia lo straniero… che risulti condannato, anche con sentenza non definitiva, adottata a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per reati previsti dall’articolo 380 commi 1 e 2 del codice di procedura penale, ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia e dell’emigrazione clandestina dall’Italia verso altri stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite…".

3. Come si vede a semplice lettura, la norma in questione considera ciascuna delle condanne per i reati citati come di per sé ostativa al soggiorno nel territorio dello Stato, e quindi secondo logica tanto al rilascio quanto al rinnovo del permesso di soggiorno, senza richiedere alcun accertamento di pericolosità sociale riferito al caso concreto, e tale soluzione normativa, come è pure altrettanto noto, è stata ritenuta conforme a Costituzione da C. cost. 16 maggio 2008 n°148, riferita però letteralmente al solo caso di condanne concernenti gli stupefacenti. Per tutte le altre fattispecie, per le quali a rigore una pronuncia espressa del giudice delle leggi non consta, la giurisprudenza del tutto maggioritaria si è attestata su posizioni consimili, ritenendo comunque non necessario alcun esame di concreta pericolosità del soggetto: per tutte da ultimo in tal senso, C.d.S. sez. VI 6 luglio 2010 n°4310, nonché, nella giurisprudenza di questo Tribunale, la sentenza sez. I 7 settembre 2010 n°3509.

4. Per tutti i reati non espressamente previsti dall’art. 4 citato come automaticamente ostativi, vale poi – in tal senso, fra le molte, C.d.S. sez. VI 20 aprile 2009 n°2342 e 17 ottobre 2008 n°5053- il principio generale espresso dal medesimo articolo al comma 3 prima parte, secondo il quale "Non è ammesso in Italia lo straniero… che sia considerato una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato", in base ad una valutazione che di necessità va compiuta caso per caso, con riferimento alle concrete circostanze, e con ampio grado di discrezionalità entro i consueti canoni della logica e ragionevolezza: così da ultimo sul punto specifico C.d.S. sez. VI 28 aprile 2010 n°2435.

5. Tale è la disciplina da applicare nella fattispecie per la quale è processo, nella quale il ricorrente ha riportato condanna per i reati di riciclaggio, previsto e punito dall’art. 648 bis c.p. con la reclusione da quattro a dodici anni, e di sostituzione di persona, prevista e punita dall’art. 494 c.p. con la reclusione da quindici giorni ad un anno: nessuna di tali norme incriminatrici rientra infatti nella previsione dell’art. 380 c.p.p. come soggetta ad arresto obbligatorio in flagranza.

6. Ciò premesso, ad avviso del Collegio, la valutazione di pericolosità compiuta dall’amministrazione nel provvedimento impugnato per negare al ricorrente il rinnovo del permesso di soggiorno è corretta e congrua. La condanna subita dal ricorrente, non negata come fatto storico, infatti, si riferisce anzitutto a reati, in particolare il primo citato, connotati da una certa gravità intrinseca e tali da suscitare di per sé allarme sociale. In secondo luogo, poi, esse si inseriscono in un contesto non tranquillante, anch" esso non negato con il fatto storico: il ricorrente era inserito in una organizzazione criminale volta al traffico internazionale di stupefacenti, ramificata fra l’Italia, la Spagna, la Francia e il Marocco, e ciò postula secondo logica una capacità criminale di notevole livello, e non una violazione episodica della legge penale: a riprova, la condanna inflitta è stata scontata, e il ricorrente non è stato ritenuto degno di beneficiare di alcun istituto premiale alternativo alla detenzione in carcere.

7. Nessun elemento favorevole, contrariamente a quanto sostiene la difesa del ricorrente, si può poi ricavare dalla pretesa sua attività di commerciante ambulante: come accennato in narrativa (v. doc. 5 ricorrente, cit.), essa è stata dimostrata semplicemente producendo copia della relativa licenza, rilasciata nel 2001, ovvero precedentemente alla condanna citata. Non vi è quindi alcun elemento che consenta di desumerne il carattere effettivo, e non al limite di semplice copertura per attività illecite, né la si può considerare espressione di un riesame critico del proprio operato a seguito dell’espiazione della pena inflitta. Il ricorso nel suo unico motivo deve quindi essere respinto.

8. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna il ricorrente a rifondere all’amministrazione intimata le spese del giudizio, spese che liquida in Euro 1.500 (millecinquecento), oltre accessori di legge, se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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